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02 dicembre 2019

Interventi e commenti

Cosa fare in caso di stabbing (aggressione con coltello)?

I paradossi nell’attentato a London Bridge e le riflessioni di Matteo Cozzani, Coordinatore del gruppo di progetto AiFOS “S4S” Security for Safety, esperto di security, RSPP, formatore e consulente per la sicurezza del lavoro

Cosa fare in caso di stabbing (aggressione con coltello)?

L’azione terroristica avvenuta a Londra lo scorso venerdì 29 novembre, oltre al dolore per le vittime innocenti ed alla costernazione per la gravità dell’evento, offre lo spunto per alcune considerazioni “tecniche” che riassumo prima di concentrarmi sul tema che mi sta più a cuore, la divulgazione di misure prevenzionistiche:

  • Il pericolo del terrorismo è sempre presente! anche se il rischio individuale resta basso da un punto di vista probabilistico, i danni sul tessuto sociale ed economico sono rilevanti e ciascuna vittima è socialmente inaccettabile.
  • Il fenomeno terroristico va riletto e si conferma la pericolosa ed imprevedibile declinazione nelle azoni dei cosiddetti “lupi solitari”
  • La recidività di Usman Khan non è solo l’ennesima prova dell’inefficacia dei percorsi di deradicalizzazione, ma piuttosto dimostra che la detenzione dei terroristi diventa un fattore di sicurezza per la popolazione e non sono applicabili i criteri repressivi e riabilitativi eventualmente validi per la criminalità comune ed organizzata; mi spiace particolarmente questa precisazione, pragmaticamente doverosa, perché il primo paradosso di questa vicenda sta nel fatto che proprio le 2 giovani vittime  erano collaboratori dell’ateneo di Cambridge, impegnati sul tema della riabilitazione dei detenuti.
  • Gli eventi londinesi dimostrano come la cittadinanza attiva e pronta ad intervenire (nel Regno Unito le autorità promuovono video ed attività informative specifiche) siano elementi di reazione e protezione fondamentale, efficaci per limitare i danni, come evidente in questo caso, dove l’azione terroristica è stata interrotta dai presenti prima dell’arrivo delle forze dell’ordine, fermando a 2 morti e 3 feriti gravi un bilancio senz’altro destinato a crescere. Non deve inoltre essere sottovalutato il positivo effetto che si ottiene nella pubblica percezione, perché la reazione dei cittadini depotenzia la narrazione islamista che vede il popolo occidentale composto da prede deboli ed inermi.

Ciò premesso, ecco una riflessione sullo scenario italiano ed alcuni consigli pratici.

Tecnicamente, l’operatore che interviene nell’immediatezza di una emergenza viene definito “first responder” ma si sta diffondendo anche nel nostro paese l’idea che una cittadinanza evoluta costituisca un primo efficace baluardo per fronteggiare le situazioni di emergenza; concetto ampiamente condiviso negli aspetti sanitari e più controverso rispetto al tema dell’aggressione, mi trova ampiamente concorde in ogni caso, perché il fattore tempo è l’elemento dirimente in ogni emergenza e la tempestività non può essere garantita capillarmente solo da operatori qualificati. Questo comportamento proattivo è intimamente collegato al background culturale ed al senso civico di un popolo; l’attitudine all’intervento individuale e coordinato è più radicata nelle culture influenzate da un approccio imperialistico – militare, mentre gli italiani, capaci di distinguersi nella solidarietà e nel soccorso (come ad es. nella protezione civile) sono meno propensi a configurarsi come parte attiva nelle questioni di ordine pubblico.

Questa breve digressione pseudo-sociologica mi aiuta ad introdurre un concetto fondamentale; la risposta immediata ad una aggressione necessita di uno specifico “mindset”, che non può essere improvvisato!

Non c’è tecnica e non c’è sistema che possano fare a meno di una capacità individuale e collettiva di allerta, di consapevolezza e di reazione, per fronteggiare un attacco; se un’emergenza non è contemplata e non è neppure prevista una risposta, la reazione più probabile sarà il panico.

Nell’episodio al London Bridge troviamo nella persona di  James Ford il secondo caso paradossale ed emblematico, un assassino in libertà vigilata, condannato all’ergastolo per aver ucciso a coltellate una ragazza disabile, il quale si è trovato a difendere proprio una donna dal coltello del terrorista Usman Khan; al netto delle attitudini personali, non è casuale che la prontezza di reazione sia arrivata proprio da un soggetto che il regime carcerario ha condotto a mantenere adeguati livelli di allerta ed appropriarsi capacità di reazione per sopravvivere.

