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Una rubrica di approfondimento per conoscere il punto di vista di chi la formazione la fa (e la vive) ogni giorno. A cura di Marco Michelli
Safety e security sono, ancora per molti, dei mondi separati. Non è così per Matteo, che segue l’intreccio tra le due branche da 6 anni e che, proprio nella loro interazione, ha posto le fondamenta del suo lavoro. Non a caso, è stato promotore del patrocinio che AiFOS ha dato al congresso nazionale della Società Italiana di Criminologia: perché «l’approccio a safety e security è integrabile in quanto entrambe hanno necessità di prevenzione e di utilizzare strumenti organizzativi e formativi simili». E il fare rete sarà importante così come comprenderne il valore.
- Safety è per la maggior parte delle persone qualcosa di diverso dalla security. È sbagliato?
Da un lato i distinti termini anglosassoni consentono di evitare gli equivoci tipici di quando si parla di sicurezza ma, d’altra parte, la maggioranza delle persone non sa ancora collocare il “bisogno di security”. Questo è anche dovuto ad un’impostazione mentale, soprattutto di chi è ai vertici delle piramidi aziendali, che potremmo definire “fatalismo positivo” che porta ad agire in relazione a determinati accadimenti: tale indole è certamente utile in ambito commerciale, ma sminuisce il valore della cultura della prevenzione, presupposto fondamentale e comune sia per la safety che per la security, determinando una situazione quasi paradossale. Infatti, come ben sa chi si è occupato di coaching, è umano non voler uscire dalla cosiddetta ‘confort zone’; è per questo ad esempio che quando sentiamo un antifurto suonare ci è più facile pensare che il vicino non lo abbia ben inserito, piuttosto che realizzare prontamente che gli stanno rubando in casa…. Invece, quando si diventa consapevoli di un evento delittuoso, la soglia di attenzione sale verticalmente, analogamente a quanto succede in conseguenza agli incidenti sul lavoro. La cosa peggiore avviene quando il sistema (o l’azienda) si rassegna ad un senso di ineluttabilità, conclusione che nella SSL deve essere assolutamente censurata.
- E un’azienda oggi è chiamata a gestire problemi di security?
Si tratta di un’esigenza che nasce dalla realtà dei fatti. L’esperienza sul campo mi dimostra che le aziende che hanno sottovalutato il problema e per questo non hanno adottato adeguate misure di protezione, hanno pagato un conto ben più salato rispetto ai soli danni patrimoniali; spesso il furto, l’effrazione stessa o la fuga di dati, hanno determinano cali di efficienza difficili da recuperare in breve ed uno “scollamento organizzativo interno”, con un deficit di difficile quantificazione. Ribadisco che non è diffusa la consapevolezza che vi sono professionisti capaci di fornire soluzioni in tal senso. Anzi, azzardo una provocazione: non si sa nemmeno che esistono tali professionalità (sono ancora rare le figure consulenziali e le imprese di servizi in grado di fornire risposte specifiche).
Anche in questa mancanza di consapevolezza trovo un parallelismo con la safety: non si sa quante volte consultato dall’impresa ho dovuto proporre servizi e soluzioni che il committente nemmeno pensava di necessitare... Provo a spiegarmi meglio: se hai un muro storto o crepato, ti basta l’evidenza del problema per sapere chi chiamare e che risultato vuoi ottenere; ma se non conosci il modo di focalizzare gli aspetti della security, non riesci nemmeno ad aver chiaro chi poter interpellare. Molto spesso la chiave di lettura di un problema costituisce di per se un imprescindibile “bandolo della matassa” da cui poter anche solo partire.
- Puoi spiegarci cosa tratta la security?
L’ambito safety attiene alla protezione delle persone dai pericoli di infortunio o danno alla salute derivante da agenti accidentali o prevedibili – in particolare applicato al mondo del lavoro. Per security, invece, si intende la protezione delle persone da danni patrimoniali e personali (anche di natura psicologica) derivanti da delitti o da “fenomeni socio – politici” (non tutti saranno d’accordo sulla definizione…), come il sabotaggio o il terrorismo.
