27 ottobre 2021
Interventi e commenti
Documenti di cantiere & C.
Cinque domande all'avvocato Lorenzo Fantini sull'applicazione del Titolo IV del Testo Unico 81, in questa fase di esplosione di bonus e superbonus
In questo periodo di bonus e superbonus, ci è capitato spesso di ricevere domande attinenti l’applicazione del Titolo IV (Cantieri Temporanei o Mobili) del D.Lgs. 81/2008. Abbiamo pertanto chiesto all'avvocato Lorenzo Fantini il suo parere che, con la disponibilità e la competenza che lo contraddistingue, ci ha dato.
- DOMANDA
L’art. 89, comma 1, lettera e) definisce il Piano Operativo di Sicurezza (POS) come il “documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige”, mentre all’art. 96 troviamo indicato che “I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici (…) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1, lettera h)”. A questo punto l’impresa affidataria che non esegue alcun tipo di attività in cantiere (situazione che si potrebbe riscontrare in ambito privato), ha comunque l’obbligo di redazione del POS?
Lorenzo Fantini:
Sì, perchè lo prevede l'articolo 96, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 81/2008 che impone ai "datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici" di redigere il POS. Altro elemento giuridico a favore di questa risposta si rinviene all'articolo 101 del d.lgs. n. 81/2008 che, rispetto agli "obblighi di trasmissione", dispone, al comma 3, che: "Prima dell’inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all’impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l’esecuzione...". Chiaramente, dal punto di vista pratico, il POS dell'impresa solo affidataria e non esecutrice sarà predisposto sui soli elementi, tra quelli di cui all'Allegato XV del "testo unico" di salute e sicurezza sul lavoro che siano pertinenti rispetto alle attività in cantiere del personale dell'impresa affidataria (quindi, unicamente attività di controllo delle attività delle imprese esecutrici, come da articolo 97 del d.lgs. n. 81/2008).
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DOMANDA
Art. 136. Montaggio e smontaggio (di ponteggi fissi), al comma 6 troviamo indicato che “Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste”. È ammissibile che il ponteggio possa essere montato, smontato o trasformato dal preposto e da un singolo lavoratore?
Lorenzo Fantini:
No, perché la norma dice che il datore di lavoro assicura la diretta sorveglianza di un preposto sullo smontaggio ad opera di "lavoratori" (usando il plurale). Peraltro, anche le pertinenti linee guida INAIL (ex-ISPESL) prevedono che ci debbano essere almeno un preposto e almeno 2 lavoratori. Trattasi di una conclusione che potrebbe risultare forse eccessiva ma che preferisco in quanto cautelativa.
A supporto di questa interpretazione segnalo che la presenza di tre lavoratori (di cui uno preposto) è necessaria in caso di recupero del lavoratore in quota la cui procedura è obbligatoria essere definita in dettaglio dal datore di lavoro responsabile del ponteggio nella propria valutazione dei rischi. Il salvataggio di un lavoratore caduto avviene attraverso l'utilizzo di un kit di salvataggio in cui si utilizza il così detto "discensore" che non è altro che un morsetto con la frizione che viene attivato dall'operatore in quota che ha raggiunto il lavoratore caduto che è rimasto appeso e che fa scendere attraverso il discensore il lavoratore fino a terra (o alla quota in sicurezza più vicina) ove vi è un altro operatore. Questa è un'operazione impossibile da praticare con solo due persone.
- DOMANDA
L’impresa che realizza il ponteggio di facciata di un edifico, a tuo avviso, rientra nel novero delle imprese esecutrici di cui all’art. 89, e pertanto se mi trovo in una situazione con 1 impresa che effettua lavori di facciata (es. cappotto) ed 1 impresa che monta/smonta il ponteggio si configura la necessità di nomina del Coordinatore per la sicurezza (due o più imprese esecutrici)?
