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L'intervento pubblicato sul Quaderno della Sicurezza n.1 del 2017 a firma di Pierluigi Innocenti, presidente Assirem (Associazione Scientifica Italiana per la Ricerca e l'Educazione nella Medicina del sonno)
Il sonno nel corso dei secoli è stato oggetto di interpretazione soprattutto da parte di filosofi, scrittori, artisti, ma solo negli ultimi 90 anni si è sviluppata una ricerca scientifica sull’argomento, soprattutto dopo la prima registrazione elettroencefalografica che Hans Berger effettuò nel 1929. Nonostante ciò non vi è una spiegazione esaustiva sul perché dormiamo. Quello che abbiamo capito è che la fase del sonno non è un momento passivo come spesso è stato considerato, anche se il soggetto rimane immobile e non in contatto con l’ambiente circostante. Al contrario, durante il sonno avvengono numerosi processi tra cui la riparazione dei danni tissutali, la selezione e il consolidamento della memoria, la produzione di numerosi ormoni.
Il sonno, dunque, è indispensabile per il nostro organismo così come mangiare o bere; veglia e sonno si possono considerare come due facce della stessa medaglia e si influenzano reciprocamente.
Se non sappiamo ancora perché dormiamo, è esperienza di tutti che anche una sola notte insonne causa il giorno seguente sonnolenza, riduzione dell’attenzione e della capacità di concentrazione, deficit di memoria, irritabilità o umore depresso, ridotta performance al lavoro o a scuola. Peraltro, un deficit cronico di sonno ha, a sua volta, importanti ripercussioni sulla salute poiché è responsabile di una ridotta aspettativa di vita, causa malattie cardiocircolatorie come infarto ed ictus, ipertensione, infiammazione, obesità, diabete, scarsa tolleranza al glucosio, disturbi psichiatrici quali ansia e depressione.
Bisogna dire che il fabbisogno di sonno non è uguale per tutti; infatti, la maggior parte delle persone ha bisogno di 7-8 ore di sonno per sentirsi ristorati, alcuni hanno bisogno di 5-6 ore (brevi dormitori) mentre altri necessitano di 10 ore (lunghi dormitori). Anche i ritmi sonno-veglia sono differenti: i più dormono tra le ore 23 e 7 del mattino seguente, alcuni hanno la necessità di dormire presto (allodole) mentre altri riescono a prendere sonno solo a notte inoltrata (gufi). Il parametro che ci permette di giudicare se abbiamo soddisfatto il nostro fabbisogno di sonno è come ci si sente al risveglio: se ci sentiamo in forma e capaci di affrontare la giornata senza disturbi, possiamo dire che il nostro sonno è stato sufficiente.
Il sonno comunque non deve essere giudicato solo in termini quantitativi, cioè per quante ore abbiamo dormito: infatti, anche una alterazione qualitativa, come quando si ha un sonno superficiale o frammentato da microrisvegli ed arousals, è responsabile di un sonno non ristoratore.
Quindi, sia una alterazione quantitativa che una alterazione qualitativa del sonno possono avere ripercussioni sia sulla qualità della giornata che sulla nostra salute. L’eccessiva sonnolenza diurna che ne consegue, è sicuramente il fattore che maggiormente pregiudica una buona performance lavorativa e scolastica ed è causa di incidenti sia sul lavoro che sulle strade. Alla sonnolenza si associano, generalmente, la tendenza al colpo di sonno e microsleep, distrazione e disattenzione, ridotte capacità di reazione, errata valutazione del rischio. Si stima che in Europa l’eccessiva sonnolenza sia la seconda causa di incidenti stradali, preceduta dall’eccesiva velocità e seguita da disattenzione, malori, uso di farmaci, alcol o droghe.
Le cause di sonnolenza diurna possono essere diverse (narcolessia, ipersonnia idiopatica, Sindrome di Kleine-Levin, ipersonnolenza da cause mediche, assunzione di sostanze o farmaci, patologie psichiatriche), ma le condizioni che più frequentemente la determinano sono la deprivazione di sonno e la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS).
La deprivazione è dovuta ad una ridotta quantità o qualità di sonno. Si stima che negli ultimi 50 anni, la tendenza a vivere giornate di 24 ore ha determinato una riduzione media di sonno di 1,5-2 ore al giorno a persona. Secondo i dati riportati da uno studio della National Sleep Foundation, mentre nel 1998 il 35% della popolazione americana dormiva circa 8 ore, a distanza di 7 anni, nel 2005, la percentuale si era ridotta al 25% confermando una generale tendenza a ridurre le ore dedicate al sonno. Le categorie maggiormente esposte ad una deprivazione di sonno sono i giovani, a causa delle loro abitudini sociali, ed i turnisti che associano frequentemente anche una alterazione del ritmo sonno-veglia.
