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Il discorso tenuto da Luigi di Maio, Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, alla Camera dei Deputati il 14 giugno 2018
Grazie Presidente, un saluto a tutti i deputati, ci tenevo a dire che per me è un onore intervenire qui, ho avuto l’onore e il piacere di presiedere quest’Aula per cinque anni e oggi intervenire dai banchi del Governo è un ulteriore onore.
Vi ringrazio per l’attenzione e il tempo che dedicherete a questa informativa su un tema importantissimo, che è quello degli infortuni sul luogo di lavoro, ed è un tema su cui dobbiamo metterci al lavoro, come Governo, e che parte da dati che sono molto preoccupanti. L’informativa sarà anche un’occasione per poter indicare i primi punti di intervento su questo argomento, che intendiamo portare avanti, non specifici, ma come filosofia di intervento. Presidente, ieri sera è morto Salvatore Lombardo, l’ultima delle oltre 300 vittime di infortuni sul lavoro dall’inizio di quest’anno. Un profondo cordoglio e vicinanza vanno alle famiglie dei lavoratori vittime di tutti gli infortuni mortali e a tutti quei lavoratori che nella loro vita professionale hanno subito infortuni gravi e invalidanti.
I numeri che vengono dall’INAIL sono devastanti, assomigliano più a un bollettino di guerra: nei primi quattro mesi del 2018 sono stati 286 i lavoratori morti sul lavoro, con un incremento del 9,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2017; i morti oggi sarebbero oltre 300, una media di due persone ogni giorno e, purtroppo, il dato reale potrebbe essere addirittura più alto, considerando i lavoratori non tutelati dall’INAIL e le denunce di infortunio mortale non riconosciute come tali dall’INAIL.
L’ultimo caduto risale a ieri sera: si chiamava, appunto, Salvatore Lombardo ed è morto nello stabilimento Fincantieri. Esattamente una settimana fa, la stessa sorte era toccata a Davide Olivieri, che è morto a soli 22 anni, schiacciato da un muletto. Solo due giorni fa si registravano altri due morti nel messinese: Giuseppe Cicero e Biagio Amendolia.
Lasciatemi dire prima di tutto che, se la sicurezza sui luoghi di lavoro deve essere prima di tutto una cultura, questa cultura della sicurezza la devono avere prima di tutto le nostre aziende partecipate dello Stato.
Queste morti vengono definite morti bianche e in realtà molto spesso non hanno nulla di candido, ma derivano dalla trasgressione delle norme basilari di sicurezza. Il trend dei primi cinque mesi del 2018 registra un aumento degli infortuni, ascrivibili principalmente a cadute dall’alto, a investimenti ad opera di mezzi o macchine, a intossicazioni in ambienti confinati, al ribaltamento di mezzi meccanici, specialmente in agricoltura.
Tra gennaio e dicembre 2017, le denunce di infortuni pervenute all’INAIL sono state 635.433, in linea con quelle rilevate nell’analogo periodo del 2016. La diminuzione di 1.379 casi - meno 0,2 per cento - è dovuta esclusivamente al calo degli infortuni avvenuti in occasione di lavoro, mentre quelli in itinere, nel tragitto casa-lavoro e viceversa, hanno avuto un incremento del 2,8 per cento.
Voglio essere molto chiaro qui, da Ministro del Lavoro, ma anche da Ministro dello Sviluppo economico: non sono uno di quelli che pensa che la sicurezza sul lavoro si possa ottenere esclusivamente scaricando sulle imprese oneri e responsabilità, ovvero attraverso l’esclusivo uso di misure punitive. C’è bisogno di sensibilizzare datori e dipendenti verso una cultura della sicurezza sul lavoro, attraverso attività di informazione e formazione.
Bisogna sicuramente rafforzare le attività ispettive di vigilanza e controllo sui luoghi di lavoro attraverso il rafforzamento delle strutture amministrative competenti, ma, quando queste strutture rilevano delle violazioni delle norme, devono accompagnare l’impresa verso la messa in regola e non solo comminare delle sanzioni.
Dobbiamo incentivare le buone prassi aziendali e dobbiamo premiare le imprese che investono nella sicurezza, perché un imprenditore che investe nella sicurezza deve essere premiato, non può semplicemente restare un imprenditore che ha rispettato la legge e basta, in un momento in cui dobbiamo dare un segnale a tutte quelle che, invece, non rispettano le norme sulla sicurezza, dal miglioramento degli ambienti di lavoro, che si impegnano nella formazione dei dipendenti, alla prevenzione degli infortuni.