Da un punto di vista tecnico, direi che il tema della security è sviluppabile nelle imprese in 5 macroaree applicative:
• Difesa patrimoniale dell’azienda (non solo da furto e danni agli impianti, ma anche fuga delle informazioni);
• Tutela lavoratori dal rischio di aggressione a scopo estorsione (in caso di rapina) non solo nell’ambito bancario (dove il fenomeno è più codificato ma in netta decrescita, ad esempio in termini di “bottino medio”), ma anche in tutta una serie di comparti di commercio dove questo tipo di rischio non è presidiato (ad esempio: farmacie, pasticcerie, ecc.) ed anche nei trasporti;
• Tutela lavoratori dal rischio di aggressione o di conflitto in relazione all’attività specificamente svolta, ad esempio nel caso degli istituti di vigilanza o del personale aeroportuale (ma il rischio di aggressione non è da escludersi in ambiti specifici ,ove i lavoratori operano in aree tipicamente mal frequentate, come ad esempio nelle pertinenze delle stazioni ferroviarie);
• Difesa da rischio terrorismo (counter terrorism) su obiettivi sensibili, sia per grande affluenza di pubblico, sia per gli effetti su area vasta di eventuali sabotaggi, ad esempio nel caso di “aziende a rischio di incidente rilevante”.
• Corporate Travel Risk Management: si tratta di preparare il lavoratore, destinato ad aree geografiche rischiose, ad affrontare il viaggio con adeguata consapevolezza ed il necessario bagaglio di procedure da attuare in caso di emergenza e di norme comportamentali da seguire per prevenire i pericoli come la rapina o il rapimento, che in certi Paesi costituiscono un problema di “security” assolutamente rilevante (come purtroppo ci insegna anche la cronaca recente).
- E cosa fa un esperto della stessa?
Fino ad oggi, prevaleva sostanzialmente la soluzione incentrata sui mezzi di protezione e dissuasione. Si pensi ad esempio a sistemi e mezzi di videosorveglianza, telecontrollo, antintrusione / antieffrazione ecc., dove l’approccio è generalmente determinato dalle pur rispettabili competenze del progettista o dell’impiantista, ma senza la capacità di fare una preanalisi degli scenari secondo criteri di Security Management (risk assessment e risk response). Ecco, direi che i professionisti del settore sono tali proprio perché capaci di competenze specifiche su queste problematiche. Ovviamente, non voglio sminuire il ruolo del progettista/impiantista, specialmente quando capace di proporre valida ed aggiornata componentistica e di eseguire un lavoro di qualità; anzi, proprio con questi figure tecniche è necessario sapersi interfacciare sinergicamente.
Ho già avuto l’occasione di affrontare le tematiche suddette negli ultimi anni, sia come consulente e sia nel ruolo di RSPP Esterno - in questo caso con particolare riferimento al rischio di aggressione dei lavoratori e nel Travel Risk Management - ma va detto che le imprese maggiormente coinvolte in un certo tipo di rischio (quale ad esempio l’attacco terroristico o l’operatività in aree sensibili) non desiderano farsi troppa pubblicità né far conoscere i propri ‘timori’, per legittima tutela dei propri interessi commerciali e di immagine e per non mettere in evidenza eventuali criticità (non abbiamo potuto estorcere nulla visto che, per opportunità, non ha voluto entrare nel dettaglio).
- Come si conciliano safety e security?
L’approccio è integrabile sia sul piano teorico che su quello applicativo, perché entrambe le materie hanno necessità di un approccio prevenzionistico e di utilizzare strumenti organizzativi e formativi comparabili se non simili. Inoltre, il metodo utilizzato deve essere sistemico, ossia ispirato alle esperienze più efficaci e consolidate che abbiamo maturato nei sistemi qualità.
Ciò premesso, conciliare gli obiettivi di safety e security significa soprattutto trovare soluzioni compatibili (ad es. protezione patrimoniale ed evacuazione o “security procedure” e stress) per progettare interventi efficaci e concretamente applicabili. Per questo si rende necessaria una competenza ‘trasversale’.
- Perché siete così pochi ad aver attivato questo tipo di approccio rendendolo una professione?
