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Andrea Cirincione

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Un esempio di applicazione dell’attenzione ergonomica alla

competenza pratica riguarda la semplice e comune azione del “parlare”.

Quando si “parla” bisognerebbe sapere:

Cosa dire sulla base dei fatti noti;

Perché dire, cioè per quale obiettivo;

Quando dire, cioè scegliere il momento opportuno;

Come dire per essere ben compresi;

Quali standard di comunicazione sono richiesti;

Quali valori sono in campo in quella situazione.

Così facendo si migliora la

motivazione

, che è il mediatore

fondamentale della performance. Una persona giovane costruisce le

proprie competenze, anche in termini di autoefficacia e autostima, in certi

ambiti e con determinate abilità, ma tutto questo muta naturalmente con

l’età adulta. Se questa crescita è coerente e armonica le performance

crescono. Con l’anzianità si pensa che tutto debba passare a una fase

involutiva, ma non è necessariamente così: si può evolvere calibrando le

prestazioni con l’età.

Nel D.Lgs. 81/08 (art. 1.1) si parla di “uniformità della tutela” con un

doveroso “rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni” e “anche con

riguardo alle differenze di genere, di età …”. Il problema che s’incontra

nella pratica, è che la persona tutelata risulta essere una specie di

avatar

,

uno standard che può essere riassunto così:

maschio, adulto, di media corporatura, in salute e madrelingua.

Come sappiamo le persone ‘vere’ hanno le proprie tipicità, e su questa

base nemmeno l’organizzazione deve essere uno standard.

Quando si parla di problemi legati all’età viene in mente l’anzianità

lavorativa, ma non è corretto: quali problemi sono legati all’età giovane?

Un rapido sguardo alle principali statistiche evidenzia:

Informazioni scarse o solamente teoriche;

Inesperienza e/o poche esperienze probanti;

Carenza di consapevolezza situazionale;

Inappropriata formazione e/o supervisione;

Maggiore esposizione a lavori fisicamente faticosi;

Elevato rischio di disturbi muscoloscheletrici;