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Nel Quaderno della Sicurezza n°4 del 2017 i dati del rapporto AiFOS 2017, dedicato all'approfondimento dell'ultima fase del processo educativo. L'editoriale di Lorenzo Fantini
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Quest’anno la ricerca AiFOS ha avuto come oggetto “L’efficacia della formazione alla sicurezza”. Questo perché la formazione è ormai da tempo riconosciuta come strumento elettivo per la promozione della cultura della salute e sicurezza, la diffusione delle conoscenze, il coinvolgimento partecipato, il miglioramento dei processi produttivi e la valorizzazione del capitale umano.
Come segnala Inail, dunque, “La formazione deve essere concepita come una vera e propria misura di sicurezza, svolgendo una funzione essenziale per il controllo dei rischi lavorativi”. La stessa definizione normativa di “formazione” contenuta nel D. Lgs. 81/08 indica con chiarezza come il “processo educativo” (articolo 2, comma 1, lettera aa) abbia un obiettivo specifico, di modifica dei comportamenti umani, dovendo essere idoneo a “trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”.
In tale ottica, diventa fondamentale trovare i giusti modelli di valutazione dell’efficacia della formazione, tenendo conto dell’“impatto” di essa sull’innalzamento del know how in tema di prevenzione nei discenti.
Se al momento tale valutazione si esaurisce normalmente in una verifica al termine del corso, bisogna anche comprendere come il controllo in costanza del rapporto di lavoro dell’avvenuta acquisizione delle conoscenze da parte del discente sarà ben presto una necessità. Non solo, bisogna anche volgere uno sguardo verso un domani dove la formazione stessa sarà sconvolta e modificata, adeguandosi alle esigenze e, soprattutto, alla necessità di apprendimento sempre meno teorico dei discenti: un futuro prossimo dove l’acquisizione esperienziale diventa cardine fondamentale del processo di apprendimento (quel “quarto sapere” definito da Piergiorgio Reggio sapere dell’anima che permette agli altri tre - sapere, saper fare, saper essere - di svilupparsi).
Non a caso il Presidente intitola il suo contributo “Apprendimento per il cambiamento”, prefigurando un processo nel quale “Assistiamo ad un’inversione di tendenza in cui l’esigenza formativa viene portata in primo piano, ancor prima del lavoro, volta ad un cambiamento dei comportamenti. La formazione e la sua valutazione, quindi, opereranno prima, per favorire il cambiamento della persona chiamata ad entrare in un nuovo mercato del lavoro.”.
In tal modo si rimarca la necessità di tener conto dei nuovi processi che investono il mondo del lavoro e, pertanto, ipotizzare la creazione di una ‘reale’ politica di formazione permanente.
La stessa giurisprudenza esprime costantemente nelle proprie pronunce il concetto per cui la formazione non deve solo essere realizzata e documentata ma deve essere “effettiva” ed “efficace” (Cfr. Cass., 22 ottobre 2012, n. 41191 o Cass. pen., Sez. IV, 27 settembre 2010, 34771) e come il Giudice possa indagare puntualmente non solo su cosa sia stato utilizzato in sede formativa, ma soprattutto su quale risultato sia stato raggiunto in pratica, in termini di consapevolezza dei rischi che si corrono sul lavoro. In simili casi i Giudici non si limitano mai ad un controllo solo “burocratico” della struttura, ma analizzano la formazione erogata per comprendere se essa sia stata compresa e condivisa in termini operativi dai partecipanti ai corsi. Di conseguenza, occorre un’attenta progettazione delle offerte formative, che vada seguita dalla erogazione dei corsi e che si concluda – passando per la selezione e l’illustrazione di materiali adeguati allo scopo (che potrebbero anche essere acquisiti dal Giudice per le necessarie verifiche) – con l’accertamento della efficacia della formazione erogata. Essenziale diviene la dimensione della responsabilità di tutti coloro che concorrono al processo educativo, dal soggetto formatore – chiamato ad una attenta, chiara e “mirata” progettazione dei corsi – fino al datore di lavoro e ai dirigenti, obbligati per legge rispetto all’obbligo formativo.
In tale contesto elemento determinante per una formazione concreta ed efficace è il docente il quale, oltre a dover possedere i requisiti formali di cui al decreto “qualificazione formatori”, deve essere consapevole della delicatezza del suo ruolo e che deve esercitarlo in modo da essere a disposizione dei discenti e da portarli ad accrescere in modo significativo e verificabile le conoscenze dei medesimi rispetto alla salute e sicurezza sul lavoro. Ancora una volta la pratica giudiziale evidenzia, sempre in casi di infortuni gravi o mortali, quanto il mancato svolgimento di una corretta attività di docenza possa portare – se il lavoratore si infortuna tenendo un comportamento imprudente, negligente o imperito – anche ad una imputazione a carico del docente (per tutti, si veda la vicenda descritta da Cass. pen., n. 15009/2009, in relazione all’omessa verifica da parte del lavoratore esperto dell’apprendimento delle procedure di salute e sicurezza da parte di un apprendista).
Tutto quanto sin qui accennato, e ancora di più quanto presente nei contributi proposti in questo Quaderno sul tema della efficacia della formazione in materia di salute e sicurezza, evidenzia l’importanza della realizzazione di corsi di formazione sempre più mirati ad esigenze specifiche di lavoro e utili allo scopo dell’attività; scopo nobile e altamente etico, tanto è connesso alla tutela della vita delle persone.
Lorenzo Fantini[1]
[1] Direttore dei Quaderni della sicurezza di AiFOS, avvocato giuslavorista, già dirigente divisioni salute e sicurezza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
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