In generale, ci tengo a trasmettere a quest’Aula una mia convinzione, che è maturata negli anni in cui sono stato parlamentare qui: non è con più leggi e ancora più leggi e ancora più leggi che otterremo il risultato di tutelare i lavoratori. Probabilmente, è esattamente andando nella direzione opposta, cioè dicendo: le norme esistenti le lasciamo, ma adesso forse è il momento di farle rispettare e chi le rispetta deve essere premiato. E dobbiamo forse potenziare di più i controlli e ridurre la burocrazia di chi vuole rispettare le norme contro gli infortuni sul lavoro, ma non può pensare di dover compilare decine e decine di scartoffie per mettersi in regola.
E questo concetto non vale solo per quella tutela lavorativa, per chi ha diritto già alla tutela INAIL; c’è tutta un’altra categoria, ci sono tante altre persone, tanti altri lavoratori, che, visto il mutato nuovo contesto del mondo del lavoro, hanno bisogno di una protezione sociale e non ce l’hanno.
Io ho deciso, come primo atto da Ministro del Lavoro, di aprire le porte del Ministero del Lavoro ai cosiddetti riders: sono nuove categorie lavorative che fanno parte della cosiddetta gig economy. Li ho coinvolti ad un tavolo dopo questa informativa, li sentirò in una conference call dal Ministero per pianificare un tavolo tra queste grandi big company della gig economy e questi ragazzi che consegnano pietanze in bici, utilizzando una app e che spesso non hanno neanche un contratto, quindi figuriamoci una tutela lavorativa. È nostra intenzione, tra i primi provvedimenti di questo Governo, cominciare ad introdurre una tutela per queste figure, per queste categorie, anche collaborando con le aziende di riferimento.
C’è una profonda convinzione, che porto con me e che voglio portare con me in questo mandato da Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico: che non è alimentando il conflitto tra datore e dipendente che riusciamo a portare avanti il tema dei diritti dei lavoratori e dello sviluppo delle imprese. È il momento di fare squadra; e quando noi abbiamo delle crisi che affrontiamo al Ministero del Lavoro, come quella che i funzionari del lavoro hanno affrontato brillantemente nel caso TIM, allo stesso tempo sappiamo che dall’altra parte della strada, col Ministero dello Sviluppo economico, possiamo rilanciare quel settore con nuove politiche di sviluppo. Questi due Ministeri dovranno parlarsi sempre di più: lo hanno fatto in passato, continueranno a farlo, in un’ottica di sviluppo, di rilancio, per salvaguardare sì i livelli occupazionali, ma anche per crearne di nuovi.
La piccola e media impresa italiana rappresenta l’esempio dell’imprenditore che è anche un po’ dipendente perché lavora in azienda, e del dipendente che si sente anche un po’ imprenditore, perché altrimenti i miracoli che hanno fatto col made in Italy in tutto il mondo in questi anni non li avrebbero mai raggiunti, se non ci sarebbero state varie situazioni come queste... se non ci fossero state situazioni come queste: perdonatemi, l’emozione, perdonatemi!
Tutti i lavoratori, come dice l’articolo 38 della Costituzione, a prescindere dalla qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro, che siano questi subordinati o meno, devono avere gli stessi livelli di tutela in caso di infortunio e di malattia professionale da parte dell’INAIL. Il nostro obiettivo è il miglioramento assoluto delle condizioni di salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro: affinché questa azione sia efficace continuerò a incontrare e a confrontarmi con lavoratori e datori di lavoro costantemente, sia invitandoli al Ministero che recandomi personalmente nei loro luoghi di lavoro.
Un primo strumento da valorizzare è il Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, che fornisce dati per orientare, programmare e valutare l’efficacia di prevenzione degli infortuni e le malattie professionali. Il tavolo tecnico per lo sviluppo e il coordinamento di questo sistema informativo vede coinvolti, oltre ai rappresentanti del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, anche i rappresentanti delle altre amministrazioni competenti, quali i Ministeri della Salute, della Pubblica amministrazione, dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e delle finanze, e i rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, nonché dell’INAIL. L’effettivo avvio del tavolo tecnico consentirà di verificare l’adeguatezza delle modalità di funzionamento del SINP, in funzione dell’esigenza di programmazione, monitoraggio e valutazione delle politiche di sicurezza.
Un altro tema riguarda gli incentivi economici, ovverosia favorire un sistema di premialità nei confronti delle imprese che decidono di investire sulla sicurezza, di migliorare le condizioni negli ambienti di lavoro e di impegnarsi nella formazione. Sempre maggiore importanza dovrà quindi avere il sistema di informazione e formazione, vero fulcro del sistema preventivo dei rischi.
