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Un contributo di Marco Masi, Presidente del Comitato scientifico AiFOS
Come ho già avuto modo di evidenziare, il nuovo Codice è il terzo ma, in ordine cronologico, rappresenta in realtà la quarta grande riforma in materia di appalti pubblici, operata con la legge n.109 del 1994 (nota come "legge Merloni") che aveva introdotto rilevanti novità nella disciplina degli appalti di lavori pubblici, ridefinendo istituti e procedure, che risalivano, in certi casi, addirittura a prima dell’unità d’Italia, delineando un nuovo assetto dei compiti e delle responsabilità all'interno della pubblica amministrazione.
Ritengo che puntare decisamente verso la digitalizzazione è fondamentale per l’intero sistema e per il ciclo di vita dell’appalto, un vero e proprio “ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale”, come è stato definito, e composto da una serie di elementi:
Un richiamo, che ritengo importante sottolineare, è stato fatto al tema delle tutele, ed in particolare quelle sulla salute e sicurezza nel lavoro, sia quelle previste dal D.lgs 81/2008, che tramite il rinvio, così come sottolineato dal il Consiglio di Stato, alle clausole sociali, alla valorizzazione dei CCNL e alla lotta ai “contratti pirata”. La sfida sarà quella di come la pubblica amministrazione sarà in grado di “presidiare” e governare questo nuovo approccio ben sapendo che tale presidio non può che passare dal potenziamento dei sistemi informativi e dalla qualificazione dell’organico della stessa P.A.
Non a caso, nella Componente 1 “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella P.A.” troviamo due aree di intervento, ovvero la Digitalizzazione e l’Innovazione della pubblica amministrazione. Quest’ultima prevede, auspicabilmente, misure che interessano la valorizzazione del personale e della capacità amministrativa del settore pubblico e la semplificazione dell’attività amministrativa e dei procedimenti.
Riveste particolare importanza il richiamo a metodi e strumenti elettronici previsti dal nuovo Codice dei Contratti pubblici, ma estendibile anche nel settore privato, come il BIM (Building Information Modeling).
Già dal gennaio 2018, il decreto 560/2017 richiamava modalità e tempi di introduzione dell’obbligatorietà dei metodi e strumenti di modellazione per l’edilizia. Ma, a mio parere, sarà proprio la completa attuazione del nuovo Codice che segnerà il definitivo passaggio verso una progettazione integrata, imprimendo di fatto un’accelerazione al processo di digitalizzazione del settore delle costruzioni, riconoscendolo un fattore fondamentale per far fronte al radicale cambiamento che sta investendo il comparto e l’intera società.
Sono sicuro che, dopo il necessario “rodaggio”, il BIM permetterà di conferire valore aggiunto al progetto, sistematizzare le informazioni, ridurre i tempi di realizzazione e migliorare la gestione della manutenzione con previsione e controllo dei costi ma soprattutto consentirà di creare una vera e propria “saldatura” con la pianificazione della sicurezza nell’intero ciclo di vita di una struttura, così come prevede il Titolo IV del D.lgs. 81/2008.
Dall’indagine condotta da AiFOS nel 2013, dedicata alla figura del Coordinatore per la sicurezza, tra le maggiori difficoltà incontrate nella redazione dei documenti della sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, al primo posto viene indicato il fascicolo con le caratteristiche dell’opera, seguito dall’elaborato relativo ai costi per la sicurezza.
Il risultato dovrà essere pertanto un modello informativo completo che mette a sistema informazioni relative all’intero ciclo di vita del manufatto: dal progetto alla realizzazione, dalla manutenzione alla dismissione e tutto questo con particolare riferimento alla salute e sicurezza sia durante la fase di cantiere che nella fase di gestione post operam.
Comprendo bene i dubbi sollevati, in maniera garbata ed ironica, nell’editoriale "BIM bum BAM & BIT" di Stefano Farina, di cui ho sempre apprezzato l’impegno verso i temi sociali delle tutele sul lavoro, soprattutto nei cantieri. Il suo intervento offre un contributo lucido sulle possibili “derive” che un uso non corretto del BIM potrebbe generare, allontanando di fatto l’attenzione verso una pianificazione della sicurezza in cantiere “concreta ed efficace”.
Stefano, nel sottolineare che il BIM non è semplicemente “un modello 3D del progetto”, ma un insieme di informazioni condivise, in grado di archiviare informazioni in modo sistematico, pone in realtà l’attenzione sulla capacità effettiva di applicare quei principi e, soprattutto, di non cadere nel rischio che ancora una volta ci si soffermi di più sulla forma con bellissime “elaborazioni”, contenute in archivi informatici “iper-gestiti ed iper-interconnessi” come scrive con ironico distacco, ma che poco hanno a che vedere con la sicurezza del cantiere, dei lavoratori e del contesto in cui il cantiere sorgerà e si svilupperà.
