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27 luglio 2018

CFA e soci

Parola ai soci: Giuseppe Porta

Una rubrica di approfondimento per conoscere il punto di vista di chi la formazione la fa (e la vive) ogni giorno. A cura di Marco Michelli

Parola ai soci: Giuseppe Porta

Con il progetto “Formazione lavoratori con handicap intellettivo e psichico” Tyche Sas ha ricevuto la menzione speciale al Premio Innovazione AiFOS 2018. E il riconoscimento non si giustifica solamente con la novità dell’idea, ma anche perché è un progetto bello e su cui difficilmente un’azienda sarebbe disposta a dedicare il proprio tempo. Invece Giuseppe Porta e i suoi figli ci credono perché hanno un modo di intendere la salute e sicurezza sul lavoro un po’ diverso e che si basa anche sulla soddisfazione del mettere in pratica idee innovative. Del resto la passione è una componente fondamentale del lavoro e, per loro, uno stimolo a credere perfino in progetti ‘antieconomici’.

Le passioni sono gli unici oratori che persuadano sempre. Esse sono come un’arte della natura dalle regole infallibili:
il più semplice degli uomini animato dalla passione riesce più persuasivo del più eloquente che ne sia sprovvisto

[François de La Rochefoucauld]

 

- “Formazione lavoratori con handicap intellettivo e psichico” ha ottenuto la menzione speciale del Premio Innovazione AiFOS 2018: ci racconti il progetto?

È un percorso formativo innovativo sviluppato per i soggetti con disabilità cognitiva che vengono avviati ad un'attività all'interno di aziende, sia per motivi di inserimento lavorativo, sia per scopi di inclusione sociale.
Il progetto nasce per risolvere il problema, mai correttamente affrontato, di formazione delle persone che svolgono un'attività lavorativa nell'ambito di un'organizzazione anche solo al fine di apprendere un mestiere un'arte o una professione. Persone che quindi devono essere formate ma che, ovviamente, non possono e non devono essere destinatarie di percorsi canonici.

Nel percorso che abbiamo progettato, la formazione avviene con metodologie che si avvalgono di disegni e di giochi di simulazione che tendono a rappresentare quanto si può trovare più frequentemente di rischioso nelle aziende e quali sono i comportamenti corretti da adottare. Per portare avanti l’attività utilizziamo non solo la formazione esperenziale ed il gioco, ma anche visione di filmati, simulazioni e utilizzo di prove pratiche. E queste  attività, ovviamente, vanno condotte in parallelo con un’adeguata formazione  e responsabilizzazione sia ai datori di lavoro, sia ai colleghi.

- Come vi è venuta l’idea?

Nasce da un problema concreto: siamo consulenti di alcune cooperative sociali di diverso tipo che agiscono con persone fragili (bambini, anziani o disabili mentali o fisici). In base all’esperienza, ci siamo resi conto che soprattutto per i portatori di handicap cognitivi, invitati a lavorare con finalità di inclusione sociale, fosse necessario strutturare un diverso tipo di approccio e formazione. Per questo è nata non solo l’esigenza di rispettare la normativa, ma anche di impostare percorsi ad hoc.

Ricordo che il Decreto del  13 aprile 2011, che disciplina le disposizioni in materia di SSL per le cooperative sociali, stabilisce che “Ove le attività di cui al comma precedente siano svolte da soggetti che abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, o a lavoratori con handicap intellettivo e psichico, le attività di formazione, informazione e addestramento sono programmate e realizzate compatibilmente con il loro stato soggettivo”. È dunque possibile, anzi necessario, fornire una formazione specifica e adeguata. Mentre spesso la formazione viene svolta in classi eterogenee composte indistintamente da lavoratori normodotati e svantaggiati, senza porre attenzione alle reali capacità e necessità individuali, con la conseguenza di diventare assolutamente inutile, per gli uni e per gli altri.

- Insomma, il presupposto è stato quello di trovare soluzioni idonee anche per questi lavoratori speciali: come sta procedendo l’iniziativa?

Il programma è ancora in via di sviluppo, ma abbiamo comunque cominciato a lavorare per progettare e realizzare una formazione adatta e adeguata per i diversi svantaggi cognitivi. L’abbiamo incentrata su azioni molto pratiche (soprattutto in quanto queste persone hanno difficoltà di astrazione) ed enfatizzando rischi e pericoli dell’attività lavorativa con l’ausilio di personale specializzato (da questo punto di vista è fondamentale il supporto professionale della figlia Laurea, psicologa. Entrambi i figli, Lorenzo e Laura sono coinvolti nel progetto, ci confessa con orgoglio di padre che ben comprendiamo).
Di fatto è un percorso formativo con immagini esplicative e testi di facile lettura mutuati dal lavoro già impostato dall’Anffas e declinato in modo specifico, sia per la salute e sicurezza sul lavoro, sia per la sicurezza alimentare.

- Sei consapevole che è un’attività bellissima quella che portate avanti, ma che è anche un impegno gravoso e privo di lucro…

(sorride) Mi rendo conto che spesso certe attività non vengono portate avanti anche per mancanza di ritorno economico. Ma per noi è qualcosa che ha valore in sé: le nostre soddisfazioni lavorative le abbiamo avute e pensiamo sia giusto dedicarci, utilizzando specifiche competenze personali, a qualche lavoro socialmente utile, se così si può dire. E devo dire che a 60 anni le soddisfazioni che ho avuto in questo percorso con queste persone sono qualcosa che apre il cuore.

La prima ad esempio me la ricorderò sempre: qualche anno fa andai a fare una docenza in una scuola superiore. Tra i ragazzi c’era una persona svantaggiata, affiancata da un docente di sostegno. Alla fine proposi il test di fine corso, prima di conferire gli attestati...l’insegnante di sostegno mi disse che la ragazza non si sentiva di affrontare il test. Ma, in aggiunta, mi spiegò che la ragazzina aveva elaborato disegni e annotazioni su tutto quello che avevo detto. Mi commossi e ancora oggi tengo quel lavoro sul sito (link), anche per ricordarmi quando profonda sia la soddisfazione che si può ottenere.

In ogni ambito, se sei capace di insegnare le cose che servono in concreto e in un modo realmente adattato alle specifiche esigenze, le persone dimostrano il loro orgoglio di aver appreso; e a maggior ragione questo avviene per persone con problemi di apprendimento. L’aspetto più importante e che non ha prezzo è la soddisfazione personale e umana.

- Uno slogan che ti caratterizza?

La passione è quello che fa andare avanti, sempre. Se riesci a trasmettere la passione che hai alle persone, anche la formazione cambia totalmente.

- Come hai cominciato ad occuparti di salute e sicurezza sul lavoro?

Quasi per caso. Ero capo del personale di una importante azienda quando nel 1994 venne emanato il D.Lgs. 626. Non si sapeva bene come gestire la cosa e fui uno dei primi a diventare RSPP nella zona di Brescia. Poi gli aspetti mi hanno appassionato (il concetto di passione ritorna); e poi il valore della vita umana è un aspetto pregnante del lavoro (“con meno burocrazia e più praticità” come ricorda, citando le parole tanto care al Presidente AiFOS Rocco Vitale).

- Sogni nel cassetto?

Che si arrivasse a intendere il valore della sicurezza come i ragazzi mi ricordano, vale a dire con il loro modo di essere contenti di aver imparato.

 

 

Per info www.tycheconsult.it.

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