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Le riflessioni di Silvia Pellegrino a seguito del webinar del 12 marzo "Stress e information overload da smartworking - conciliare vita lavoro"
Il 12 marzo, all'interno del webinar organizzato da AiFOS dal titolo “Stress e information overload da smartworking - conciliare vita lavoro”, ho avuto la possibilità di argomentare il tema del presente articolo.
Mi permetto di inserire, per essere maggiormente sintetica ed esaustiva, alcune considerazioni emerse dagli altri relatori e dai partecipanti al webinar. In particolare farò riferimento al questionario che la dott.ssa Paola Favarano, mediatrice dell’incontro, ha preparato e al quale hanno partecipato 307 donne in età da lavoro.
Partiamo con la definizione di “fattori di rischio psicosociale”: quegli aspetti di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro nonché i rispettivi contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono arrecare danni alla salute psico-fisica del lavoratore; pertanto tali fattori necessitano di adeguata valutazione e gestione, al fine di evitare l’instaurarsi di condizioni di disagio nei lavoratori.
E lo smartworking può rientrare tra questi e può essere sia visto come eustress che distress a seconda di chi è il soggetto coinvolto. Quando dobbiamo fare una valutazione stress lavoro correlato dobbiamo tenere in considerazione: età, genere e socio cultura di appartenenza; questi tre aspetti sono fondamentali per passare da uno stress positivo a uno negativo.
Come ha confermato il questionario, i contesti ambientali e sociali, nei quali i lavoratori in smartworking vivono, fanno passare l’ago della bilancia da “+” a “-“ e quali sono le discriminanti? La presenza di bambini fino ai 10 anni, magari in DAD; una carenza di spazi da poter dedicare all’attività lavorativa e postazioni non sempre ergonomiche ed infine una connessione non sempre efficiente. Se a questi aggiungiamo la mancanza di relazione con i colleghi, la documentazione necessaria allo svolgimento dell’attività non completa e gli orari prolungati abbiamo una visione dello smartworking al negativo.
Al contrario, chi ha valutato positivamente questa modalità di lavoro ha evidenziato la maggior presenza in casa a vantaggio anche di figli in età scolare, in DAD, autonomi e di genitori anziani, un guadagno in termini di tempo e economici (benzina, pranzi fuori…); la mancanza dei colleghi è stata evidenziata anche positivamente in quanto elemento di distrazione e quindi ha portato a meno interruzioni e quindi una maggiore concentrazione. Un ulteriore aspetto positivo è dato dall’ottimizzazione dei tempi di gestione delle riunioni.
Sia dal questionario, sopracitato, che dal sondaggio mandato durante il webinar, la maggior parte delle persone reputa lo smartworking una buona modalità di lavoro da alternare alla presenza in ufficio.
Condivido che questa soluzione venga adottata, in forma alternata, anche quando usciremo dalla pandemia; credo che porterà un beneficio in termini di soddisfazione e produttività sia al lavoratore che all’azienda.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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