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A cura di Sara Calì, formatrice esperienziale nell'ambito delle relazioni umane e socia AiFOS. Un contributo tratto da 78pagine.it
Quando Alessandra, amica e direttore della testata 78PAGINE, mi ha chiesto di scrivere su questo argomento, mi si è spezzato il fiato: non mi ha chiesto di parlare di competenze, ma di andare al cuore di uno dei punti chiave per ogni persona, la scelta.
Grazie al lavoro di formatore, incontro molte persone e, ultimamente, sto percependo che molte di esse sono in difficoltà, insoddisfatte delle proprie condizioni lavorative, relazionali, desiderose di affermare la propria personalità, in un continuo confronto con ansie quotidiane e il frenetico incedere nella vita che si traducono nel male del secolo: lo stress.
A fronte di questo, recentemente mi sono soffermata più profondamente a cercare di indagare e capire il perché di questo malessere e ho trovato una connessione con le scelte che noi facciamo o non facciamo, sul come e perché decidiamo. Ho deciso, quindi, di affrontare questo vasto e difficile concetto dal punto di vista della nostra consapevolezza: proverò a condurvi a riflettere togliendo strato dopo strato, come se fosse una cipolla, fino ad arrivare al cuore del mio concetto, che è supportato da riflessioni, da studi, da esperienze, ma è, comunque, un punto di vista personale.
Ogni giorno fronteggiamo, dall’età della ragione acquisita, tantissime scelte: alcuni studi dicono che noi ne facciamo consapevolmente o inconsapevolmente circa 35000, dalle più banali e quotidiane … come mi vesto, che cosa mangio, alle più complesse.
Ma noi possiamo realmente scegliere?
La prima percezione è positiva, a volte possiamo scegliere. Ad esempio, nella nostra latitudine possiamo decidere il partner o gli amici, gli studi da intraprendere, abitare nel Paese di origine o espatriare, andare in vacanza in montagna o al mare. Ci sembra di scegliere e di avere il nostro mondo in mano … per quanto possibile, chiaramente!
Tante volte, invece, mi sono confrontata con persone che lamentavano di non poter scegliere i capi o i colleghi, ad esempio. La maggior parte di noi deve andare a lavorare non sempre potendo scegliere dove, oppure, ancor più fatalmente, non possiamo decidere di essere in buona salute.
Nella realtà, quindi, da una prima disanima, sembra che tantissimi aspetti non siano sotto la nostra volontà e che non si possa realmente scegliere, con conseguente frustrazione, senso di impotenza e malcontento.
Allora devo riformulare la domanda: noi sappiamo quali sono le motivazioni che ci portano a scegliere?
Il termine motivazione deriva dal latino motus "moto", participio passato del verbo movere "muovere" Indica l'insieme di processi psicologici alla base delle azioni volontarie dirette verso un obiettivo.
Secondo David McClelland, noto psicologo che ha studiato la relazione esistente tra bisogni e comportamenti, noi fondamentalmente siamo spinti da tre motivazioni:
Ritengo che questa teoria ci aiuti ad analizzare alcuni tratti della nostra personalità e aumentare la nostra consapevolezza nella comprensione di come prendiamo le decisioni. Indagare a fondo su come siamo fatti, significa tenere conto dei tantissimi fattori che ci influenzano e comprendere meglio le lenti attraverso le quali osserviamo il mondo e ci relazioniamo con gli altri. Sono molte le cose che hanno contribuito a strutturare la nostra personalità: ad esempio ciò che ci è stato insegnato dalla famiglia, la cultura del luogo dove cresciamo, la religione, le amicizie o gli ambienti che frequentiamo.
Quindi, siamo veramente liberi di scegliere oppure siamo dominati da noi stessi? Reagiamo come abbiamo imparato a fare da piccoli, oppure come vorremmo? Rispondiamo in base alla cultura che conosciamo, oppure adottiamo il libero arbitrio? Allora scegliamo consapevolmente o siamo guidati?
A volte, nemmeno percepiamo quanto siamo intrisi di tutto questo, quanto siamo plasmati dalle nostre credenze formate da assiomi appresi. Se fossimo veramente consci, forse, non saremo così scontenti.
Dal mio punto di vista, la risposta è che molto spesso non scegliamo, semplicemente reagiamo.
