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Il Quaderno della Sicurezza n°2 del 2021 è on-line. L'editoriale di Lorenzo Fantini
In un recente articolo Alessandro Baricco, uno dei miei scrittori preferiti, proponeva di abolire “il modo di pensare novecentesco”.
Questo perché tale intelligenza, nata e radicata in un contesto completamente distante dal mondo odierno, appare “inadatta a gestire la realtà, o quanto meno questa realtà”. In particolare, Baricco evidenza come questo approccio novecentesco sia basato su quattro elementi: mancanza di flessibilità di concetti (e sistemi) stabili; creazione di una sorta di “culto del sapere specialistico”, che comporta l’assenza di comunicazione tra diversi saperi; sia un’intelligenza fanaticamente stanziale, incapace di nomadismo (“Discende da alcuni principi o valori e da quelli è difficilissimo sradicarla”) e, da ultimo, si sia ostinata a scegliere la razionalità come proprio tratto identitario. A suo dire non è più l’intelligenza di cui abbiamo bisogno: “Non potrei spiegare,ma so che l’intelligenza di cui abbiamo bisogno non è un’intelligenza. Sicuramente userà catene logiche, per tenere insieme le proprie mosse e utilizzerà il sapere per decidere quali fare. Ma non sarà un metodo, non si appoggerà su una rete di principi, non sarà in nessun modo una forma di razionalità. Sarà un fare. Sarà una prassi. Sarà una collezione di mosse. L’intelligenza sarà un fare”.
Stimolato da tutte le riflessioni che Baricco suscita, ritengo che il suo testo possa rappresentare un ottimo incipit anche per l’editoriale che state leggendo. Perché, anche nel mondo del lavoro, c’è bisogno di ripensare l’intelligenza alla base, di rivedere le azioni da intraprendere, di generare una nuova comunicazione, che tenga anche conto del mutato quadro organizzativo del lavoro e, ovviamente, anche delle esperienze fatte nel periodo di pandemia.
Proprio la comunicazione è, infatti, il punto di partenza dei contributi proposti, immaginandola diretta non solamente nei confronti dell’esterno, ma soprattutto nella quotidiana interazione tra persone che operano nello stesso ambiente lavorativo, siano essi manager o lavoratori, essendo comunque esposti a sollecitazioni e pressioni legate al lavoro. Lo scenario è infatti, radicalmente cambiato - per non dire stravolto - in questi due anni. Di fatto, la pandemia è come se avesse rimescolato le carte per tutti: si è passati da una situazione in cui le aziende studiavano l'evoluzione dei luoghi di lavoro verso obiettivi di sostenibilità, inclusività e per favorire le relazioni intergenerazionali e interdisciplinari, ad una situazione in cui i lavoratori effettivamente non hanno potuto più recarsi in ufficio (che sta portando perfino all’idea anglosassone di pensare ad eliminare buona parte degli spazi fisici delle sedi) e in cui sono emersi nella loro ampiezza problemi - solo in parte nuovi, a dire il vero - di compatibilità dei mutati modelli organizzativi con la vita di ciascuno di noi. Sta emergendo che, nonostante le aziende si siano dimostrate molto pronte e veloci nel dotarsi di tecnologie per il lavoro da remoto, hanno avuto poco tempo per dialogare e supportare i lavoratori in questo momento di rottura con la presenza in ufficio e il tradizionale modo di andare a lavorare.
Adesso che stiamo piano piano riprendendo una sorta di normalità, o quantomeno si sta ritornando verso la posizione pre Covid-19, arriveremo ad attraversare un momento critico: infatti, se da un lato si pongono alle aziende sfide su come portare i lavoratori a interagire, lavorare da remoto ed essere produttivi, bisognerà verificare se le imprese saranno in grado di affrontare i nuovi tipi di comunicazione e stress che si sono manifestati. “Si andrà verso un "lavoro ibrido", fatto di "sessioni virtuali e sessioni in presenza"” è la previsione di Carlo Alberto Tenchini, direttore marketing di Sharp Electronics Italia, in un'intervista rilasciata qualche giorno fa all'Italpress. In questo contesto, le aziende sono chiamate a dotarsi di programmi di sviluppo delle persone (e soprattutto dei giovani) all'interno dell'organizzazione, intesa in senso più ampio e “immateriale” rispetto anche solo al recente passato.
In questo domani la gestione della comunicazione e dello stress costituirà un tema primario, forse come mai prima, e le esperienze che le organizzazioni del lavoro hanno avuto durante la pandemia - alcune delle quali ben descritte in questo Quaderno - saranno un patrimonio e un precedente prezioso.
Lorenzo Fantini[1]
[1] Direttore dei Quaderni della sicurezza di AiFOS, avvocato giuslavorista, già dirigente divisioni salute e sicurezza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
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