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Il pensiero di Matteo Cozzani, Coordinatore del gruppo di progetto AiFOS “S4S” Security for Safety, esperto di security, RSPP e consulente per la sicurezza del lavoro
È difficile parlare di prevenzione in un paese che non impara mai, dove di fronte ai problemi le reazioni sono spesso scomposte e raramente unitarie.
È difficile parlare di prevenzione in un paese dove il terremoto in aree sismiche cogliere comunque impreparati e il maggior sforzo intellettivo che ne consegue sta nella polemica.
Questo parere viene da un professionista che vede continuamente bistrattata la promozione del valore della prevenzione, in un contesto culturale in cui il sapere tecnico è di serie B rispetto ad un approccio ideologico - intellettuale. Mi permetto di proporre una disamina che cerca di affrontare il tema del momento da un angolo visuale diverso e, a quanto ho letto finora, mi pare inascoltato.
I più informati partono dall'assunto innegabile che non conosciamo questo virus e che i rischi potenziali sono elevati; gli stessi virologi si dividono, ma francamente e razionalmente ritengo più seri quelli prudenti, che in quanto scienziati ammettono umilmente che dovrebbero basarsi su dati certi, mentre sicuramente gli ottimisti sono pericolosamente più accattivanti per il pubblico, specialmente rispetto ad un popolo smarrito che chiede di essere rassicurato. Occupandomi anche di terrorismo da anni, colgo perfettamente come siano speciose le varie forme di bias cognitivi oggi diffuse, a partire dagli anti-allarmisti, che non solo minimizzano, ma peggio, molto peggio, banalizzano; mi sento quindi in dovere di evidenziare la differenza di lettura tra un comune cittadino e talvolta anche alcuni medici e chi come me ha dedicato 26 anni della propria vita alla prevenzione. A partire dal fatto che l'allarmismo, come la bellezza, sta negli occhi di chi guarda...e che atteggiamenti prudenti e previdenti rischiano di essere mal recepiti da chi preferisce crogiolarsi nelle proprie certezze. Nella mia professione, rispetto a variabili ignote, ci si basa sul "worst case", confrontando il costo delle misure prevenzionistiche con il “danno potenziale atteso”.....
E se qualcuno mi avesse in antipatia perché esprimo avversione per gli anti-allarmisti, cerchi si comprendere che siamo in un paese con una cronica repulsione per le disposizioni in genere, dove ancora la maggioranza degli automobilisti non fa indossare le cinture ai passeggeri posteriori, e so io quanto sia difficile in questi giorni far digerire alle aziende le misure di prudenza tempestivamente proposte.
Ma andiamo con ordine.
Per quanto ne sappiamo (poco) circa il 10% dei contagiati esita in una polmonite virale che può evolversi in polmonite interstiziale, per la quale non esiste attualmente una cura specifica. Nella fascia dai 50 anni in su, numericamente rappresentativa nel nostro paese, questa patologia necessiterebbe di ospedalizzazione, ora consideriamo che a metà gennaio c'erano 2 milioni di italiani a letto con l'influenza e che l'epidemia può storicamente arrivare ad 8 milioni di contagiati - posto che il COVID19 è più infettivo - la sola ipotesi di 200 - 800 mila soggetti da ospedalizzare è catastrofica!
Aggiungasi che sono del tutto inopportuni i paragoni con la capacità reattiva di una superpotenza economica di 1,5 miliardi di persone che ha eretto un ospedale in 10 giorni, capace di emanare disposizioni con una fermezza impensabile da noi e che ha avuto la capacità di sostituire quella buona parte dei medici purtroppo contagiati a Wuhan, mentre da noi scarseggiano già normalmente. La mortalità credo vada contestualizzata rispetto alle capacità di cura, per questo le disposizioni necessarie oggi non vengono comprese! Il comune cittadino ha scarsa comprensione della progressione logaritmica dove un contagio evitato oggi significa prevenirne mille domani.
Le riflessioni suddette assumono una valenza conclusiva analizzando la nemesi delle decisioni prese dal governo: dolorose, impopolari ed estremamente costose, sia dal punto di vista economico che politico ed a nulla valgono a mio avviso, insulse polemiche collegate agli schieramenti; assumiamo invece che determinazioni così impegnative sono il risultato della sintesi dei maggiori esperti nazionali i quali, posso presumere correttamente, avranno indicato 3 cose:
Per le masse è più percepibile una misura reattiva di una preventiva (quanto si fa oggi sarebbe accettabile per tutti a fronte di un migliaio di morti, ma è proprio quello che si vuole evitare).
Venendo ai comportamenti che più hanno impressionato l'opinione pubblica, ritengo utile una rilettura razionale:
La realtà è che siamo sempre più convinti delle sicurezze dell'epoca moderna e nel contempo inconsapevoli delle fragilità della stessa. Il tecnico della prevenzione fa il suo mestiere, ti prepara al peggio, ti fa mettere il casco protettivo anche se non è certo che un bullone cadrà da 6 metri fracassandoti il cranio, e dovrà sopportare le imprecazioni dell'operaio inconsapevole...
Prevenire, in tutti i contesti, ha un prezzo che nessuno sostiene volentieri, specialmente se impatta su abitudini e stili di vita e non aiuta l'immaturo "learning by mistakes" per il quale si mettono le protezioni solo dopo essersi sbucciati le ginocchia...
Parlare di prevenzione è difficile, lo ripeto, ed io lo so bene, perché tutti vogliono giocare in attacco per fare goal mentre chi gioca in difesa concorre molto alla vittoria ma non se lo fila nessuno...con l’ovvio paradosso che anch'io che gioco in difesa appunto, tifo e scommetto per il meglio!!! Nel tipico individualismo italiano e nel protagonismo narcisistico dilagante ci sarà sempre chi fa a gara, con snobismo intellettuale, per dimostrare di vedere più lontano e quindi schernire chi si prodiga praticamente rispetto a quell'immobilismo superficialmente letto come intelligente compostezza, depotenziando ancora una volta l'approccio prudente.
Spero con tutto il cuore che la situazione si evolva al meglio e spero anche non ci sia stato interesse personale in chi, magari forte della propria reputazione, ha voluto rassicurare anzitempo, perché ribadisco che nel dubbio è meglio sottrarsi al rischio, mentre chi ti induce ad abbassare la guardia può fare molto più danno.
Spero con tutto il cuore che potremo riguardare a questi giorni con un sorriso di sufficienza ma che nel contempo si prenda atto che il mondo di oggi è diverso, è più piccolo e che la tesi dei “sei gradi di separazione” è concreta ed attuale in un pianeta dove dalle migrazioni causate dal cambiamento climatico potrebbe arrivare da noi un virus peggiore di Ebola, magari dal posto più recondito della terra, magari dall’Amazzonia in fiamme di cui non parla più nessuno.
Spero ed ammonisco tutti, affinché le esperienze in cui “è andata bene” non siano fuorvianti nel convincerci che non vale la pena proteggersi; per quanto mi riguarda continuerò, insieme ai miei colleghi, a fare il mio lavoro invisibile dove nessuno ti dice mai bravo perché non è successo niente e magari è proprio questo il risultato di un lavoro fatto con scienza e coscienza!
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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