La nostra vita, i valori, il quotidiano sono continuamente modificati da eventi ai quali noi cerchiamo di adattarci, affrontare o sopravvivere perché, per quanto pianifichiamo, ci saranno sempre ostacoli o eventi inaspettati da affrontare. Una delle reazioni disfunzionali che mettiamo in atto è l’uso di “meccanismi di difesa” (come si dice in psicologia), che ci aiutano a ritrovare l’equilibrio, l’omeostasi, rispondendo a quello che ci accade cercando di preservare la nostra persona. Questo a volte genera un blocco, uno stallo di fronte a possibili scelte, un conflitto dentro noi stessi che non ci rende liberi. Liberi probabilmente di scegliere una terza strada ancora. È come se ci trincerassimo dietro a uno scudo, nascosti come soldati dietro a barriere, pronti a proteggerci da attacchi ritirandoci o aggredendo per far valere la nostra persona e le nostre idee (es: il rapporto con un collega per noi difficile, attacchiamo e continuiamo a scontrarci, o fuggiamo e non reagiamo per quieto vivere, ma mangiandoci il fegato). Il paradosso è che il risultato, in ogni caso, è la perdita dell’equilibrio, un continuo sbilanciamento verso l’altro quando sferriamo il colpo, indietro quando ci ritiriamo.
Se provassimo a levare lo scudo?
Parecchie pratiche energetiche, discipline marziali e sport di equilibrio basano la pratica sul concetto di grounding: rimanere centrati e concentrati su se stessi. In psicologia si parla di centratura, o equilibrio tra le varie parti del sé, focalizzandosi sull’obiettivo e la via da percorrere.
Essere radicati (grounded) comporta essere in contatto, fisicamente ed emotivamente, con la realtà; ogni qual volta affrontiamo nuovi incontri, ostacoli veri o presunti (paure, pensieri o emozioni invadenti), possiamo scegliere se lasciar andare o entrare in relazione, ritrovare la centratura a ogni passo, non più gestire gli avvenimenti, ma fare spazio alla possibilità di esserne coscientemente i fautori. Riappropriarci delle nostre possibilità presuppone un cambiamento radicale nel nostro pensiero, non essere più vittime di agenti esterni, non più mossi da meccanismi reattivi, non più trincerati dietro ad uno scudo ma soggetti che coscientemente mettono di fronte a ogni azione la parola SCELTA. In sostanza, è nostra la responsabilità nell’azione e molte volte questa libertà di scegliere Sé. Questo importante cambiamento di punto di vista, ci può aiutare ad assumere nuovamente coscienza del nostro potere decisionale, di ogni nostro minuto, ogni nostra azione, ogni nostra risposta agli eventi, anche se non ci piacciono. Riappropriandoci della nostra forza decisionale creiamo terreno fertile per la ricerca di un vero Sé un po' meno guidato da frustrazioni, paure e dal senso di impotenza causato dallo stress.
Sostituiamo l’emotività dei meccanismi di difesa con una più lucida presa di coscienza.
Ogni volta che prendiamo decisioni dando troppa risonanza agli stati emotivi non siamo noi che scegliamo, in realtà è la nostra chimica a farlo. Tutte le sostanze nocive che secerniamo quando i periodi di stress e fatica sono protratti riducono fortemente la nostra chiarezza mentale e le risorse fisiche, il risultato è che siamo mossi da tanti fattori, ma non sicuramente dalla libertà di scelta.
Fermiamoci, dunque, a domandarci se noi ci mettiamo in condizione di poter scegliere …
Dobbiamo, e possiamo, imparare ad ascoltarci profondamente, prendere il tempo per respirare, ossigenare la mente facendo spazio dentro di noi al silenzio, mettendo a tacere i continui rumori di fondo, non solamente quelli caratteristici del mondo esterno ma, soprattutto, quelli dati dai pensieri che vorticano nella nostra testa come un criceto nella ruota. Dobbiamo darci il tempo di ritrovare il perché delle nostre scelte, riconnetterci con pulsioni o fantasie o sogni persi nel quotidiano, per far riaffiorare i nostri veri desideri. Dobbiamo imparare a non “usare” il corpo come un mezzo per ottenere ciò che noi vogliamo ma ascoltarne i segnali, fidarci di esso tenendo ben presente che la mente-mente, ma il corpo mai!
In conclusione, sto scoprendo che il cuore di questa cipolla può essere dolce. Se ci diamo la possibilità di condurre le nostre scelte con compassione, togliamo il potere alle altre persone, agli eventi e lo riprendiamo nelle nostre mani, possiamo arrabbiarci meno con chi ci sta intorno, perché non sarà né un ostacolo, né una risorsa, ma semplicemente parte del progetto che ho scelto e sarà importante solo come io decido di percepirlo.
Credo anche che sia fondamentale non dimenticarsi di vivere con passione, accostandoci a questi difficili e vasti quesiti con lo spirito giusto, abbandonando la voce persecutoria che tante volte abbiamo dentro, che ci accusa giudicante, adottando lo spirito curioso di un bambino che indaga per scoprire che si stupisce di fronte a qualcosa di nuovo, che si pone delle domande come un principiante che non ha le risposte.
Soprattutto, l'unica cosa di cui sono veramente certa, riguardo alla scelta, è che possiamo e dobbiamo metterci nella condizione giusta di poter realmente scegliere.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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