/ News / Approfondimenti / Cosa fare in caso di stabbing (aggressione con coltello)?
I paradossi nell’attentato a London Bridge e le riflessioni di Matteo Cozzani, Coordinatore del gruppo di progetto AiFOS “S4S” Security for Safety, esperto di security, RSPP, formatore e consulente per la sicurezza del lavoro
L’azione terroristica avvenuta a Londra lo scorso venerdì 29 novembre, oltre al dolore per le vittime innocenti ed alla costernazione per la gravità dell’evento, offre lo spunto per alcune considerazioni “tecniche” che riassumo prima di concentrarmi sul tema che mi sta più a cuore, la divulgazione di misure prevenzionistiche:
Ciò premesso, ecco una riflessione sullo scenario italiano ed alcuni consigli pratici.
Tecnicamente, l’operatore che interviene nell’immediatezza di una emergenza viene definito “first responder” ma si sta diffondendo anche nel nostro paese l’idea che una cittadinanza evoluta costituisca un primo efficace baluardo per fronteggiare le situazioni di emergenza; concetto ampiamente condiviso negli aspetti sanitari e più controverso rispetto al tema dell’aggressione, mi trova ampiamente concorde in ogni caso, perché il fattore tempo è l’elemento dirimente in ogni emergenza e la tempestività non può essere garantita capillarmente solo da operatori qualificati. Questo comportamento proattivo è intimamente collegato al background culturale ed al senso civico di un popolo; l’attitudine all’intervento individuale e coordinato è più radicata nelle culture influenzate da un approccio imperialistico – militare, mentre gli italiani, capaci di distinguersi nella solidarietà e nel soccorso (come ad es. nella protezione civile) sono meno propensi a configurarsi come parte attiva nelle questioni di ordine pubblico.
Questa breve digressione pseudo-sociologica mi aiuta ad introdurre un concetto fondamentale; la risposta immediata ad una aggressione necessita di uno specifico “mindset”, che non può essere improvvisato!
Non c’è tecnica e non c’è sistema che possano fare a meno di una capacità individuale e collettiva di allerta, di consapevolezza e di reazione, per fronteggiare un attacco; se un’emergenza non è contemplata e non è neppure prevista una risposta, la reazione più probabile sarà il panico.
Nell’episodio al London Bridge troviamo nella persona di James Ford il secondo caso paradossale ed emblematico, un assassino in libertà vigilata, condannato all’ergastolo per aver ucciso a coltellate una ragazza disabile, il quale si è trovato a difendere proprio una donna dal coltello del terrorista Usman Khan; al netto delle attitudini personali, non è casuale che la prontezza di reazione sia arrivata proprio da un soggetto che il regime carcerario ha condotto a mantenere adeguati livelli di allerta ed appropriarsi capacità di reazione per sopravvivere.
In questo triste venerdì della capitale inglese la reazione dei cittadini ha funzionato grazie a molti elementi; in primis la consapevolezza di essere in un città minacciata da simili episodi, il che consente una veloce interpretazione di cosa sta succedendo; poi il gioco di squadra dei presenti ed infine la capacità di intervento rapido delle forze dell’ordine, tipica delle grandi capitali (a Parigi ci sono le unità “VIGIPIRATE” – acronimo di VIGIlance et Protection des Installations contre les Risques d'Attentat Terroriste à l'Explosif, vigilanza e protezione degli obiettivi sensibili contro il rischio di attentati terroristici; in Italia, a Milano, Roma ed altre 18 città sensibili, abbiamo le U.O.P.I. Unità Operative di Primo Intervento) ma non sempre possiamo contare sull’assistenza in pochi minuti, specialmente nelle periferie che non sono certo immuni dalla minaccia!
Ricordiamo a proposito il caso di Adam Kabobo che nel 2013 uccise tre passanti a colpi di piccone nel quartiere Niguarda di Milano, dove l’intervento arrivò ad un’ora e mezza dall’inizio dell’azione; Ho elementi per sperare che oggi la risposta di intervento sia ben più celere, ma resta comunque l’asimmetria rispetto alla rapidità dell’azione criminale.
Le capacità di cosiddetta “consapevolezza situazionale” e di mantenimento di un adeguato livello di allerta non nevrotico nonché la conoscenza delle proprie reazioni fisiologiche sotto stress, sono le basi che solo un percorso di preparazione all’autodifesa possono dare, ma, stanti i presupposti, fornisco comunque alcune regole fondamentali per reagire e proteggersi in caso di attacco con coltello:
Ripassare mentalmente e condividere queste regole potrebbe fare la differenza nel frangente e non facciamoci condizionare culturalmente, così come troviamo saggio e meritevole essere preparati a diversi tipi di emergenza, non dobbiamo invece considerare l’attacco terroristico come un tabù.
Per il resto, valgono le stesse regole per un’esistenza serena e consapevole, viviamo con il cuore e gli occhi ben aperti.
Pubblicato il: 02/12/2019
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