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Una rubrica di approfondimento per conoscere il punto di vista di chi la formazione la fa (e la vive) ogni giorno. A cura di Marco Michelli
Massimiliano si definisce "disaster manager". È un esperto di tutto quello che riguarda la gestione delle emergenze anche dal punto di vista emozionale, nonché formatore. L’intervista era stata già concordata ben prima delle recenti scosse telluriche che hanno sconvolto per l’ennesima volta il Centro Italia, ma diventa ancora più attuale non solo visti gli accadimenti, ma anche perché tra pochi giorni si terrà nella sede AiFOS di Brescia il convegno dal titolo “Il rischio sismico: prevenzione e gestione delle emergenze”. Tra noi nasce da subito una forte empatia: del resto abbiamo a che fare con una persona decisamente estroversa che, nel parlare del suo essere formatore, dice: “Ho i capelli lunghi, spesso vado in aula in jeans e maglietta. Diciamo che mi piace l’operatività e il metterci l’impegno”. E siamo sicuri che la platea che segue i suoi corsi lo percepisce, eccome.
- Se leggiamo i tuoi titoli troviamo che sei Disaster manager, formatore/istruttore antincendio, gestore delle emergenze anche dal punto di vista emozionale e safety trainer: ci spieghi meglio la tua attività di libero professionista?
(Sorride) In generale mi occupo di prevenzione dell’emergenza, ossia di tutte quelle attività che spaziano dalla formazione addestramento e pianificazione in ambito emergenziale. Per farti un’idea più precisa, considera che i miei committenti sono prevalentemente attività ospedaliere, aziende chimiche. Insomma, tutte quelle attività configurate come alto rischio. Con loro imposto e realizzo corsi specifici sulla gestione delle emergenze e i casi particolari, come ad esempio, la gestione emotiva della folla, la gestione della comunicazione. Oltre a questo tipo di attività formativa collaboro con enti di protezione civile, quali Province e Regioni per la formazione dei volontari di Protezione Civile.
- In pratica, si può dire che sei un vero e proprio esperto del settore gestione emergenze?
(Sorride ancora) Diciamo che sono più di dieci anni che sono specializzato in questa branca particolare di formazione. Senza considerare che sono sempre stato un volontario della protezione civile e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
- Nell’ultimo periodo sei stato un supporto attivo nelle zone terremotate del centro Italia per la Protezione Civile. Anche per raccontare la sua esperienza sarai relatore del convegno organizzato dall'AiFOS a Brescia il 25 gennaio relativo a “Il rischio sismico: prevenzione e gestione delle emergenze” vero?
Si tratta di un convegno, ossia un un momento di studio e approfondimento che, purtroppo, alla luce degli accadimenti degli scorsi giorni, è divenuto argomento di stretta attualità. Sarà una iniziativa utile a far sorgere spunti di riflessione per approfondire la materia in eventuali successivi incontri. Nello specifico, i lavori sono rivolti ad una platea eterogenea, che va da i soccorritori ai tecnici, da chi redige un piano di emergenza fino a chi interviene nel post, facendo ad esempio una gestione della verifica di agibilità delle abitazioni. Tutti protagonisti capaci, grazie proprio a momenti di confronto e scambio di punti di vista, di arricchire il proprio bagaglio di esperienze utili nel lavoro.
- Parlando proprio della gestione delle emergenze, quali sono le problematiche che maggiormente riscontri?
La formazione ha fatto grandi passi avanti. Ritrovo nei corsi una grande motivazione ma spesso c’è una grande scollamento tra parte operativa e struttura organizzativa.
Di fatto, il problema è che non vengono formate figure apicali che dovrebbero coordinare il sistema (ad esempio sindaci, assessori) come anche nelle singole aziende dove, a parte il punto di vista normativo, i vertici molto spesso non sono coinvolti e formati in modo adeguato. Un esempio: prova di evacuazione, che rappresenta un obbligo ma anche un’opportunità molto spesso non vede coinvolto il datore di lavoro. Capisci bene che se ad esempio un direttore sanitario non partecipa all’attività, diventa difficile motivare i dipendenti…
- Soluzioni?
Ci si sta spostando verso gestioni dal basso, ossia che partano da chi vive la situazione nel quotidiano. E credo sia un bene, anche se non può bastare.
- Come è nato il tuo interesse per la materia?
Ho una specializzazione sulla gestione e il coordinamento delle attività di Protezione Civile conseguita all’Università di Perugia. La facoltà è quella di Scienze della formazione, matematiche e fisiche. In realtà, prima mi ero iscritto a giurisprudenza; poi, dopo il terremoto del 1997 è nata la cattedra e io che già facevo il volontario per la protezione civile ho trovato il giusto indirizzo di studio per fare qualcosa in cui credevo.
- Una digressione: hai vissuto la realtà del terremoto di Amatrice e le recenti scosse che hanno devastato l’Abruzzo. Come ritieni sia stata vissuta e coordinata la gestione dell’emergenza?
È una situazione complessa. Innanzitutto perché il sisma ha colpito quattro Regioni con diverse realtà locali. Poi perché non si è trattato di un evento “isolato”, ma che è continuato per molto tempo e continua tuttora, mettendo a dura prova sia le popolazioni che i soccorritori. Senza considerare il maltempo delle ultime settimane, che ha ulteriormente peggiorato la situazione.
Inoltre, va considerato che - ad esempio rispetto al terremoto dell’Aquila - si tratta di un ridotta parte di popolazione coinvolta ma molto radicata nel territorio in uno spazio molto vasto e geograficamente frastagliato.
Queste premesse per dire che è difficile esprimere un giudizio generale: La tipologia di interventi era la più diversa ed appare davvero complicato un coordinamento nazionale, nonostante le associazioni coinvolte siano molto esperte. Diciamo che, purtroppo, si evidenzia l’importanza di valorizzare quella parte di formazione che studia il rischio psicologico, anche quello del soccorritore e la annessa formazione.
- Quello che dici e il come lo dici evidenzia una grande passione per il tuo lavoro, in un contesto certamente non facile…
In dieci anni ho sempre fatto la formazione “come piace a me”, vale a dire stimolando l’aula con la presentazione di esperienze vissute e la proposta di casi studio per poi arrivare al contenuto teorico: insomma, mi sono sempre messo a pensare cosa mi sarei aspettato da un corso simile se fossi stato io stesso uno dei discenti. E questo continua ad essere uno stimolo in ogni corso che faccio.
- Ci sono degli slogan che ti caratterizzano?
Un concetto fondamentale è quello dell’importanza dell’autoprotezione non solo quella fisica ed emotiva, ma anche quella comportamentale. Poi un'altra affermazione che mi contraddistingue, anche se non è mia, è legata alle prove di evacuazione: l’esercitazione va bene quando va male. Questo significa che maggiori sono le anomalie riscontrate, migliore è la definizione dei punti su cui lavorare.
- Prossime attività su cui ti stai concentrando?
Sto sviluppando anche con l’ausilio di AiFOS, la preparazione di un corso sulla sicurezza delle emergenze marittime. E poi sto elaborando un corso di formazione sul rischio sismico in aziende e scuole. È una branca che mi affascina; del resto, i nuovi progetti sono sempre uno stimolo al lavoro, no?
- Sogni nel cassetto?
Da soccorritore, mi piacerebbe vivere più in prima linea la gestione delle emergenze, magari anche solo nella fase preventiva. Questo significherebbe che tanti sforzi e la passione profusa sono stati d’aiuto per altri.
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