La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS), caratterizzata da ostruzioni periodiche parziali o totali delle vie aeree superiori durante il sonno con limitazione od interruzione del passaggio d’aria, della durata di 10 secondi fino ad oltre un minuto, causa riduzione di ossigeno nel sangue con conseguente ipossigenazioni dei tessuti e continui brevi risvegli, non percepiti dal soggetto, necessari a ripristinare la pervietà delle vie aeree. Si ha di conseguenza un sonno molto frammentato e di scarsa qualità per cui frequentemente di giorno il paziente lamenta eccessiva sonnolenza, deficit di attenzione e di concentrazione.
Si stima che in Italia siano almeno 2 milioni affetti da questa patologia in modo medio-grave, ma solo un esiguo numero di essi sono stati diagnosticati e trattati (4-7%). Eppure, oltre essere responsabile di numerose altre patologie (Tab. 1), dai dati emersi in una ricerca dell’Università di Genova, in Italia nel 2014, per l’eccessiva sonnolenza che ne consegue, si sono verificati 7.300 incidenti con 231 morti, 12.180 feriti ed un costo diretto di circa 2 miliardi di euro.
L’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che i costi totali, diretti e indiretti, derivanti dall’OSAS si aggirino fra i 3,5 e i 5 miliardi di euro, ovvero circa lo 0,5% del PIL. Il trattamento del 75% dei pazienti affetti da OSAS determinerebbe un risparmio di circa 2,8 miliardi di euro.
Particolarmente significativi sono i dati in termini di sicurezza della strada, infatti circa ¼ degli incidenti stradali gravi sono causati da pazienti con apnee nel sonno. Gli stessi hanno un rischio stimato 2-7 volte superiore rispetto alla popolazione sana. Le conseguenze sono particolarmente gravi, poiché non vengono messi in atto dal conducente reazioni di difesa atti a limitare i danni in quanto il conducente stesso non percepisce ciò che sta avvenendo. Ne consegue che, mentre nella popolazione generale la mortalità negli incidenti sia del 5,62%, i pazienti con OSAS hanno un rischio raddoppiato (11,4%).
È dimostrato, inoltre, che i pazienti affetti da OSAS, anche in assenza di sonnolenza, hanno un allungamento dei tempi di reazione: infatti alla velocità di 130 Km/h percorrono circa 22 metri in più prima di iniziare a frenare.
Il primo pomeriggio e fine notte o prime ore dell’alba sono generalmente i momenti in cui più frequentemente si hanno incidenti stradali da colpo di sonno.
Purtroppo, nonostante le ben note conseguenze individuali e sociali dell’OSAS, ancora non vi è la sufficiente attenzione anche nei medici e nelle istituzioni. Eppure l’OSAS è una patologia facilmente diagnosticabile e trattabile ma, se non riconosciuta, ha una tendenza al peggioramento. È ormai noto anche dalla letteratura scientifica che la prevenzione sia una scelta vincente non solo sul piano individuale ma anche per la sostenibilità del Sistema Sanitario, poiché è dimostrato che le spese sostenute per la diagnosi e terapia dei pazienti OSAS sono molto inferiori ad i costi, diretti ed indiretti, da mancata prevenzione.
Il sospetto che una persona presenti apnee nel sonno può essere già posto da una valutazione clinica, infatti persone obese, con una circonferenza del collo superiore a 43 cm per gli uomini e 41 cm per le donne, con micro o retrognatia, soprattutto se russatori abituali o con riferite apnee notturne, che lamentano sonnolenza e faticabilità diurna, dovrebbero essere sottoposti ad una valutazione strumentale per indagare la presenza di apnee notturne e la gravità del quadro. Un’attenzione particolare dovrebbe essere posta a quelle popolazioni ad alto rischio di OSAS, come ipertesi e diabetici, in cui si è evidenziata una prevalenza molto maggiore che nella popolazione generale. Negli autotrasportatori, la prevalenza dell’OSAS è particolarmente elevata: secondo stime, almeno un soggetto su dieci o anche di più ne è affetto.
Posto il sospetto di apnee nel sonno, il paziente dovrebbe essere indirizzato ad un approfondimento diagnostico mediante uno studio polisonnografico. La polisonnografia è una indagine non invasiva che si effettua mentre il paziente dorme ed è in grado di quantificare la presenza di apnee nel sonno e di stabilire la gravità della patologia.
Confermata la diagnosi di apnee nel sonno, si dovrebbe scegliere il tipo di trattamento più idoneo nel singolo caso. Nelle forme lievi, è spesso sufficiente consigliare modificare degli stili di vita, soprattutto le abitudini alimentari, effettuare regolarmente attività fisica, smettere di fumare ed eliminare l’alcol.
Nelle forme più gravi, invece, diverse sono le opzioni terapeutiche. La ventilazione a pressione positiva (CPAP) è indubbiamente la terapia più utilizzata e di sicura efficacia, ma non sempre si ha una buona compliance del paziente.