È molto importante la collaborazione con il Ministero dell’Università e della ricerca per instaurare una cultura della sicurezza sul lavoro già dalla scuola, potenziando gli strumenti di alternanza scuola/lavoro. Inoltre, va potenziata la ricerca per individuare soluzioni innovative in grado di assicurare a tutti i lavoratori una tutela 4.0, con particolare attenzione ai fattori di rischio emergenti connessi ai nuovi modelli organizzativi, al cambiamento dei processi produttivi e all’invecchiamento della popolazione lavorativa.
L’INAIL destina risorse finanziarie attraverso appositi bandi per la ricerca di collaborazione. Entro luglio 2018 sarà pubblicato un nuovo bando per l’annualità 2018 per un importo di circa 4,5 milioni di euro su tematiche trasversali, che riguardano tre rilevanti ambiti istituzionali: il reinserimento lavorativo, la tutela assicurativa e la prevenzione. La ricerca INAIL ha fornito un importante contributo nell’ambito degli interventi connessi al Piano nazionale industria 4.0, promosso dal Ministero dello Sviluppo economico. In virtù della propria rete di collaborazione, l’Istituto ha aderito a tre partenariati con la finalità di promuovere e realizzare progetti di ricerca applicata, di trasferimento tecnologico e di formazione su tecnologie avanzate, valorizzando tematiche trasversali della salute e sicurezza sul lavoro, nell’ambito delle proposte progettuali presentate da varie università italiane.
L’INAIL può inoltre, dall’anno scorso, investire in start up innovative per la valorizzazione dei risultati della propria ricerca scientifica, oppure sottoscrivere quote di fondi comuni di investimento di tipo chiuso, dedicate all’attivazione e allo sviluppo di start up innovative operanti nella tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e nell’assistenza protesico-riabilitativa.
Ci sono vari progetti in corso, e si stanno sperimentando soluzioni tecnologiche per mitigare l’esposizione ai rischi dei lavoratori impegnati in settori ad elevato rischio di infortunio: come i robot per sostituire l’uomo in attività e interventi in scenari di lavoro ad alto rischio, esoscheletri integrati per la riduzione dell’affaticamento muscoloscheletrico, sistemi basati su sensori per il monitoraggio delle attrezzature e degli ambienti di lavoro, e dispositivi indossabili per accertare la compatibilità delle soluzioni adottate con gli ambienti e le attrezzature in uso. Ci sono anche in sperimentazione sistemi di visione e realtà aumentata, per assistere il lavoratore in attività ordinaria e straordinaria del processo produttivo e manutentivo.
Per il capitolo della vigilanza e dei controlli, va ricordato che l’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro viene svolta prioritariamente dai servizi ispettivi delle ASL competenti per territorio; però, solo in alcuni settori di attività, essenzialmente nel settore dell’edilizia, tale vigilanza può essere esercitata anche dagli uffici territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Questa attività, sebbene non possa costituire l’unico strumento per ridurre il fenomeno infortunistico… Io ci tengo qui ad evidenziare l’encomiabile lavoro dell’Ispettorato: i 280 ispettori impiegati nell’attività di prevenzione hanno effettuato, solo nel 2017, 23 mila accertamenti, contestando 36 mila violazioni. Per quanto riguarda il tasso di irregolarità delle aziende ispezionate, si è registrato un significativo aumento, nel corso del 2017, di circa 3,5 punti percentuali rispetto al 2016, cioè pari al 77 per cento rispetto al 73 dell’anno precedente.
Rimane un fondamentale obiettivo, quello di rafforzare ulteriormente i controlli mediante intese con le regioni e forme stabili di coordinamento tra le attività delle ASL e quelle in capo all’Ispettorato del lavoro. Proprio per il potenziamento di questi organi ispettivi, siccome le competenze dell’Ispettorato in materia di salute e sicurezza sul lavoro sono sostanzialmente limitate al settore dell’edilizia, è possibile implementare le competenze attraverso l’emanazione di un atto di alta amministrazione, a legislazione vigente. Questa disposizione stabilisce, infatti, la possibilità di assegnare al personale ispettivo dell’Ispettorato la competenza a vigilare in relazione ad ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati; però, dovrà essere necessariamente accompagnata da un incremento sostanziale del numero delle unità ispettive, che oggi non è superiore a 280 unità, un numero che non è sufficiente. Questo vale anche per le unità effettive ed effettivamente disponibili che operano nella vigilanza sui rapporti di lavoro, e che ammontano a circa 2.200.