La strada è tuttavia tracciata e tra i vantaggi del BIM, che prefiguro rispetto ai metodi tradizionali, segnalo:
La prevenzione infatti non deve essere più considerata come un fatto marginale e contingente, svicolato dalla progettazione, ma diventa una questione di programmazione e di pianificazione, di coinvolgimento e responsabilizzazione di tutti coloro che a qualsiasi titolo entrano nel processo produttivo (committenti, imprese, lavoratori, tecnici, professionisti, ecc.).
In questo contesto, aumentare le opportunità di una formazione qualificata e consolidare le competenze, con particolare riferimento al mondo delle professioni è, in questa fase critica dell'economia, più che mai indispensabile per creare le condizioni per un rilancio basato su innovazione e qualità ma nella piena garanzia del diritto alla salute e alla sicurezza.
Infatti, nonostante le molte attività messe in atto da organismi sociali e di categoria nonché dalle stesse Istituzioni, l’andamento degli infortuni nel comparto delle costruzioni evidenzia ancora livelli preoccupanti.
Voglio ricordare che uno degli aspetti principali che ha orientato la normativa è che “il 60% degli incidenti mortali in cantiere dipendono da cause determinate da scelte effettuate prima dell'inizio dei lavori”.
Quest’affermazione, sostenuta dalla Commissione europea che ha steso la “direttiva cantieri”, ha infranto la barriera dei luoghi comuni che ha fino ad oggi avvolto l'infortunio dell'operaio edile, vale a dire l'ineluttabilità dell'evento, l'impossibilità di progettare un luogo di lavoro sicuro, la forte componente "soggettiva” della responsabilità dell'infortunio, al contrario chiama in causa più direttamente, quale momento principale del "sistema" della sicurezza, l’organizzazione del lavoro, le varie figure, in primis i coordinatori per la sicurezza, che svolgono ruoli determinanti nella vita dei cantieri, il costo dell'opera e degli oneri per la sicurezza e la necessità di una pianificazione della sicurezza fin dalla fase della programmazione e progettazione dei lavori.
Il nuovo Codice dei contratti richiama con ancora più forza le indispensabili competenze nella gestione dei progetti e trasforma il RUP da Responsabile Unico del Procedimento a Responsabile Unico del Progetto, sulla scia di quanto già previsto dalle Linee guida n. 3 di ANAC, che prevedono che per i lavori particolarmente complessi, il RUP debba avere anche adeguata competenza quale Project Manager, acquisita attraverso la frequenza di specifici corsi di formazione in materia.
Corretta, a mio parere, la previsione dell’art. 31 del Codice dei contratti, sulla attività formativa obbligatoria per i dipendenti, con i requisiti idonei al conferimento dell’incarico di RUP.
Il Codice conferma che le fasi di progettazione, affidamento ed esecuzione di ogni singolo intervento vengano eseguite sotto la diretta responsabilità e vigilanza di un responsabile del progetto, nominato dalle amministrazioni aggiudicatrici, rispettando precisi criteri.
In un’ottica di contenimento della spesa pubblica, il responsabile del progetto dovrà provvedere a creare le condizioni affinché il processo realizzativo dell’intervento risulti condotto in modo unitario non soltanto con riferimento ai tempi ed ai costi preventivati, alla manutenzione programmata, alla sicurezza e alla salute dei lavoratori ma anche rispetto alla qualità richiesta durante tutto il ciclo di vita.
I prossimi anni richiederanno, a mio parere, grandi trasformazioni alla Pubblica Amministrazione: nuove modalità di organizzare il lavoro, la pressante spinta alla digitalizzazione e alla sostenibilità e la richiesta di innovarsi.
Inoltre, in considerazione della mole degli investimenti pubblici che interesserà in particolare il settore edile, di cui il PNRR ne rappresenta forse l’emblema, ritengo che un processo di adeguamento della normativa a quei criteri di sistematicità e di chiarezza, così come delineati dal nuovo Codice e che costituiscono sicuri presidi per una più trasparente ed efficiente organizzazione del mercato degli appalti pubblici in Italia, debba conseguentemente, e necessariamente, essere accompagnato dal potenziamento della formazione e delle competenze, soprattutto gestionali, di una nuova Amministrazione pubblica, per creare le condizioni di un rilancio basato su innovazione e qualità ma nella piena garanzia del diritto alla salute e alla sicurezza.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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