/ News / Approfondimenti / Interventi e commenti
Intervista ad Alessandra Venieri, Lead Auditor di parte terza in materia di Qualità, Ambiente e Sicurezza sul Lavoro
L’emergenza sanitaria e la conseguente necessità di prevenzione dal contagio ha richiesto la riduzione delle trasferte e dei contatti personali, coinvolgendo anche le attività di audit di qualsiasi genere: interni, di certificazione, su fornitori, da parte di Clienti, commissionati da Organismi di Vigilanza,…
Questa necessità ha generato un profondo cambiamento nel modo di lavorare degli auditor, che non essendo “sul campo” hanno dovuto riorganizzare le procedure operative e approcciare il tema diversamente. La domanda a cui vogliamo rispondere di seguito è se questo cambiamento costituisca una svolta all’approccio, in ottica di lungo periodo o se sarebbe auspicabile il ritorno alle ‘vecchie’ modalità.
Parliamo di questo con Alessandra Venieri, Lead Auditor di parte terza in materia di Qualità, Ambiente e Sicurezza sul Lavoro, che sta sperimentando il nuovo modo di procedere ormai da diversi mesi.
Mi sono chiesta come sarebbe stato possibile. Uno dei pilastri dell’audit è che ‘si può verificare solo quello che si vede’, modo colloquiale di trasporre il principio dell’approccio basato sull’evidenza: in remoto, quindi, come poteva essere rispettato questo ‘pilastro’ metodologico?
Ho poi capito, approcciando questa nuova modalità, che è possibile erogare l’attività, anche efficacemente, considerando il supporto che può dare la tecnologia e facendo molta attenzione alle nuove dinamiche, punti di forza e debolezze, che assume il processo. Sia gli auditor che le Organizzazioni hanno dovuto capire, provare, abituarsi a queste nuova modalità, come potrà confermare chiunque abbia dovuto erogare o ‘subire’ un audit.
Va anche detto che il processo di familiarizzazione sia appena iniziato, io penso che ci saranno diverse evoluzioni ulteriori, dettate dall’esperienza che avremo dopo quest’anno così difficile.
Esattamente come dici, la norma ISO 19011 nella sua recente revisione del 2018 aveva già precorso i tempi e dato indicazioni sulle modalità di effettuazione degli audit in remoto. Questo in tempi non sospetti e forse in ragione del fatto che all’estero ci fosse già una pulsione forte verso tale modalità di esecuzione. La 19011 delinea, in linea di massima, la gestione dell’audit in remoto, suddividendolo nelle parti dell’audit da svolgere interfacciandosi con un interlocutore o quali possono essere svolte in autonomia. Spieghiamo questo aspetto, ricordando che uno dei cambiamenti più rilevanti (anche per l’auditato) è legato al fatto che l’audit in remoto implichi che la documentazione da visionare sia ovviamente digitalizzata. E’ possibile, che un documento, una registrazione sia mostrata direttamente durante una video call o tramite invio di una foto, ma certamente ciò non è possibile per tutte le evidenze di sistema. Questo implica che la fase di pianificazione dell’audit debba anche includere la richiesta esplicita all’auditato di cosa ci si aspetta di poter visionare da remoto, ragionando con buonsenso, perché potrebbe essere molto oneroso per la controparte provvedere a digitalizzare quanto non lo sia. Pensate per esempio ad un registro di impianto, cartaceo, in cui gli operatori segnano manualmente i loro resoconti con cadenza giornalieri e per molteplici voci…
Dato quindi all’auditato l’elenco e il tempo necessario per organizzarsi, va anche pattuito(sempre in termini di pianificazione) se questi documenti saranno disponibili tramite cartella condivisa, via mail, … o come. Io personalmente preferisco avere la possibilità di visionare i documenti tramite una cartella condivisa e gestita dal Cliente, anzi chiedo esplicitamente che le autorizzazioni concesse a me siano esclusivamente di visualizzazione. Tali documenti sono sempre e restano proprietà del Cliente/auditato, la diffusione va ragionata, anche in termini di rispetto della normativa della privacy e della proprietà intellettuale.