Se è vero che l’Ispettorato ha avviato un reclutamento di 150 unità, che è un numero non ancora effettivo visto il completamento delle procedure concorsuali, non può di certo questo numero colmare le carenze di organico che si sono verificate negli ultimi anni, dovute al cosiddetto blocco del turnover, e che si verificheranno nei prossimi anni. Infatti, dopo un monitoraggio interno, abbiamo accertato che nei prossimi cinque anni il personale ispettivo e non ispettivo all’Agenzia subirà quasi un dimezzamento in ragione dei pensionamenti. Quindi, per potenziare concretamente l’attività di vigilanza, si dovrebbe prevedere l’assunzione di almeno mille unità, ed è nostro interesse farlo.
Dal punto di vista della agevolazione alle imprese che vogliono affrontare il tema della sicurezza sul lavoro mettendosi a norma, dobbiamo ridurre i costi agevolando il valore dell’IVA sugli acquisti effettuati dai datori di lavoro, riguardanti tutto quanto concerne il settore della sicurezza per le aziende.
Va poi considerato che molteplici fattori spesso hanno portato a cambiare le forme di lavoro e all’insorgenza di nuovi rischi; a causa delle mutate condizioni di lavoro dettate dall’innovazione tecnologica, il progressivo invecchiamento della popolazione attiva e le difficoltà delle piccole e medie imprese nel valutare le situazioni di rischio e nell’adottare strategie appropriate per mettere in sicurezza i propri lavoratori, abbiamo bisogno anche di una nuova strategia per affrontare nuovi mondi del lavoro, nuove tecnologie e invecchiamento della popolazione. Quindi, per fare questo, dobbiamo introdurre degli strumenti concreti, pratici e adeguati alle condizioni e alle dimensioni dell’impresa, che siano in grado allo stesso tempo di assicurare il benessere e l’integrità fisica dei lavoratori, insieme alla sostenibilità economica per le imprese. C’è un tema, che tengo a sottolineare, Presidente, e che riguarda il ricatto occupazionale perché, se ci sono degli ambienti di lavoro che non sono sicuri, questi ambienti di lavoro, in una normale condizione occupazionale, potrebbero essere rigettati dal lavoratore, ma siamo in una situazione del nostro Paese in cui si accetta qualsiasi lavoro, in qualsiasi ambiente di lavoro, pur di riuscire a lavorare. Questa situazione ha causato negli anni, attraverso il problema dei livelli di disoccupazione che sono alti, soprattutto quelli giovanili, una scarsa cultura della sicurezza nell’azienda da parte del datore e anche da parte del lavoratore. Se vogliamo intervenire permettendo a chi lavora di scegliersi un lavoro dignitoso dobbiamo avviare quello strumento che esiste in tutti i Paesi europei, che si chiama flexicurity, che consente a chi viene espulso dal mondo del lavoro e a chi cerca un lavoro perché vede condizioni assolutamente non in linea con la legge sul proprio luogo di lavoro, di formarsi attraverso un centro per l’impiego realmente funzionante e poter essere reinserito da quel centro per l’impiego in un ambiente di lavoro che gli consente almeno di rispettare le normali norme. Questo sistema è un sistema che dobbiamo attuare, in alcuni casi e, in altri casi, ricreare da zero. Io ho intenzione di incontrare prossimamente gli assessori al lavoro delle singole regioni italiane per avviare un progetto organico di ristrutturazione dei centri per l’impiego, che consenta a chi, in questo Paese, cerca un lavoro di poter avere un percorso offerto dallo Stato, un percorso che gli consenta di capire i propri talenti, le proprie attitudini e di incrociarli con la domanda di lavoro, che molto spesso viene ristretta semplicemente a banche dati regionali. Noi non abbiamo ancora una banca-dati nazionale che possa incrociare i dati e permettere, quindi, a chi cerca lavoro di incrociarli a livello nazionale con la domanda. Questo è stato fatto per quanto riguarda il progetto “Garanzia giovani” e quindi relativamente a persone di una certa età che cercano lavoro, ma non per tutti. Abbiamo bisogno di ristrutturare i centri per l’impiego, di aumentare il personale e di creare un percorso per cui una persona può anche rigettare quell’impiego che ha perché evidentemente non lavora in condizioni di sicurezza. Io resto a disposizione di tutti coloro, datori e dipendenti, che al Ministero del lavoro e dello sviluppo economico, vorranno affrontare questo tema e spero di incontrare il prima possibile, nelle prossime settimane, sia le sigle sindacali, sia le sigle di rappresentanza dei datori, per poter lavorare alla cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro che è una cultura che va sviluppata insieme allo Stato, in cui lo Stato deve dare esempio, cominciando dagli edifici pubblici, dai luoghi di lavoro pubblico e dalle nostre partecipate di Stato.
Sul sito ufficiale della Camera dei Deputati è disponibile il resoconto stenografico integrale della seduta n.15 del 14 giugno 2018 (link).
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