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Q1, 2016 - Editoriale

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ordinamento e attiene, evidentemente, alla tutela delle condizioni di lavoro

delle donne, specificamente considerata, ad esempio, nel Decreto

Legislativo n. 216/2003, di attuazione della Direttiva 2000/78/CE per la

parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro

(per non parlare delle altre leggi vigenti in materia, quali, solo a citarne

alcune tra le più significative, la Legge 9 dicembre 1977, n. 903 (“Parità

di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro”), la Legge 10 aprile

1991, n. 125 (“Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-

donna nel lavoro”), il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (c.d.

“testo unico” per la maternità e la paternità) ed il Decreto Legislativo 11

aprile 2006, n. 198 (“Codice delle pari opportunità tra uomo e donna”).

Ancora una volta, quindi, è evidente in Italia la difformità tra le previsioni

normative e la realtà dei fatti, la quale non raggiunge nemmeno

lontanamente i risultati che normative così complete ed esaustive

meriterebbero.

Di fatto, la gestione della salute e sicurezza appare ancora troppo spesso

una tematica “neutra” rispetto alle differenze di genere, fino a giungere a

situazioni tanto paradossali da sembrare incredibili (se non fossero vere)

quali, ad esempio, la fornitura di DPI che non tengono conto delle

differenze fisiologiche tra uomini e donne.

Mi sembra chiaro che il problema di partenza sia di tipo culturale, nel

senso che – come condivisibilmente sottolineato da Christa Sedlatschek,

Direttore dell’Agenzia Europea per la salute e sicurezza sul lavoro (EU

OSHA) nel contributo scritto appositamente per questo Quaderno AiFOS

– occorre giungere ad un

mainstreaming

di genere, in forza del quale il

pensiero comune dovrebbe “in automatico” richiamare la differenza tra

uomini e donne, consentendo di mettere in pratica una corretta

diversificazione di procedure e misure di tutela. Ed invece si può

constatare che solo recentemente gli infortuni sono stati valutati, nelle

stesse analisi statistiche, tenendo conto in modo puntuale e non generico

delle differenze di genere; restano pochi gli studi sulla interazione tra le

violenze sulle donne e il loro effetto sul clima aziendale e sulla mentalità

delle lavoratrici; scarsa è l’attenzione che viene riservata a tanti piccoli ma

importanti fattori, quali, ad esempio, l’incidenza del carico familiare sulle

donne e la rilevanza (si pensi ad un infortunio

in itinere

della lavoratrice

che accompagna, magari in tutta fretta, i figli a scuola prima di andare al

lavoro) di tale circostanza sugli infortuni sul lavoro o le malattie

professionali.