Lorenzo Fantini:
Il punto centrale, dal punto di vista giuridico, è capire cosa si intende per "impresa che esegue un’opera o parte di essa impegnando proprie risorse umane e materiali" (articolo 89, comma 1, lettera i-bis, che definisce l'impresa esecutrice) e inserire questo concetto nella logica delle disposizioni di prevenzione del Titolo IV, che è quella di evitare (o ridurre al minimo) i rischi derivanti da quelle che potremmo definire "interferenze rischiose" in cantiere (questo vale soprattutto per la disposizione di cui all'articolo 90, comma 3, del "testo unico", relativamente alla nomina del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione). A mio parere l'impresa che realizza il ponteggio di facciata "interferisce" con il cantiere e, quindi, al di là di un dato letterale che potrebbe deporre in senso differente, ha molto senso prevenzionistico che il PSC preveda il ponteggio di facciata e "comprenda" questa fase di attività. Quindi, l'impresa che realizza il ponteggio di facciata "fa somma" e comporta, in presenza di almeno altra impresa esecutrice, l'obbligo di nomina del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione.
- DOMANDA
Il controllo del PIMUS rientra nella sfera delle competenze in capo al Coordinatore in Fase Esecutiva (ad esempio equiparandolo al POS) oppure no?
Lorenzo Fantini:
A mio avviso sì, perchè tra i compiti del CSE c'è il controllo del POS e tra gli elementi essenziali del POS vi è "la documentazione in merito all’informazione ed alla formazione fornite ai lavoratori occupati in cantiere" (Allegato XV, 3.2.1, lettera l), d.lgs. n. 81/2008). Mi sembra difficile sostenere che il PIMUS non riguardi la formazione di soggetti operanti in cantiere e, quindi, non rientri tra gli elementi che il CSE debba considerare nell'esecuzione corretta e completa dei compiti di cui all'articolo 92 del d.lgs. n. 81/2008.
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DOMANDA
In caso di due o più “ditte individuali senza dipendenti” (ovvero lavoratori autonomi) che effettuano un lavoro in sinergia tra loro (es. montaggio strutture in legno della copertura di un edificio, oppure realizzazione intonachino su un cappotto di nuova realizzazione), ovvero attività che a tutti gli effetti non possono essere eseguite “in autonomia”, può essere ammesso il raggruppamento in forma di ATI (Associazione Temporanea di Imprese)?
Lorenzo Fantini:
La questione è controversa perché il d.lgs. n. 50/2016, che però si riferisce ai soli "appalti pubblici", sembra consentire anche una ATI tra soli lavoratori autonomi e/o tra ditte individuali. Tuttavia, ho trovato indirizzi in senso diverso (soprattutto a livello ispettivo). Ad esempio, riporto le considerazioni di una ASL (http://www.sup.usl12.toscana.it/modellicontenuti/1244.PDF).
È possibile costituire un Associazione Temporanea d’Impresa tra lavoratori autonomi? È una formula aggregativa di dubbia legittimità, in quanto prescinde da un’organizzazione d’impresa e quindi ognuno degli artigiani che la compone continua a conservare la propria completa autonomia gestionale. L’impresa artigiana che, fra le altre componenti della ATI, esercita una posizione di supremazia per aver stipulato il contratto di appalto con il committente, viene considerata datore di lavoro di fatto nei confronti delle altre imprese artigiane, e quindi per eseguire l’opera in modo regolare dovrà assumere gli altri artigiani con contratto a tempo determinato per la durata delle lavorazioni, oppure costituire con loro una società “classica”, quale ad esempio una società in nome collettivo.
Nello stesso senso sembra esprimersi la circolare n. 16/2012 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per quanto resa con particolare riguardo al personale ispettivo (cioè incentrata più su aspetti sanzionatori che interpretativi delle disposizioni). Personalmente sono d'accordo nel ritenere che una ATI di soli autonomi non corrisponda alla finalità della legge, che è quella di favorire l'aggregazione di realtà organizzate in forma di impresa (per rendere contrattualmente più forte l'aggregazione) e non di lavoratori sostanzialmente autonomi, come tali soggetti a una normativa di salute e sicurezza meno stringente di quella riservata alle aziende in senso prevenzionistico.