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Si presenta l’introduzione del contributo dal titolo “I costi della sicurezza sul lavoro: l’importanza di investire e dell’azione collettiva” scritto da Marco Michelli per il Quaderno della Sicurezza numero 4/2019
Il Quaderno della Sicurezza n.4 del 2019 - l'ultimo che verrà stampato prima della definitiva digitalizzazione della pubblicazione - è dedicato alla presentazione del Rapporto 2019 che AiFOS ha realizzato sull’applicazione del D.Lgs. n. 81/08 nei primi dieci anni elaborando le risposte fornite da quasi 2.500 persone che hanno risposto ad un apposito questionario rivolto direttamente ai principali soggetti che operano nel campo della sicurezza sul lavoro. Obiettivo è stato quello di approfondire non solamente quali siano i campi in cui bisogna adoperarsi maggiormente, ma anche per conoscere l’opinione di chi la materia la vive ed è chiamato a garantirla quotidianamente.
Il controbuto proposto da Marco Michelli evidenzia come i costi da sostenere per gli infortuni sul lavoro in Italia siano elevatissimi e corrispondano a circa il 3% del prodotto interno lordo annuale. Onere calcolato al netto delle malattie professionali, raddoppiate negli ultimi 5 anni (come si evince dai Rapporti annuali Inail), degli infortuni in itinere, e perfino del lavoro irregolare che, qualora presi in considerazione, porterebbero il costo complessivo ben oltre il 5% del PIL. Numeri eclatanti, peraltro oltremodo riduttivi ove si consideri che riguardano vite umane, che ricordano come il valore dell’investimento in salute e sicurezza sia qualcosa che va oltre il semplice obbligo normativo e concerne da una parte l’etica del lavoro e dall’altra la convenienza economica.
Ormai da un oltre decennio i dati Inail registrano che la "non-sicurezza" presenta costi elevatissimi, non solamente per le aziende ma per la nazione intera. Basti pensare che il valore totale dei soli infortuni sul lavoro è, in Italia, di oltre 45 miliardi di euro, una cifra eclatante, che può essere considerata pari al 3% del prodotto interno lordo (PIL). Peraltro, non bisogna dimenticare che questo costo è calcolato al netto delle malattie professionali, degli infortuni in itinere, e perfino del lavoro irregolare che, se tenuti in considerazione, porterebbero l’onere complessivo forse addirittura a raddoppiare.
Ma vi è di più. Come forse ben saprete, è stato infatti rilevato che di questo costo complessivo solamente un 40% è a carico del così detto "sistema paese", mentre il 60% di aggravio è sopportato dalla stessa impresa. Sono certamente numeri drammatici che, peraltro diventano spaventosi se elevati a livello internazionale, dove le stime indicano che le malattie professionali e gli infortuni sul lavoro costano all’Unione Europea più di 475 miliardi di euro ogni anno (e i soli tumori causati dall’attività lavorativa generano un aggravio pari a 119,5 miliardi di euro). Di fatto, se l’impresa non sicura presenta all’imprenditore costi salati, ciò va inquadrato non solo nell’onerosità di queste operazioni o nei i costi assicurativi e prevenzionali (ad esempio, l’implementazione dei sistemi di sicurezza o l’attività degli organi ispettivi), ma anche i costi definiti “indiretti”, come quelli che conseguono alla perdita di produzione (davvero non sapevate che il costo complessivo di una giornata lavorativa persa a seguito di un infortunio sul lavoro è superiore di 5,5 volte a quello della retribuzione lorda della medesima giornata lavorativa?)
“La non sicurezza spesso presenta il conto con un’unica parcella e con costi occulti che, alla lunga, distruggono l’impresa”: così è riportato nella ricerca europea “The return on prevention: calculating the costs and benefits of investments in occupational safety and health in companies”, realizzata dall’Issa e presentata in occasione del recente Convegno mondiale sulla sicurezza e la salute sul lavoro di Singapore.
