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Da Matteo Fadenti, Vicepresidente AiFOS, il monito a non trascurare uno dei principali fattori di rischio per i lavoratori outdoor, vale a dire la sovraesposizione ai raggi UV
In questo numero del giornale degli RSPP, come sempre facciamo, abbiamo trattato diversi argomenti, dallo stress nel settore sanitario al tema delle Soft skills e Non-technical skills, in modo pratico e tecnico, con l’intento di dare degli strumenti utili ai nostri lettori RSPP.
Essendo però arrivati finalmente all’estate, puntuali come i consigli per contrastare il caldo di “Studio Aperto” anche noi vogliamo trattare il tema del rischio macroclima per i lavoratori outdoor.
Non a caso, questo è un rischio da non sottovalutare per tutti quei lavoratori, che in particolar modo d’estate, svolgono la propria attività lavorativa all’aperto. In nostro aiuto, in questo periodo, vengono pubblicate o tornano di moda, linee guida ed informative utili ai lavoratori, come questa: ESTATE SICURA - CALDO E LAVORO “Guida breve per i lavoratori” di Inail e Ministero della Salute.
Il ruolo degli RSPP è sicuramente quello di valutare tale rischio, identificando delle misure preventive e protettive utili a ridurre e prevenire eventuali danni ai lavoratori.
Le misure preventive sono sempre le stesse, ovvero: evitare di lavorare nelle ore più calde; avere un abbigliamento idoneo (ora ci sono diversi tessuti tecnici e traspiranti che possono aiutare); usare il copricapo; avere a disposizione acqua fresca e sali minerali; fissare adeguate pause dove i lavoratori possano rifrescarsi; ridurre al minimo lo sforzo fisico grazie agli ausili meccanici; organizzare turni, rotazioni personale, per modulare bene i rischi; evitare il lavoro in solitaria e conoscere i sintomi d’allarme che fanno sospettare un colpo di calore o di caldo.
Ovviamente, oltre che riportare tali misure nel DVR (e quindi poi nella pratica), l’RSPP, deve far si che i lavoratori ricevano queste informazioni importanti attraverso incontri formativi, opuscoli informativi e procedure.
In pratica qualunque RSPP sa che d’estate diventa importante aiutare i lavoratori a difendersi dai colpi di calore. Tutto questo però non basta. Infatti, se l’attenzione nei confronti di tale problematica è alta, troppo spesso si trascura un altro rischio legato al lavoro outdoor estivo (e non solo), ovvero quello relativo ai danni cancerogeni da raggi UV.
Se è vero che le linee guida e le indicazioni tipo del periodo, trascurano un po’ questo tema, il dato più preoccupante è la scarsa percezione del rischio da parte dei lavoratori esposti. Una ricerca di qualche anno fa della Toscana, ad esempio, illustrava che:
Tali dati, dimostrano la scarsa gestione del rischio, non solo da parte dei lavoratori stessi, ma anche da parte di chi deve suggerire le misure di prevenzione e protezione, e fare formazione, informazione ed addestramento ai lavoratori.
Per chi non l’avesse ancora capito, la radiazione solare UV è un cancerogeno certo. E i lavoratori che svolgono la loro attività all’aria aperta (lavoratori outdoor) sono esposti a questo cancerogeno e rischiano di contrarre tumori della pelle non melanocitici (NMSC).
Eppure, come detto, il tema non è così trattato come avviene invece per i danni da caldo. Infatti, i raggi solari e le radiazioni ultraviolette non si fermano ai confini della spiaggia o del sentiero di montagna. E non si limitano ai confini temporali delle nostre vacanze.
Probabilmente, uno dei motivi per cui tale tematica non viene tratta adeguatamente, si nasconde in uno dei grandi problemi da risolvere della sicurezza sul lavoro, ovvero il “mancato” rapporto tra medico competente ed RSPP (in questo numero abbiamo provato ad indagare maggiormente tale tematica con diversi articoli).
La prevenzione di tali problematiche, oltre che dall’organizzazione lavorativa che spetta al datore, ai dirigenti, consigliati appunto da noi RSPP, passa dalla formazione ed informazione del lavoratore, anche sulle misure di prevenzione ed autocontrollo da adottare.
Chi più del medico competente ci può aiutare in questo senso? Non tutti gli RSPP, infatti, sono di stampo sanitario, come i tecnici della prevenzione, e non sempre hanno competenze medico-sanitarie di prevenzione da trasmettere ai lavoratori tramite procedure, consigli ed informative. In questo senso deve essere il medico ad intervenire, sia con consigli ad personam durante le visite mediche, sia partecipando ad informative.
I lavoratori dovrebbero sapere quali caratteristiche possono aumentare il rischio di malattie cutanee (fototipo, storia familiare, assunzione di farmaci, esposizioni concomitanti ad altre sostanze), devono saper usare le protezioni individuali (filtri solari, abiti adeguati, cappelli, occhiali) e poter usufruire di quelle collettive (fonti di ombra, ripartizione degli orari tali da consentire di stare al riparo nelle ore centrali del giorno); devono infine saper controllare la propria pelle e riconoscere eventuali lesioni che meritano un’occhiata del medico: non solo nevi (o nei), ma anche piccole ferite che non si rimarginano, lesioni arrossate o squamose, crosticine che non guariscono o che si riformano.
