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Cantieri aperti o cantieri chiusi? Un approfondimento a cura di Stefano Farina, Consigliere Nazionale AiFOS
In questi giorni sono numerosi i provvedimenti normativi, le ordinanze, i protocolli applicativi, le linee guida e le prese di posizione, che si stanno succedendo sia a livello nazionale che locale. Visti anche i numerosi quesiti che mi stanno arrivando, con questa nota provo a fare il punto sulla situazione e sugli obblighi in materia.
Il punto di partenza è quello che il rischio di contagio da COVID19 non è un rischio specifico del cantiere, ma un rischio dovuto ad una situazione sanitaria a livello globale, questo vuol dire che, a parte settori specifici legati alla sanità, ad essa collegati o ambiti specifici, la valutazione del rischio non viene fatta direttamente dal datore di lavoro, dal responsabile del servizio di protezione aziendale, dal medico competente o da altri soggetti quali i committenti, i direttori dei lavori od i coordinatori della sicurezza, ma emerge dalla valutazione fatta dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che ha dichiarato lo stato di Pandemia e dai governi centrali delle singole nazioni.
Ovvero: il rischio di contagio è presente in tutte le attività e di questo è necessario tenere conto nella predisposizione delle procedure da attuare durante l’attività lavorativa nel suo complesso e per ogni singola fase di lavoro nello specifico.
In particolare a livello nazionale è stato emanato il DPCM (Decreto del Presidente Consiglio dei Ministri) 08 marzo 2020 nel quale le attività produttive (tra le quali rientrano i cantieri) potevano rimanere aperte nel rispetto di specifiche condizioni sanitarie e di sicurezza. Tali aspetti, inizialmente previsti per determinate aree geografiche, sono stati estesi a tutto il territorio nazionale a seguito dell’emanazione del DPCM di data 09 marzo 2020.
Sono poi uscite ordinanze “locali” di sospensione integrale dei cantieri (vedasi ad esempio l’ordinanza della Provincia di Bolzano che dispone la chiusura dei cantieri in cui vengono svolti lavori non urgenti) o parziale (ad esempio quella della Provincia di Trento).
Partendo dal DPCM è stato poi siglato tra la Presidenza del Consiglio, le parti sindacali e quelle datoriali, un “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” nel quale vengono disciplinate le modalità di mantenimento delle condizioni di sicurezza al fine della riduzione del rischio contagio.
Dobbiamo considerare che tale Protocollo, certamente molto utile e fondamentale per gli scopi per il quale è stato emanato, è prevalentemente strutturato in base alle attività produttive industriali e presenta – a mio avviso - alcune limitazioni oggettive relativamente alla sua applicazione all’interno dei cantieri.
Rimandandovi alla lettura integrale del Documento (fai clic qui per scaricare), precisiamo che in questi giorni stanno uscendo numerose Linee Guida fatte da associazioni, ordini, collegi che comunque non possono non tenere conto del citato protocollo.
Cerchiamo allora di capire quali sono le procedure che devono essere adottate e quali i compiti dei professionisti legati alla vita del cantiere (Coordinatore sicurezza e Direttore dei Lavori in primis).
Questo passaggio risulta facilmente applicabile e controllabile.
Considerato che nel settore dell’edilizia la maggior parte dei lavoratori accede direttamente al cantiere senza passare per la sede aziendale, a mio avviso questo punto è da leggersi come modalità di ingresso in cantiere.
E già qui sorgono i primi problemi. Fermo restando che i controlli possono essere fatti (non vi è l’obbligo) e che li fa la singola azienda sui propri lavoratori, quale modalità di controllo possono esercitare il Coordinatore ed il Direttore dei Lavori? A mio avviso nessuno, a meno che l’obbligo non venga disciplinato mediante accordi tra le parti (Committente in primis).
I cantieri sono oggetto di continuo accesso di fornitori e tra gli aspetti del Protocollo evidenziamo i seguenti:
E questo risulta fattibile e rientra anche nell’ambito di Coordinatore e Direttore dei Lavori.
Ed anche questo risulta fattibile e rientra anche nell’ambito di Coordinatore e Direttore dei Lavori.
Qui rientriamo nell’ambito del CSE, ma consideriamo che non in tutti i cantieri risulta possibile individuare/installare servizi igienici dedicati e pertanto in tali situazioni il cantiere deve essere precluso all’accesso a fornitori/trasportatori e/o altro personale esterno.
Aspetti prettamente di competenza dell’impresa che però possono venire rilevati e “contestati” dal CSE che rileva eventuali “violazioni” all’interno dell’area di cantiere.
Se all’interno di un’azienda la pulizia e sanificazione può essere fatta con limitati problemi, all’interno dei cantieri tali aspetti diventano abbastanza difficoltosi, ricordiamo che il protocollo prevede che
Ovvero se riportato in ambito cantiere: sanificazione di uffici, baraccamenti di deposito attrezzature/materiali, spogliatoi, postazioni di lavoro (a solo titolo di esempio percorsi sui ponteggi, cabine macchine operatrici, cestelli PLE, parapetti, scale portatili, ecc. ecc.). Ritengo sia un’operazione molto difficile se non impossibile da attuare.