Gli avanzatori mandibolari (MAD), apparecchi ortodontici utili a spostare in avanti la lingua, sono meglio tollerati per quanto l’efficacia risulti minore.
Quando le apnee sono causate da una condizione anatomica dimostrata o laddove le altre terapie hanno fallito, si prende in considerazione la terapia chirurgica.
Fondamentale è comunque il follow up dei pazienti che debbono essere periodicamente monitorati per dimostrare la persistente efficacia del trattamento e l’aderenza alla stessa.
La Commissione Europea, consapevole che la sindrome delle apnee notturne rappresenta uno dei principali fattori di rischio negli incidenti automobilistici, con Direttiva del 1 luglio 2014, ha indicato ai Paesi membri le norme per il rinnovo delle patenti. In particolare, si stabilisce che chi è affetto da OSAS moderata (15-29 apnee o ipopnee l’ora) o grave (30 o più apnee l’ora) poiché entrambe associate a sonnolenza diurna, debba essere sottoposto ad un consulto medico approfondito prima dell’emissione o del rinnovo della patente di guida e che, nel contempo, venga consigliato di non guidare sino alla conferma della diagnosi. Anche in caso di OSAS moderata o grave la patente può essere rilasciata purché si dimostri una adeguata aderenza alla terapia consigliata.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con decreto del 22 dicembre 2015 ha recepito la direttiva della Commissione Europea, indicando che la patente non sia rilasciata o rinnovata a persone affette da apnee ostruttive notturne con conseguente grave ed incoercibile sonnolenza diurna, che non sia adeguatamente controllata con le cure prescritte.
Questa sensibilità dimostrata dalle Istituzioni ha, però, presentato una grave caduta di attenzione nel momento in cui il Ministero della Salute ha emanato il decreto attuativo del 3 febbraio 2016. Infatti, si stabilisce che in occasione del rilascio o del rinnovo della patente, in soggetti con sospetta OSAS, debba essere somministrato “direttamente dal medico monocratico” un questionario (Tab. 2) per indagare le condizioni di sonnolenza diurna presentate, e sulla base del questionario stabilire il profilo di rischio (basso, medio, alto). In sostanza, si tratta di un’autocertificazione. E’ facile immaginare come un autotrasportatore, che di solito ha anche scarsa conoscenza della patologia di cui è affetto, faccia di tutto per mantenere la propria patente visto che da essa dipende anche la sua capacità lavorativa e, quindi, sia portato a dichiarare che non soffre di sonnolenza diurna. Così facendo però il paziente è inconsapevole delle gravi conseguenze anche legali a cui si espone. Nel caso dovesse essere coinvolto in un grave incidente in cui si sospetti che un colpo di sonno ne sia stata la causa, potrebbe avere problemi nella copertura assicurativa e, se l’incidente ha causato anche la morte di qualcuno, sulla base delle nuove norme della strada, sarebbe incolpato del reato di omicidio.
Il percorso diagnostico terapeutico, suggerito nell’intesa Stato-Regioni del 12 maggio 2016, dà delle indicazioni molto precise e condivisibili e potrebbero essere utilizzate anche nel caso di rinnovo delle patenti. In sostanza, si conferma che, posto il sospetto clinico di OSAS sulla base di segni e sintomi clinici, l’appartenenza a popolazioni con comorbilità ad elevata prevalenza di OSAS, categorie di lavoratori ad alto rischio di infortuni, si debba procedere ad una conferma diagnostica strumentale mediante monitoraggio cardiorespiratorio o polisonnografia.
La sicurezza sulle strade non può comunque prescindere da una maggiore informazione della popolazione e dei lavoratori sull’importanza del sonno e delle sue ripercussioni sulla salute e sulla qualità della vita. Non raramente i trasportatori su lunghe distanze tendono a ridurre le ore dedicate al sonno: tuttavia, sono scarsamente consapevoli delle conseguenze della loro scelta. Gli effetti possono essere equiparati ad una guida in stato di ebrezza o sotto l’effetto di stupefacenti. Educare, quindi, a rispettare il proprio fabbisogno di sonno è la prima indicazione da dare. Nel caso si percepisca, comunque, una tendenza alla sonnolenza, più che fermarsi per riposare o prender un caffè, si è dimostrato utile concedersi un breve sonnellino, capace di ripristinare la vigilanza e l’attenzione.
Per le persone con sospetto di OSAS, fondamentale è una maggiore attenzione da parte dei medici di famiglia, ancora poco informati sulle cause, sulle conseguenze e sulle possibilità diagnostiche e terapeutiche di questa patologia.
Anche il medico monocratico ed il medico del lavoro dovrebbero essere ulteriormente sensibilizzati ad intercettare, nell’ambito dei periodici controlli, quei lavoratori che, inconsapevolmente, hanno un aumentato rischio di incidenti sia sul lavoro che sulle strade.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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