Investire nella prevenzione
Sinora abbiamo parlato di costi. Tuttavia, si potrebbe trattare la questione analizzando esattamente il rovescio della medaglia e sottolineando l’importanza dei benefici generati dall’investire in salute e sicurezza sul lavoro (SSL). Forse non tutti ricordano che la ricerca dell’International Social Security Association di qualche tempo fa mise in luce come oltre al cosiddetto Roi, cioè il valore del ‘Ritorno degli Investimenti’ (Roi), esista anche il cosiddetto ‘Ritorno della Prevenzione’ (Rop), che permette di calcolare il rapporto tra i costi sostenuti da un’azienda in profilassi e prevenzione e i benefici economici quantificabili nel tempo. Ebbene, il beneficio che si ottiene lo ha quantificato Issa, che stima a livello globale un Return della Prevenzione medio pari a 2,2, vale a dire che per ogni euro investito in sicurezza si determina un beneficio quantificabile in 2,2 euro per l’azienda.
Sia chiaro questo numero, ormai utilizzato in ogni presentazione sul tema, non riguarda tutte le indicazioni di costo: infatti, il guadagno diventa ancora più sensibile in ambito di formazione, dove il Rop arriva a 4,5 euro medi per ogni euro speso, mentre i check-up sanitari raggiungono addirittura il Rop di 7,6 euro. Ecco allora che l’investimento in prevenzione, magari unito ad una maggiore partecipazione dei dipendenti che li renda maggiormente stimolati, può generare un miglioramento, sia in termini di immagine dell’azienda che in ambito di motivazione e soddisfazione dei dipendenti. Altri aspetti significativi, inoltre, riguardano la capacità di anticipare la manifestazione di eventuali problematiche (col relativo contenimento dei tempi improduttivi), nonché un’attenzione più sostenuta alla qualità dei prodotti, al loro miglioramento e alle innovazioni. “Minore disabilità, lavoratori più soddisfatti e, in ultima analisi, profitti più elevati” era una delle considerazioni espresse in uno studio della Upjohn Institute (Disability Prevention among Michigan Employers), che ha documentato come l’impegno nella promozione della sicurezza abbia notevoli risvolti economici ed è datato addirittura 1993!
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Questo significa che la SSL non è solo una questione di rispetto della legge ed è molto di più di un mero obbligo amministrativo: è semplicemente una parte fondamentale della buona gestione aziendale. Il che giustifica il forte interesse delle imprese ‘illuminate’ verso misure tese a rendere effettiva la prevenzione: come abbiamo visto, infatti, per l’impresa i costi della non sicurezza superano di gran lunga i costi degli investimenti in sicurezza.
Ecco allora che, soprattutto in tempi di crisi economica, la sicurezza conviene. Per renderla pienamente efficace ed efficiente, tuttavia, il più delle volte, l’elemento fondamentale è l’interazione tra le diverse figure professionali e la loro capacità di agire orientati verso l’unico proposito di ottenere un beneficio. Il valore di un’azione corale tra tutti gli attori della sicurezza, con l’ausilio di una formazione all’avanguardia, diventa ogni giorno di maggior rilievo perché può garantire un’azione (anche di prevenzione) precisa, mirata e coordinata. “Solo guardandosi intorno nel vostro luogo di lavoro, riflettendo sugli incidenti verificatisi in passato e parlando con i dipendenti e il personale coinvolto il ambito di SSL, vi farete un’idea di ciò che potrebbe essere pericoloso, o potrebbe fare ammalare le persone e che cosa si potrebbe migliorare”, come ha avuto modo di dichiarare Christa Sedlatschek, Direttore di Eu-Osha.
Quella riportata è solo l’introduzione del contributo dal titolo “I costi della sicurezza sul lavoro: l’importanza di investire e dell’azione collettiva” scritto da Marco Michelli che verrà pubblicato integralmente sul Quaderno della Sicurezza numero 4/2019.
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