Non sempre chi aveva esperienze sul campo (ad esempio in ambito militare o di polizia) ha avuto la capacità di interfacciarsi con le imprese, ed ancor più di rado chi aveva le competenze aziendali ha approfondito i temi della security, almeno fino ad oggi.
Comunque, sono convinto che molto presto, anche in risposta alle richieste sempre crescenti esplicite ma, ritengo, anche implicite (leggere tra le righe…), tanti altri seguiranno questa strada di integrazione tra safety e security. Peraltro, come ho già detto, le due materie condividono spesso gli stessi principi, ad esempio troverà molte similitudini chi già si occupa di emergenza; sono convinto che, con la giusta impostazione e acquisendo le necessarie competenze, chi ha un bagaglio di safety già dispone degli strumenti essenziali per fare bene anche nella security.
- Se si tratta di una nicchia, conviene a chi già ci lavora far conoscere e diffondere le informazioni in tal senso?
Essendo essenzialmente un tecnico e non un commerciale non rispondo ragionando in maniera speculativa; piuttosto, ritengo importante la promozione della visione che ho qui l’opportunità di esprimere, anche come presupposto per codificare una nuova figura professionale. Peraltro, la questione deve essere proposta e divulgata alle imprese, per renderle consapevoli delle necessità più attuali e del modo per farvi fronte. Considerando anche che il terreno è quasi vergine e gli spazi sono comunque molto vasti, è forse meglio portare alla pubblica attenzione un problema che non può e non deve essere trascurato, ricavandone eventualmente l’opportunità di valorizzare professionalità e competenze che necessitano sempre più di espansione e condivisione. Anche in questo contesto “fare rete” è senz’altro lo scenario più auspicabile.
- Come nasce sicurON?
Innanzitutto, puntualizzo che sicurON è ‘giovane’ solo anagraficamente, ma si avvale di esperienze e competenze pluridecennali, maturate in imprese e contesti precedenti. Per quanto concerne la mia collaborazione, mi occupo di safety dal 1994, con un background personale anche nella security che mi ha portato (dal 2010) a sviluppare un modello formativo per la prevenzione del rischio rapina rivolto principalmente agli istituti bancari, ma applicabile anche ad altri contesti e declinabile in varie dimensioni di approfondimento, anche comprendendo una parte esperienziale.
La mia collaborazione con SicurON è proprio rivolta ad una forte ‘doppia’ connotazione in safety and security, dove affianchiamo un approccio consolidato nella capacità interpretativa e di studio con un focus specifico su SSL, a nuovi servizi, avvalendoci anche di professionalità esterne che condividono questa ‘mission’; per citare una tra queste risorse la preziosa collaborazione con l’amico Gianluca Sciorilli, di cui leggevo qualche giorno fa una sua intervista rilasciata a ‘Libero’ sul tema delle riviste on line diffuse dai gruppi terroristici di matrice islamica (diventa opportuno considerare l’opzione di mutuare esperienze e metodologie maturate in quei Paesi che, da tempo, convivono con scenari critici: ad esempio, Israele è un caso esemplare in tal senso , spiega).
- Parlando di iniziative, hai recentemente partecipato al congresso della Società Italiana di Criminologia. Come mai hai chiesto ad AiFOS di patrocinarlo?
Nei giorni scorsi ho partecipato al congresso nazionale della Società Italiana di Criminologia (SIC) che si è tenuto a Firenze, ove erano presenti gli accademici della materia, esperti, operatori e rappresentanti delle istituzioni, tutti di massima caratura a livello nazionale. L’occasione è stata assolutamente proficua e stimolante per raccogliere informazioni e le linee interpretative più aggiornate rispetto all’evoluzione del fenomeno criminale a 360°, da cui ho attinto con particolare attenzione ai temi applicabili alle imprese, tra i quali l’analisi del fenomeno terroristico ha avuto ampia trattazione nel congresso (confido che ci sia presto l’opportunità di un approfondimento su quanto ho acquisito in tale sede). Il contatto con SIC è comunque prezioso in prospettiva, vorremmo proporre a loro lo sviluppo di un analisi interdisciplinare tra la prospettiva criminologica e la prevenzione dei rischi sul lavoro nei suddetti casi applicabili. Per questo ho proposto all’Associazione il patrocinio del congresso e AiFOS si è dimostrata, come sempre, una organizzazione attenta e ricettiva quando c’è da promuovere la cultura della sicurezza in ogni direzione. In particolare il Presidente Vitale si è dimostrato interessato ed aperto costruttivamente ad un approfondimento. Devo dire che propormi come espressione di un interessamento da parte di AiFOS stessa (che ho scoperto insospettabilmente nota anche in quell’ambiente…) è stato un buon viatico per istaurare una reciproca attenzione.