Consideriamo cosa vuol dire sanificare joystick, pulsantiere, interruttori quadri elettrici, ecc.
Quello appena esposto è a mio avviso è il punto più difficile da applicare e che diventa una “palese violazione del DPCM” qualora non venga fatto.
Il problema si pone su quale azienda all’interno del cantiere deve mettere a disposizione i mezzi detergenti: una per tutti od ognuno per i propri. E su questo il ruolo del CSE è quello di verificare che l’azienda/e abbia messo a disposizione quanto previsto ed eventualmente, in accordo con il Committente stabile chi, fa, cosa. Ovvero chi mette a disposizione i detergenti (ricordiamo che generalmente per i piccoli/medi cantieri i wc/spogliatoi, sono comuni tra le aziende).
Riportiamo solo il punto a nostro avviso più vincolante per il cantiere:
Ovvero per tutte le lavorazioni sarà necessario che l’impresa indichi al CSE quali non permettono di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro, fornisca i relativi DPI, istruisca i lavoratori al loro utilizzo, sostituzione, smaltimento, controlli tramite i preposti l’applicazione di quanto previsto.
Al CSE pure il compito di verificare la compatibilità delle lavorazioni interferenti (ovvero di quelle eseguite da operai di ditte differenti a distanza inferiore ad un metro, anche in relazione ai percorsi di accesso alle singole aree/posizioni di lavoro), e redigere le relative procedure e indicazioni (vedasi anche le faq del Governo che andrò ad illustrare tra poco).
Qualora tali spazi siano presenti in cantiere (e lo spogliatoio generalmente c’è) sono necessari specifici adempimenti (es. ventilazione continua dei locali)
Tutte le volte in cui il Coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva rileverà un mancato rispetto degli adempimenti, se si tratta di un pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, sospende la singola lavorazione fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. art. 92, comma 1, lettera f). Se invece si tratta di mancato rispetto delle procedure (esempio mancata sanificazione, mancata messa a disposizione di detergenti, dovrà contestarlo all’impresa dando un tempo di adempimento entro il quale provvedere (vista la potenzialità del rischio contagio consiglio tempi non superiori a 1-2 ore) ed in difetto provvedere a segnalare al Committente l’inadempienza secondo quanto previsto dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. art. 92 comma 1, lettera e) affichè il Committente (od il responsabile dei lavori) prendano immediati provvedimenti nei confronti dell’impresa inadempiente (compresa l’immediata sospensione dei lavori).
Accennavo prima alle FAQ CORONAVIRUS pubblicate sul sito del Governo, all’interno delle quali vi è un’indicazione che a mio avviso risulta non condivisibile dal punto di vista normativo e difficilmente applicabile, in particolare nell’ambito dei cantieri pubblici. A solo titolo di informazione la riporto una parte della faq:
“Le imprese appaltatrici sono tenute ad adottare e ad applicare, ai fini della tutela della salute dei lavoratori, i necessari protocolli di sicurezza volti ad impedire la diffusione del contagio da Covid-19 tra i lavoratori, individuati in stretto raccordo con le autorità sanitarie locali; particolare attenzione dovrà essere prestata alle procedure anti contagio con riferimento alle attività di cantiere che si svolgono al chiuso. Laddove non fosse possibile rispettare, per la specificità delle lavorazioni, la distanza interpersonale di un metro, quale principale misura di contenimento della diffusione della malattia, le imprese appaltatrici sono tenute a mettere a disposizione dei lavoratori idonei strumenti di protezione individuale.
Al riguardo, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori provvede, ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ad integrare il Piano di sicurezza e di coordinamento e a redigere la relativa stima dei costi. Le stazioni appaltanti sono tenute a vigilare affinché siano adottate nei cantieri tutte le misure di sicurezza sopra indicate”.
In particolare se il CSE deve integrare il Piano e redigere la relativa stima dei costi (pensiamo solo allo sfasamento temporale/spaziale di alcune lavorazioni), vuol dire che si tratta di una modifica progettuale che deve per forza venire approvata mediante una variante tecnico-economica e di conseguenza, nelle more della stesura dell’aggiornamento ed approvazione della variante stessa, vi deve essere - da parte della Stazione Appaltante - una sospensione delle attività lavorative del cantiere.
Citavo prima Linee Guida, Comunicati da parte di Organizzazioni Sindacali, Datoriali, Ordini e Collegi. Ritengo che in questo momento sia importante che il Governo prenda atto delle problematiche relative ai cantieri e ne disponga la chiusura, fatto salvo quelli legati a situazioni di emergenza o quelli, dove a seguito di specifica valutazione, vi sia la possibilità di effettivo ed efficace contenimento del rischio di contagio.
Molte imprese lo hanno capito e, non riuscendo a garantire trasporti, pasti, sanificazione, si sono già mosse autonomamente per la chiusura dei propri cantieri.
Lungi da me voler colpevolizzare chi non ha chiuso, ma da quanto sento da molti colleghi coordinatori i problemi vi sono e sono notevoli. Non possiamo più rischiare: #iorestoacasa.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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