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L'intervento del Consigliere Nazionale Roberto Cappanera durante il convegno ANMIL “Calamità naturali, sicurezza sul lavoro e tutela della disabilità: dalla protezione sociale alla prevenzione primaria”, svoltosi l'1 marzo 2017 a Rieti
Il titolo dell’evento “Diritto al lavoro in sicurezza” inevitabilmente ci riporta a quanto stabilito nella Costituzione Italiana, nel Codice Civile e Penale ed è un principio al quale nessuno può sottrarsi. Il datore di lavoro deve quindi affermare l'esistenza di un dovere di sicurezza per tutelare la salute e l'integrità fisica di tutti i lavoratori, normodotati e disabili, sul posto di lavoro, attuando una serie di adempimenti finalizzati a garantire che l'attività lavorativa si svolga con un margine di sicurezza.
La disabilità si riferisce ai diversamente abili e quindi a quanti hanno difficoltà di tipo motorio, intellettivo, psichico, ecc. Ma disabilità è anche la condizione di chi si trova con una limitazione temporanea e che pertanto non è autonomo nello svolgere un'attività nel modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano. Quando si proferisce di disabilità ci si mette sempre di fronte al problema di come gestire la particolare situazione del lavoratore in un contesto di evento calamitoso che ci pone di fronte a specifici rischi quali quelli tellurici, idrogeologici, morfologici, incendi, ecc., evidenziando che esso è un evento inaspettato e che normalmente crea emotività come panico e agitazione nelle persone normodotate e anche preparate per gestire l’emergenza.
Secondo dati aggiornati al 17 Gennaio 2017, la Protezione Civile ha riscontrato che su 7.941 Comuni italiani ben 6.394 (pari all’80%) si sono dotati di un Piano di Emergenza Comunale (tra questi Rieti, Amatrice, Accumoli, Acquasanta Terme, Arquata del Tronto, Terni, Norcia, Preci e tanti altri Comuni del cratere del recente terremoto del Centro Italia) avendo adottato misure di prevenzione atte a tutelare gli abitanti del luogo in caso di criticità ambientali dovute a fattori negativi sopraggiunti e che richiedono un intervento immediato a fronte di disastri naturali o provocati dall’uomo. Quindi garantire azioni che permettano con la massima sollecitudine e in sicurezza l’allontanamento nei cosiddetti luoghi sicuri.
Dal 1999 con la Legge 68 è previsto l’inserimento e l’integrazione delle persone disabili nel mondo del lavoro Pubblico e privato, ma purtroppo dopo quasi vent’anni ci troviamo davanti ad una assurda arretratezza culturale per la mancanza di attenzione al duplice problema: da un lato quello del reinserimento dei lavoratori divenuti disabili a seguito di un infortunio sul lavoro o nell’ambiente di vita; dall'altro la mancanza di procedure per quanto riguarda la vera e propria adozione di misure da seguire per queste persone e di quanti possono risultare i più vulnerabili durante un’emergenza.
L’associazione AiFOS, attraverso i suoi professionisti iscritti, da tempo si sta occupando di entrambi i problemi con lo studio di modelli di buone prassi da adottare ritenendo urgente affrontare il problema in maniera precisa e puntale data anche la carenza totale di attenzione da parte della normativa sulla Sicurezza nei luoghi di lavoro. Rispetto al primo problema, probabilmente, nella Pubblica Amministrazione non si riscontrano grandi difficoltà ma nell’azienda privata il ricollocamento dei lavoratori divenuti disabili a seguito dell’accadimento di un danno grave si profila come una vera difficoltà qualora non sia più possibile adibirli alla stessa mansione. I quesiti sono molteplici: cosa fare e il come comportarsi davanti ad una situazione del genere? C’è la disponibilità di una riconversione della mansione? L’azienda è strutturata per accogliere un lavoratore diversamente abile sotto il profilo dell’abbattimento delle barriere architettoniche? Domande alle quali non è facile e scontato dare risposte esaustive e sulle quali tutti dobbiamo iniziare seriamente ad interrogarci.
Per quanto concerne il secondo problema, la soluzione è solo apparentemente più semplice in quanto la mancata presenza di procedure o di modelli di intervento specifici determina complicazioni nella gestione delle emergenze di disabili, lavoratori e non lavoratori, presenti nell’ambiente in cui è sopraggiunta l’urgenza di evacuazione o similari; questa situazione apre due nuovi scenari che sono quello della preparazione del personale addetto alle Emergenze e quello di predisporre un’accurata valutazione del rischio.
Il D.Lgs. 81 del 2008, che tutela la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, fa riferimento alle attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio e comunque di gestione dell’emergenza che devono essere adottate e prevedendo che il personale incaricato riceva un’adeguata e specifica formazione ma non fa affatto riferimento alla preparazione per la gestione dei disabili, come ad esempio accompagnare una persona con difficoltà sensoriali e a trasmettere alla stessa, in modo chiaro e sintetico, le informazioni utili su ciò che sta accadendo e sul modo di comportarsi per facilitare la fuga; azioni che richiedono un’organizzazione e un addestramento specifico.
L’evacuazione di persone in sedia a rotelle, con disabilità intellettive o relazionali o ancora sorde o cieche, richiede particolari competente comunicative, l’utilizzo di mezzi di trasporto accessibili, la definizione di modalità di comportamento appropriate. Per intraprendere azioni al verificarsi di una condizione di emergenza, per quanto concerne invece l’elaborazione della Valutazione dei Rischi l’obiettivo della stessa si intende raggiunto se nei luoghi di lavoro considerati risultano risolte tutte quelle condizioni che rendono difficile o impossibile il movimento, l'orientamento, la percezione dei segnali di allarme e altro alle persone con limitazioni alle capacità fisiche, cognitive, sensoriali o motorie.
Pertanto dovranno essere previsti interventi di adeguamento dei percorsi ai requisiti di complanarità della pavimentazione, di adeguamento delle scale ai requisiti di comodità d’uso, di eliminazione di gradini o soglie di difficile superamento, anche attraverso la realizzazione di rampe, di riduzione della lunghezza dei percorsi di esodo, di ampliamento dei passaggi di larghezza inadeguata, di installazione di corrimano anche nei percorsi orizzontali. Addirittura la realizzazione di spazi calmi, ovvero un’adeguata compartimentazione degli ambienti, con l’obiettivo di risolvere i problemi che possono insorgere in caso di esodo attraverso scale e quindi di mantenere al sicuro i lavoratori e le persone presenti considerate più vulnerabili.
Oggi il progresso tecnico ci mette a disposizione attrezzature che, con il minimo sforzo da parte dell’operatore, hanno la possibilità di fornire un grosso contributo alle persone svantaggiate, come ad esempio la sedia da evacuazione che, attraverso l’adozione di cingoli passivi che pattinano sulle scale con elevati standard di sicurezza, permette di controllare il movimento di discesa del diversamente abile senza sollevare il peso e senza sforzo di trattenuta.
Concludo questo mio intervento con l’auspicio che quanto detto oggi in questo Convegno e in tutti gli altri consessi possa riscontrarsi in uno stimolo affinché si superi il concetto di disabilità e considerare tutti i lavoratori allo stesso livello e con le stesse attenzioni. La condizione di disabilità è pertanto sia causa, sia effetto di povertà in quanto le persone con disabilità sono soggette a discriminazioni ed a mancanza di pari opportunità. Tale situazione produce una limitazione alla partecipazione sociale violando ogni giorno i diritti umani delle persone con disabilità.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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