- Come hai iniziato a lavorare nell’ambito della sicurezza?
Mi viene da dire che questa forma mentis mi ha caratterizzato sin da bambino: sono il tipo che, se doveva andare in gita, pensava a cosa mettere nello zaino per prevedere ogni scenario (sorride). Certamente, ha giocato un ruolo anche la figura paterna (è figlio di un capitano di Marina) che, non solo mi ha trasmesso un senso di rigore nel fare le cose, ma anche il valore nella capacità di assumere le responsabilità, che a mio avviso è un concetto connesso, culturalmente ed intimamente, alla mission della prevenzione. Nel corso dell’esperienza lavorativa ho avuto la fortuna di essere un facility manager ante litteram, dedicato a qualità ed ambiente (HSE) nell’ambito di un gruppo industriale che si occupava di produzione e riciclaggio di materie plastiche e di materiali elettronici dismessi. Così, quando entrò in vigore il D.Lgs 626/94, me ne sono occupato fin dall’inizio: poi, mano a mano che si arricchiva la “cassetta degli attrezzi” dell’RSPP (per usare un’espressione cara ad AiFOS) e più ci vedevo spunti di applicabilità nella security.
- Uno slogan che ti contraddistingue?
Adoro tanto gli aforismi dei grandi pensatori, come i modi di dire della saggezza popolare, i quali spesso coniugano sapienza e pragmatismo; nella professione ho spesso usato l’espressione “Il diavolo sta nei dettagli”, quale metafora del ‘principio di Pareto’ che un tecnico deve sempre tener presente. Perché non puoi fare prevenzione senza snidare quei pericoli occulti che si nascondo nei dettagli e che, infine, possono fare una grande differenza negli esiti, sia nella safety che nella security.
- Sogni nel cassetto in termini di prospettive?
Credo in ciò che faccio e propongo. La professione che ho scelto, almeno per ora, consente gratificazioni materiali piuttosto modeste, in proporzione allo sforzo necessario (i colleghi comprenderanno di certo…), ma molto maggiori sono le soddisfazioni a livello umano. Per fare questo mestiere ci vuole una vocazione nel promuovere e divulgare un tema che ha una valenza culturale e sociale; in questo processo evolutivo ambisco a contribuire come agente di cambiamento. Sarebbe bello, dunque, poter disporre di una adeguata capacità di divulgazione: chissà che proprio questa stessa genuina ambizione non possa tradursi in nuove opportunità.
sicurON è una struttura finalizzata ad offrire servizi e consulenza specializzata in 3 macroaree:
• sicurezza del lavoro, con particolare vocazione alle attività industriali ad alto rischio
• formazione
• corporate security
Le competenze maturate in esperienze ventennali ci consentono di affrontare le situazioni più complesse, proponendo soluzioni a misura del committente; non di meno sappiamo adattarci a svariate tipologie produttive e di servizio, che costituiscono per noi nuove sfide e stimoli di innovazione.
Gli obiettivi di prevenzione per noi non possono essere disgiunti da un approccio tecnico ed organizzativo ma soprattutto non possono mancare di una motivazione etica che è l’essenza della nostra professione, quale parte stessa della nostra missione aziendale, mirata a raggiungere effettivi standard di sicurezza ed alla tranquillità del committente.
Per info www.sicuron.eu.
Pubblicato il: 04/11/2016
Orario di apertura
Dal lunedì al venerdì
9.00 - 12.00 | 14.30 - 17.00
Tel. 030 6595031
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
25123 Brescia, c/o CSMT Università degli Studi di Brescia - Via Branze, 45
Tel 030.6595031 - Fax 030.6595040 | C.F. 97341160154 - P. Iva 03042120984
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