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La pandemia di Covid19 è stata probabilmente uno tra gli accadimenti più importanti della nostra era. Eppure non è la prima volta che una pandemia colpisce il pianeta terra. Anche negli ultimi anni sono diversi i virus che hanno causato problemi di salute nel mondo. Sicuramente il Sars Cov 2 è quello che più di tutti è riuscito a raggiungere il maggior numero di persone a causa della sua facilità di trasmissione.
Guardando esclusivamente gli anni 2000 già la SARS (provocata dal Sars Cov, molto simile al Sars Cov 2, non a caso è stata scelta questa denominazione) nel 2002-2004, la MERS nel 2012-2014 (anche questa provocata da un coronavirus) e l’Ebola nel 2014 hanno provocato epidemie preoccupanti. A livello di numeri queste non sono paragonabili al Covid19, però sono state un chiaro segnale di come i microrganismi possano creare problematiche alla salute delle persone.
Soprattutto al giorno d’oggi dobbiamo realizzare che viviamo in un mondo fortemente interconnesso dove ciò che accade in India, Cina o Africa può avere in poco tempo degli effetti diretti su chi vive in posti molto lontani, come anche l’Italia. Già le precedenti epidemie e soprattutto quella di Covid19 avrebbero dovuto insegnarci tutto questo.
Proprio per tali ragioni nel nostro piccolo dobbiamo essere preparati ad affrontare situazioni simili, che probabilmente saranno sempre più frequenti se non si agisce con la prevenzione e se non si cambiano alcune abitudini e comportamenti non igienici, tipici di alcune realtà nel mondo.
Si deve capire che certi atteggiamenti, che dovrebbero essere normali, come il lavaggio delle mani o la sanificazione delle superfici o il ricambio dell’aria, sono fondamentali per prevenire la propagazione di microrganismi, che oggi sono rappresentati principalmente dal Sars Cov 2 (non scordiamoci però che tutti gli altri patogeni non sono scomparsi nel nulla) ma un domani potrebbero essere altri.
Il ruolo del consulente della sicurezza è quello di far capire l’importanza di certe misure al cliente, a prescindere dal settore di appartenenza. Quando si parla di sicurezza sul lavoro si deve pensare anche all’igiene e alla salubrità dell’ambiente stesso. Il consulente deve sfruttare l’occasione per far diventare propri dei datori di lavoro e dei lavoratori quei comportamenti igienicamente corretti che fino a poco tempo fa venivano ignorati o comunque fortemente sottovalutati. Mai come in queste situazioni si può capire quanto sia importante la prevenzione.
I danni alla salute e soprattutto all’economia che Covid19 ha provocato sono davvero importanti, per questa ragione sarebbe sbagliato abbassare la guardia proprio ora, che il peggio sembra passato.
Quando si ha a che fare con un nuovo pericolo è essenziale lo studio, la formazione, la conoscenza del nemico per capire come agire e che procedure applicare. Sin dall’inizio dell’epidemia sui social e sui mass media si rincorrevano notizie più o meno vere. Spesso le fake news potevano anche essere pericolose e portare a degli atteggiamenti sbagliati.
Un bravo consulente in queste condizioni deve prima di tutto formarsi. Conoscere la struttura del Sars Cov 2 (coronavirus rivestito ad RNA) può far capire alcune sue caratteristiche, come la resistenza nell’ambiente e le capacità di trasmissione, e di conseguenza scegliere ed attuare le procedure di prevenzione più efficaci. Lo studio deve poi interessare le norme di riferimento, capendone gli obiettivi ed il significato.
Dall’inizio dell’epidemia infatti si sono susseguiti DPCM ed Ordinanze Regionali, spesso poco chiari o poco coerenti. Il consulente è stato sin da subito il punto di riferimento per le diverse realtà, soprattutto per quelle medio piccole che non hanno un servizio di prevenzione interno e che si affidavano al consulente della sicurezza per poter aprire, oppure per poter implementare tutte quelle misure previste.
Il Covid19 ha influito anche su altri aspetti come quello della sicurezza alimentare. I comportamenti in cucina, i comportamenti dei camerieri e il boom delle consegne a domicilio ha impegnato i consulenti nella formazione e nella produzione di procedure specifiche.
