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Una rubrica di approfondimento per conoscere il punto di vista di chi la formazione la fa (e la vive) ogni giorno. A cura di Marco Michelli
Sonia è una libera professionista, psicologa e psicoterapeuta ad indirizzo psicodinamico e psicosomatico. Parallelamente svolge anche il lavoro di formatrice, sia in ambito aziendale che sanitario, erogando percorsi dedicati a differenti tematiche fra le quali la gestione delle emergenze, l’importanza della comunicazione interpersonale e lo sviluppo delle capacità di leadership. Tra i tanti riconoscimenti, è anche docente di psicosomatica in una scuola di Counseling integrato sita nella provincia di Bergamo.
Con il suo apporto AiFOS sta progettando dei corsi di formazione sperimentali rivolti a formatori, aziende ed RSPP, mirati ad approfondire temi quali la prevenzione delle malattie psicosomatiche in azienda e la gestione efficace dello stress. Per lei, che si è formata presso la Scuola di Psicoterapia dell'Istituto Aneb secondo il modello dell’ecobiopsicologia, occuparsi dell’uomo e del suo comportamento anche nell'ambito della salute e della sicurezza diventa un'opportunità. La proposta di Sonia è infatti quella di applicare il modello ecobiopsicologico anche alla sicurezza sul lavoro perché gli aspetti psicologici, biologici e sociali condizionano le performance lavorative e c’è un bisogno crescente di mettere sempre più a fuoco la persona e il suo comportamento, oltre che di aprire nuove opzioni alla formazione. Del resto ‘aprire porte’ è in qualche modo il suo lavoro.
- Malattie psicosomatiche in azienda e come gestire lo stress: con AiFOS state preparando dei corsi per formatori ed RSPP. Puoi dirci qualcosa?
Nell’ambito dei corsi di formazione, con l’Associazione già da molto tempo porto in aula gli aspetti legati alla sicurezza comportamentale. Questo perché i dati statistici evidenziano come si verifica, sempre con maggiore frequenza, che gli infortuni avvengano in condizioni considerate sicure. Questo significa che, come lavoratori, mettiamo in atto quotidianamente, più o meno consapevolmente, comportamenti a rischio. Ecco allora che, pur rimanendo indispensabile la formazione di carattere tecnico, finalizzata alla diffusione di procedure piuttosto che al corretto utilizzo dei dpi, c’è bisogno di prestare maggior attenzione all’uomo e al suo comportamento o stato mentale e fisico che, chiaramente, incide sull’attività lavorativa.
Questo approccio, nel tempo, sta dando i suoi risultati: nel monitoraggio del progetto sperimentale attivato per la valutazione dell’efficacia formativa, ad esempio, stiamo riscontrando quanto sia importante enfatizzare gli aspetti umani che possono condizionare le performance lavorative. Penso ad esempio a quanto lo stress o le emozioni di rabbia possano essere fonte di distrazione; o, ancora, a come possa essere fatale la sottostima del rischio da parte di chi lavora in quota da molto tempo, divenendo così “assuefatto” ai pericoli con i quali impatta quotidianamente. Insomma, stiamo impostando il lavoro sulla psicosomatica perché, già con la trasmissione ai corsi dei primi rudimenti, abbiamo notato che c’è grande attenzione a questi argomenti e, soprattutto, che la gente è curiosa di scoprire come funziona la mente, oltre che a sapere quanto può incidere il proprio benessere fisico e mentale sulle prestazioni e viceversa. Ecco spiegato perchè proviamo a sperimentare dei corsi legati allo stress, ponendo attenzione anche alla componente psicosomatica.
- Questo modo di procedere nasce dal tuo recente approccio al modello dell’ecobiopsicologia? Ci spieghi in cosa consiste?
La filosofia ecobiopsicologica mira allo studio della complessità del rapporto Uomo-Natura.
L'impostazione ecobiopsicologica, legando fra loro l'ambiente, il corpo dell'uomo e le sue manifestazioni psicologiche in un quadro unitario, comincia a dare epistemologicamente una risposta non più astratta ai dilemmi dell'uomo attuale.
Questa la nozione; di fatto, tale filosofia riunisce tre concetti:
- Eco, inteso come l’ambiente e le relazioni, ovvero il contesto;
- Bio, vale a dire la componente corporea;
- Psicologia: la parte psichica.
Dunque, lo studio di tutti i punti di vista della complessità umana.
Il modello è indubbiamente articolato: tornando al lavoro con AiFOS, non puntiamo certo a fare psicoterapia ma, consapevoli delle indicazioni del modello, ci proponiamo di impostare una riflessione su come ‘pensare la sicurezza’, anche prestando attenzione ai disturbi di carattere psicosomatico. Senza dimenticare che, se si facessero indagini statistiche specifiche, non è escluso che si potrebbe rilevare che ogni azienda è caratterizzata da patologie ricorrenti.
Insomma, l’idea è lavorare alla gestione dello stress, tenendo in considerazione il possibile sviluppo di manifestazioni psicosomatiche, dovuta anche ad un ambiente di lavoro non idoneo. Sensibilizzare a fare formazione in questo ambito è il nostro obiettivo: perché troppe volte il problema non viene fuori o non viene colto dall’ambiente in cui si lavora, dando vita a manifestazioni / reazioni corporee e psicosomatiche che incidono su lavoro e sulla propria e altrui sicurezza.
- Cosa ti aspetti da questo tipo di formazione?
Non mi attendo certo che le aziende possano diventare esperte di psicosomatica. Però, mi aspetto di suscitare interesse. Questo significa aprire porte nuove e dunque differenti ambiti da esplorare che permettano di innescare riflessioni sul tema oltre a nuove prospettive di far formazione.
Questo perché, a mio avviso, la conoscenza permette di fare prevenzione e di essere consapevoli anche dell'importanza dei sintomi psicofisici che troppo spesso sono presenti ma trascurati sul luogo di lavoro.
- Come hai cominciato a lavorare in questo settore?
Nasco come psicologa del lavoro. In seguito, mi sono occupata di ricerca e successivamente ho lavorato per un ente bilaterale che svolgeva anche attività attinenti alla sicurezza. Diciamo che mi sono sempre interessata di formazione alla sicurezza (con un taglio rivolto alla comunicazione, non certo sulle parti tecniche, precisa) e su questa, nel corso degli anni, ho fondato sempre più la mia esperienza lavorativa.
- Uno slogan che ti caratterizza?
Più che uno slogan, un'immagine. Mi ha sempre affascinato la metafora della crisalide, che prima era bruco e poi diventa farfalla. Mi piace l’aspetto evolutivo di questa successione: perché finchè sei bruco non hai ancora chiaro cosa e dove arriverai ma, ciononostante, avverti la necessità di spingerti oltre. Richiama il concetto dei mutamenti che tutti attraversiamo nella vita e del guardare al di là. Peraltro, la trasformazione richiede sempre anche un sacrificio, fermo restando che, alla fine, si possa sempre riuscire a sognare di diventare farfalle.
- Sogni nel cassetto in materia di sicurezza?
Creare un collegamento che unisca le mie due anime, di formazione e psicoterapia. Mi piacerebbe che entrambe diventassero sempre più sinergiche tra loro, aprendo sempre più ad un ambito comportamentale - psicosomatico finalizzato al cambiamento del comportamento delle persone: questo al fine di poter sempre più affinare la materia, come ho detto, creando nuovi filoni di formazione specifici e mirati.
Questo significa aprire sempre più nuove strade, metaforicamente nuove porte. Che è poi anche un po’ il mio mestiere, anche se bisogna prima trovare la giusta chiave.
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AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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