Certo che l’audit da remoto può essere efficace, benchè in settori complessi, in ambiti produttivi articolati, l’osservazione delle aree e le interviste al personale assumono una difficoltà rilevante, se svolte esclusivamente in remoto. Dico questo alla luce delle attuali disponibilità tecnologiche che ho potuto sperimentare ovviamente. Certo che se fosse garantita un’ottima connessione per tutta la durata del sopralluogo ‘remotizzato’, ad esempio in video call (o pensate se usassimo un drone!), potremmo ragionare diversamente. Si conti poi che ci possono essere aree aziendali in cui il rischio presente non consente la video call (per esempio per potenziale rischio esplosione) o aree aziendali schermate volutamente o policy aziendali che non consentono riprese per ragioni di security.
Come consiglio primario direi quindi di:
Suggerirei anche di fare attenzione che l’aspetto empatico dell’audit può essere sminuito dalla distanza e quindi va curato: lasciamo quindi la videocamera accesa, facciamoci vedere e ‘accorciamo le distanze’. Sembrerà banale ma le pause caffè o il pranzo, in un audit in presenza, sono momenti di valore per costruire un rapporto con chi viene auditato e purtroppo l’audit in remoto permette meno di sdoganare la formalità dei rapporti a favore della costruzione di fiducia e scambio. Questi due elementi quindi vanno costruiti diversamente.
Se avete l’esigenza di parlare a qualcuno in separata sede, come capita generalmente per il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, chiedete che sia organizzata una mini call ad hoc.
La mia percezione è che le aziende non abbiano avuto problemi ad adattarsi, anche se anche hanno dovuto capire le nuove dinamiche. Ad esempio, dove c’è un solo referente aziendale per il sistema di gestione integrato può non essere semplice gestire un audit in remoto con più auditor o su più schemi. Quando la stessa persona è quella che deve rispondere alle domande e caricare la documentazione da integrare su una cartella condivisa, con un ‘fuoco’ incrociato di domande…ecco, la persona spesso è in difficoltà.
Occorre pazienza e comprensione, ma questo è un altro buon motivo per pianificare nei dettagli l’audit e identificare le esigenze documentali con chiarezza.
Credo, a dire il vero, che la difficoltà maggiori degli audit in remoto nel periodo COVID per le aziende sia dovuto alla quota a parte di tempo che non hanno potuto dedicare pienamente al sistema per chiusura forzata oppure per cassa integrazione del personale. Ragione quindi del tutto esterna all’audit in remoto in sé per sé.
Io sono per l’approccio darwiniano (ride). Credo fortemente nell’evoluzione della specie e quindi anche dell’audit! Sinceramente penso che a tendere si andrà verso percorsi misti fatti di una parte di audit in remoto e di un’altra in presenza, affinando i ragionamenti in ottica di ‘risk-based thinking, in fase di pianificazione o programmazione dell’audit e anche di erogazione.
Faccio qualche esempio: se stiamo parlando di un audit in materia di Qualità, su una società di software è fortemente possibile, a mio parere, che si continui a fare l’audit completamente in remoto, perché la natura stessa dello standard da auditare, unito al settore, lo renderebbero assolutamente efficace. Se invece ragioniamo in termini di prima certificazione ISO 45001 di un’industria manifatturiera, tipo un impianto chimico, io credo che sarebbe appropriato almeno un approccio misto.
Un altro buon motivo per ragionare fattivamente in termini di audit in remoto, quando plausibile, dicevamo, è l’aspetto economico. Pensate agli audit di durata considerevole, magari quattro o cinque giornate da effettuare da un auditor in trasferta. Nulla osta che si pensi ad effettuare in campo, soltanto una parte, lasciando che, per esempio, quanto concerne la lettura documentale sia fatta in remoto dall’auditor ed in anticipo rispetto alla parte ‘in campo’. Le giornate in presenza si potrebbero ridurre a due con il relativo risparmio economico derivante.
Si aggiungerebbe anche un aumento del confort dell’auditor nello svolgere il proprio mestiere…ma io sono di parte, lo so!
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
25123 Brescia, c/o CSMT Università degli Studi di Brescia - Via Branze, 45
Tel 030.6595031 - Fax 030.6595040 | C.F. 97341160154 - P. Iva 03042120984
Privacy - Cookies Policy - Gestione segnalazioni-whistleblowing
Il sito utilizza cookie tecnici, ci preme tuttavia informarti che, dietro tuo esplicito consenso espresso attraverso cliccando sul pulsante "Accetto", potranno essere installati cookie analitici o cookie collegati a plugin di terze parti che potrebbero essere attivi sul sito.