Tutto quello che è stato fatto come l’implementazione della sanificazione, la gestione degli ingressi, l’utilizzo della mascherina, lo smart working, non devono essere misure dimenticate, infatti ad oggi sono ancora previste, essendo il protocollo del 24 aprile ancora in vigore.
Eppure tra le chiamate più frequenti ricevute in questo periodo ci sono quelle di clienti che chiedono se è ancora obbligatorio rispettare una misure piuttosto che un’altra, prevista da un’ordinanza o dal DPCM. Ad influenzare l’idea che sia tutto passato ci sono anche le dichiarazioni di certi virologi o esperti che sono arrivati a dichiarare che il virus clinicamente è morto.
Queste informazioni non sono scientificamente sbagliate, sono semplicemente pericolose perché sono recepite per lo più da persone che non hanno le competenze per analizzarle e capirne davvero il significato. I tamponi positivi che anche in questi giorni (inizio agosto) sono in aumento, rispetto all’ultimo periodo, denunciano il fatto (e lo si vede dai report della Protezione Civile) che ogni giorno ci sono “nuovi casi” e che quindi il virus non è scomparso.
I tamponi sono volti all’effettuazione di una metodica di amplificazione genica (RT-qPCR) che serve a rilevare nel campione la presenza dell’RNA virale. Il rilievo però non è soltanto qualitativo (c’è o non c’è) ma anche quantitativo (quanto ne troviamo) e questo è cruciale, perché non basta sapere che un tampone è positivo, occorre anche vedere quanto è positivo dato che quest’ultimo parametro rende ragione anche della possibile attività del virus: una grande quantità di materiale fa supporre virus attivo e potenzialmente infettante, mentre una piccola quantità può denunciare frammenti di virus ormai morto (non più infettante e trasmissibile) e che è in fase di eliminazione dall’organismo ma ancora non completamente smaltito.
Non solo, un tampone positivo non vuol dire per forza che ci sia una persona in rianimazione che rischia la vita. Questo per tanti fattori, il primo perché siamo in un periodo dell’anno dove le persone vivono maggiormente all’aria aperta (limitando quindi la trasmissione del virus), il caldo e i raggi uv rinforzano il sistema immunitario e i raggi uv infastidiscono il virus presente nell’ambiente e sulle superfici all’aperto. Inoltre ad oggi, rispetto ai primi mesi in cui il virus è comparso in Italia, le metodiche diagnostiche e soprattutto di cura sono migliorate e le disponibilità (di medici, strumenti e farmaci) sono maggiori.
Per queste ragioni dal punto di vista clinico, dire che il virus è “clinicamente morto” vuol dire che la patologia più grave sta sparendo mentre ci sono più casi con sintomatologia lieve. Dal punto di vista della gestibilità invece il virus risulta più «gestibile» come detto a causa di una miglior precisazione diagnostico/terapeutica e da una apparente minor aggressività/lesività del virus.
Tutto questo però non può e non deve farci abbassare la guardia, soprattutto poiché il rispetto delle norme di sicurezza contribuiscono alla limitazione di una eventuale nuova diffusione sia ora che in autunno/inverno e di conseguenza influiscono sul numero di potenziali malati e sulla possibilità di curarli senza sovraccaricare le strutture.
Guardando l’andamento nel mondo del Covid19, soprattutto in quegli stati dove le misure di prevenzione e protezione sono state sottovalutate fino all’ultimo, dobbiamo capire che basta poco a rovinare tutti gli sforzi fatti. Questo non vuol dire certo vivere nel terrore, ma ogni luogo di lavoro deve essere visto e gestito come una piccola nazione, con una economia e con delle persone (i lavoratori) da tutelare.
Già in tanti, anche a causa di pochi controlli, non stanno più rispettando distanze o obblighi di sanificazione, eppure tenere comportamenti igienicamente corretti (sia per i lavoratori che per i clienti delle attività), effettuare la sanificazione di superfici e attrezzature, prevedere il lavaggio delle mani frequente, effettuare ricambi d’aria frequenti, dovrebbero essere misure attuate sempre, non solo nell’emergenza e non solo nelle sue fasi future, la prevenzione deve essere continua, perché oggi c’è il Sars Cov 2, domani, senza preavviso, chissà…
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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