In questo triste venerdì della capitale inglese la reazione dei cittadini ha funzionato grazie a molti elementi; in primis la consapevolezza di essere in un città minacciata da simili episodi, il che consente una veloce interpretazione di cosa sta succedendo; poi il gioco di squadra dei presenti ed infine la capacità di intervento rapido delle forze dell’ordine, tipica delle grandi capitali (a Parigi ci sono le unità “VIGIPIRATE” – acronimo di VIGIlance et Protection des Installations contre les Risques d'Attentat Terroriste à l'Explosif, vigilanza e protezione degli obiettivi sensibili contro il rischio di attentati terroristici; in Italia, a Milano, Roma ed altre 18 città sensibili, abbiamo le U.O.P.I. Unità Operative di Primo Intervento) ma non sempre possiamo contare sull’assistenza in pochi minuti, specialmente nelle periferie che non sono certo immuni dalla minaccia!

Ricordiamo a proposito il caso di Adam Kabobo che nel 2013 uccise tre passanti a colpi di piccone nel quartiere Niguarda di Milano, dove l’intervento arrivò ad un’ora e mezza dall’inizio dell’azione; Ho elementi per sperare che oggi la risposta di intervento sia ben più celere, ma resta comunque l’asimmetria rispetto alla rapidità dell’azione criminale.

Le capacità di cosiddetta “consapevolezza situazionale” e di mantenimento di un adeguato livello di allerta non nevrotico nonché la conoscenza delle proprie reazioni fisiologiche sotto stress, sono le basi che solo un percorso di preparazione all’autodifesa possono dare, ma, stanti i presupposti, fornisco comunque alcune regole fondamentali per reagire e proteggersi in caso di attacco con coltello:

  1. Non appena abbiamo anche solo il sospetto che sia in corso un attacco, individuare un percorso di fuga sicuro e predisporsi per scappare.
  2. Realizzato che il pericolo è effettivo, scappare alla massima velocità possibile, lasciando cadere eventuali oggetti che appesantiscono o rallentano la corsa
  3. Prima della chiamata di emergenza bisogna sottrarsi alla minaccia; si può chiedere aiuto una volta raggiunto un luogo sicuro, possibilmente inaccessibile dall’assalitore
  4. Non cercare di disarmare l’aggressore a mani nude!!! mai farsi influenzare dalla finzione cinematografica! l’arma da taglio ferisce sia nell’affondo che nel ritrarsi ed è praticamente impossibile avere la meglio, alla breve distanza, anche per un soggetto con arma da fuoco non estratta; inoltre si tenga conto che la prima ferita sarà il probabile inizio della totale disfatta.
  5. Si può tentare una reazione solo in casi disperati e disponendo di un qualsiasi oggetto che abbia un’alta capacità lesiva, meglio se consente di colpire a distanza (l’estintore utilizzato a Londra è un esempio quasi perfetto); la vostra arma impropria potrà essere usata contro la testa dell’aggressore, solo se davvero invalidante, altrimenti meglio tentare di usare l’oggetto disponibile (ad esempio una borsa) per disarmare l’attentatore colpendo la lama del coltello
  6. Mai sottovalutare la forza e i riflessi dell’assalitore, a prescindere dalla corporatura; è un soggetto che ha perso ogni freno inibitore e potrebbe essere sotto l’effetto di stupefacenti 
  7. Nel caso sia impossibile sottrarsi all’aggressione, per aumentare le probabilità di sopravvivenza, proteggere gli organi vitali portando la mano destra alla gola e coprendo il fegato con il gomito mentre l’altro braccio si chiuderà sulla testa concorrendo a coprire il collo; i palmi delle mani dovranno essere rivolti all’interno in modo che gli avambracci espongano l’ossatura e le vene ed arterie restino protette; la postura, nel ricevere i colpi, dovrà restare contratta, rannicchiata, ma attenzione a non finire a terra.
  8. In caso di emorragia massiva, propria o di altre vittime, cercare immediatamente di arrestare il flusso con la massima compressione a monte della ferita, ad esempio con una cintura o i lacci delle scarpe; comunque tenere premuto sul punto ferito.

Ripassare mentalmente e condividere queste regole potrebbe fare la differenza nel frangente e non facciamoci condizionare culturalmente, così come troviamo saggio e meritevole essere preparati a diversi tipi di emergenza, non dobbiamo invece considerare l’attacco terroristico come un tabù.

Per il resto, valgono le stesse regole per un’esistenza serena e consapevole, viviamo con il cuore e gli occhi ben aperti.

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