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Approfondimento a cura di Antonio Notaris: HSE manager, formatore e consulente in ambito salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
I lavori in quota trovano ampio spazio nel TU 81/08 all’interno del TITOLO IV Capo II, un’intera sezione dedicata alla prevenzione degli infortuni dovuti alle cadute dall’alto. Ciò che appare evidente ad una prima lettura è la volontà del legislatore di inserire questa tematica all’interno di un contesto molto più ampio che riguarda i cantieri temporanei o mobili, ovvero tutti quei luoghi dove si svolgono attività edili o di ingegneria civile così come elencati nell’ALLEGATO X del D.Lgs 81/08.
La discriminante è chiaramente l’altezza. Infatti, l’art. 107 del TU, uno dei più conosciuti dai consulenti, chiarisce che per lavoro in quota si intende qualsiasi attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.
Tutto chiaro? Forse no.
In ogni blog che abbia la safety come argomento, troveremo almeno una discussione relativa alla definizione di piano stabile. Il legislatore non ha infatti dato una definizione esaustiva e, per questo motivo, l’interpretazione ha preso il sopravvento. Tralasciano le perplessità di chi cerca in questa mancanza un pretesto per “giustificare” attività svolte senza preoccuparsi realmente del problema, credo che si possa impostare un ragionamento su qualcosa di più concreto: il danno procurato dalla caduta in relazione all’altezza.
Fossilizzarci su un dettaglio, per quanto importante, potrebbe farci distrarre dal nostro ruolo di consulenti. Se è chiaro a tutti la necessità di attuare un piano di prevenzione e protezione contro le cadute dall’alto, allora mi chiedo quanti prendano realmente in considerazione le cadute da 1,70 m, 1,50m, 1,00 m o anche solo 50 cm di altezza.
Negli anni mi è capitato di sentirmi dire da utilizzatori di scale a palchetto di aver acquistato un’attrezzatura alta 1,98 m da terra come se questa caratteristica costituisse una conquista che corrisponde all’eliminazione del rischio di caduta dall’alto. È evidente che il problema dell’altezza è molto più importante della definizione di piano stabile.
Altra esperienza vissuta nella mia breve vita da consulente, è stata quella dell’infortunio occorso in una piccola azienda meccanica ad un lavoratore che per necessità, in mancanza di un’attrezzatura adeguata, si è costruito un cavalletto con due secchi di vernice da 30 lt usati ed un’asse di legno. Altezza da terra circa 40 cm. Ebbene, mettendo il piede in fallo, il lavoratore è caduto sul pavimento della ditta riportando la lesione di un legamento crociato di un ginocchio.
Risulta dunque evidente come il sistema di prevenzione che adotteremo, debba necessariamente comprendere un piano di azione atto ad eliminare qualsiasi tipo di caduta.
Allora perché è così importante la questione del piano stabile?
Il problema principale nasce dal fatto che una caduta libera di un corpo di 100 kg da 1 m genera una forza di impatto di circa 10kN (1000 kg). Un impatto del genere, potrebbe essere letale per qualsiasi persona che lo subisse. Ecco la necessità di associare alle attività oltre i 2 metri il famoso piano per la prevenzione e la protezione dalle cadute.
La norma ci viene in aiuto con l’art. 111, nel quale, vengono illustrati gli obblighi ascrivibili al Datore di Lavoro, con due precisazioni introduttive di carattere generale:
Con particolare riferimento al primo punto, penso di poter affermare con assoluta certezza quanto il tema della prevalenza dei DPC rispetto ai DPI, sia spesso disatteso soprattutto nella gestione dei lavori in quota. Il perché è semplice, installare un DPC ha un impatto in termini di tempo e spesa notevolmente superiore ad un accesso in quota effettuato con il solo ausilio dei DPI (ammesso che questo sia possibile).
Qui però introduciamo un altro argomento che riguarda proprio l’accesso in quota. La valutazione dei rischi infatti riporta sempre un generico rischio di caduta dall’alto. Ma quando questo rischio si può concretizzare? Per poter effettuare una corretta valutazione dei rischi sarà necessario valutare un accesso sicuro costituito possibilmente da una scala che risponda alle normative vigenti (forma dei pioli, sistemi antiscivolo, dimensioni delle gabbie, ecc) e dotata della documentazione necessaria (certificato di conformità, relazione di calcolo, manuale istruzioni e schede di ispezioni aggiornate). Se la scala fosse di tipo portatile, in appoggio al muro, andranno rispettati le altezze massime, l’inclinazione e la stessa dovrà essere vincolata in alto, possibilmente da un fermascala.
Lo sbarco dovrà avvenire in assoluta sicurezza e sarà necessario predisporre il sistema in modo da poter accedere alla postazione in quota sempre connessi ad un sistema anticaduta (linea vita o ancoraggi singoli). La presenza di pericoli quali botole, lucernari non protetti o parti instabili di coperture non dovrà mai essere sottovalutata. Le attività dovranno svolgersi in totale sicurezza in presenza di sistemi anticaduta collettiva e dispositivi di protezione individuale.
Per poter raggiungere tale obiettivo è necessario avere effettuato un corso di formazione che vada oltre il corso “base” di addestramento all’utilizzo di DPI di III cat. per la protezione delle cadute dall’alto. Questo corso infatti, istruisce i discenti sul corretto utilizzo dei DPI (cosa non da poco tra l’altro) ma non sempre tratta argomenti in relazione ai pericoli ed alle soluzioni efficaci per contrastarli. Un esempio assai esplicativo è la questione legata all’addestramento alle manovre di soccorso ed evacuazione in caso di emergenza.
Una formazione efficace non potrà essere soltanto teorica, ma dovrà avere una componente pratica prevalente e seguire un filo logico che comprenda:
La scelta di DPC e DPI diventerà strategica per la gestione del rischio di caduta. Le nostre conoscenze non sono mai ubiquitarie. Sappiamo tutti della necessità di collaborazione tra colleghi e anche in questo caso servirà, in mancanza di una formazione ed un’esperienza in materia, fare affidamento sulle competenze di un professionista per non incorrere in errori.
Aver valutato il rischio di cadute dall’alto, soprattutto in ambito industriale, significherà dunque aver progettato ogni singolo accesso, studiato la soluzione più idonea al contesto lavorativo e realizzato un piano mirato che comprende idonee misure di prevenzione, tecniche organizzative e misure di protezione.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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