Se parte di queste informazioni possono essere trasmesse dal RSPP, altre sono di competenza maggiormente medica. Noi RSPP possiamo sicuramente organizzare un incontro dove, ad esempio, il medico spiega le modalità per tenere sotto controllo nevi e macchie cutanee.
Per identificare queste lesioni il prima possibile, è importante che il lavoratore, soprattutto se outdoor, presti attenzione ad eventuali cambiamenti di forma (i nei maligni sono spesso asimmetrici e presentano margini frastagliati o incisure che si modificano nel tempo) ed aspetto (sanguinano, prudono o appaiono discontinui). Il colore dei nei maligni, poi, non è uniforme, ma vira verso una pigmentazione scura (nero molto intenso) o si presenta con sfumature rosso-brune, bianche, nere o blu. Anche un accrescimento in larghezza e spessore può indicare un'evoluzione della lesione in senso neoplastico, specialmente se tale cambiamento si verifica in un tempo piuttosto breve.
Come sempre, nella medicina, come nella sicurezza sul lavoro, prevenire è meglio che curare. Se la prevenzione primaria in questo senso è data dall’organizzazione lavorativa, la prevenzione secondaria, oltre che alla classica sorveglianza sanitaria e alle visite dermatologiche specialistiche, è data anche dall’auto-sorveglianza, che ogni lavoratore dovrebbe saper fare.
Uno dei metodi da trasmettere ai lavoratori con informative scritte e con incontri con il medico competente è sicuramente la “regola ABCDE” (Asimmetria, Bordi, Colore, Dimensioni ed Evoluzione).
Le prime lettere dell'alfabeto sono usate a scopo mnemonico per riassumere le modificazioni dei nei a cui fare attenzione e da segnalare tempestivamente al dermatologo. Il metodo ABCDE va utilizzato per controllare i nei di tutto il corpo nell'intervallo di tempo che intercorre tra un controllo dermatologico e l'altro. È evidente che in questi casi l’autocontrollo è fondamentale, per accorgersi di problematiche il prima possibile, visto che sia l’intervallo di una ipotetica sorveglianza sanitaria, che di una normale visita dermatologica, normalmente è di almeno un anno.
La regola dell'ABCDE per l'auto-valutazione tiene conto dei maggiori criteri che una lesione sulla pelle dovrebbe avere per far sospettare al paziente la presenza di un melanoma e, di conseguenza, indurlo a consultare un medico:
A come ASIMMETRIA
La prima lettera dell'alfabeto della pelle si riferisce all'asimmetria nella forma; un neo sospetto, se diviso idealmente a metà, non presenta due parti uguali, ma è possibile notare una forte discrepanza tra le dimensioni delle due porzioni. Una lesione benigna è generalmente rotondeggiante e caratterizzato da un accrescimento uniforme e simmetrico (o quasi).
B come BORDI
Un neo sospetto presenta margini irregolari e frastagliati. Una lesione benigna presenta bordi definiti e molto regolari; al contrario, un neo maligno presenta margini discontinui e totalmente irregolari, indistinti o con incisure.
C come COLORE
I nei benigni hanno, di solito, un solo colore distribuito in modo uniforme, di solito caffellatte, anche molto intenso, ma non risultano modifiche cromatiche attorno al proprio centro. Una lesione sospetta, invece, non è uniforme, ma si presenta policroma (variazioni della pigmentazione con sfumature di rosso-brune, bianche, nere o blu) o marcatamente nera.
D come DIMENSIONI
I nei più piccoli di 6 mm di diametro sono considerati meno pericolosi; l'aumento delle dimensioni del neo in larghezza (soprattutto se le dimensioni sono superiori ai 6 mm) e in spessore (nel caso in cui, ad esempio, una lesione piana diviene sollevata sul piano cutaneo) è un segnale che può indicare un'evoluzione in senso maligno, specialmente se tale cambiamento si verifica all'improvviso e in un periodo di tempo piuttosto breve.
E come EVOLUZIONE
L'evoluzione progressiva dell'aspetto di un neo in un breve periodo di tempo (6-8 mesi) è un segnale che desta sospetto. Se la lesione tende a crescere e ad allargarsi rapidamente, cambiando dimensione, forma, spessore e colore, è da sottoporre al giudizio del medico.
Altri Campanelli d’Allarme
Altro campanello d'allarme è la comparsa di segni di flogosi nella cute circostante, con prurito, eccessiva sensibilità, dolore, sanguinamento, perdita di siero, desquamazione e ulcerazione. Destano sospetto anche i nevi che modificano la loro consistenza (si ammorbidiscono o induriscono) e sono circondati da un nodulo o un'area arrossata. Attenzione anche alle neoformazioni di recente insorgenza che crescono molto rapidamente. Se c'è un neo diverso da tutti gli altri, poi, è necessario consultare molto rapidamente il dermatologo.
È evidente che tali informazioni sono utili a tutti, ma lo diventano ancor di più per tutti quei lavoratori che prestano la propria attività all’aperto, d’estate. Sta a noi RSPP trovare il modo migliore per veicolarle e fissarle in ogni lavoratore outdoor.
Pubblicato il: 20/07/2022
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