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Approfondimento a cura di Carlo Zamponi – Consigliere Nazionale AiFOS e Docente a contratto Università degli Studi di L’Aquila nell'ambito del Master abilitante per le funzioni di Medico Competente
Lo studio condotto da Carlo Zamponi, finalizzato alla redazione e gestione del Documento di valutazione del rischio chimico, vuole essere una sorta di linea guida per l’imprenditore che vuole condurre la propria azienda verso una gestione sistemica del Documento di Valutazione del Rischio Chimico.
Per quanti fossero interessati, si segnala che il contenuto dello studio è conforme al corso progettato sulle stesse argomentazioni ed organizzato da AiFOS. Il corso intende offrire un approfondimento sulla situazione normativa riguardante la gestione delle sostanze chimiche in ambiente di lavoro alla luce dell’entrata in vigore dei Regolamenti REACH (CE 1907/2006), CLP (CE 1272/2008) ed il Regolamento (UE) N. 830/2015 della Commissione del 28 maggio 2015 recante modifica del Regolamento (UE) 453/2010 e del Regolamento REACH (All.II) normative che impattano direttamente sulla valutazione del rischio chimico in azienda. La necessità di aggiornare il DVR agenti chimici pericolosi, cancerogeni e/o mutageni presenti o manipolati nei luoghi di lavoro deriva in gran parte dall'identificazione del pericolo attraverso le nuove informazioni sulle proprietà pericolose delle sostanze chimiche che discende dall'entrata in vigore dei Regolamenti sopra citati e che vengono essenzialmente veicolate attraverso la nuova Scheda Dati di Sicurezza (SDS). Nell’ambito del corso oltre ad illustrare i contenuti dei predetti Regolamenti Comunitari verrà presentato un percorso metodologico per la redazione / aggiornamento / gestione del DVR chimico in conformità al Titolo XI del Decreto Leg.vo 81/08, Capo I e Capo II.
Per avere maggiori informazioni sul corso FAI CLIC QUI.
Non vi è dubbio che uno dei pericoli presenti nei luoghi di lavoro di difficile gestione è rappresentato dalla presenza di sostanze chimiche. Un pericolo che non solo è spesso sottovalutato in molti settori, ma è soggetto a continue evoluzioni in rapporto alla nascita di nuovi prodotti e materiali come ad esempio le nanoparticelle o alle nuove scoperte sui danni che le sostanze possono provocare sulla salute e sull’ambiente.
Quindi, nulla di più sbagliato associare al rischio chimico unicamente la grande impresa che produce o manipola enormi quantità di sostanze chimiche in quanto, sono diverse le attività lavorative che espongono in modo diretto e/o indiretto i lavoratori alle stesse. L’EU – OSHA ha intitolato la campagna Europea 2018 - 2019 proprio al tema della “Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro in presenza di sostanze pericolose“; una ragione ci doveva pur essere.
Proprio partendo da queste piccole considerazioni cerchiamo di analizzare il problema.
Da un’indagine europea condotta qualche anno fa, si rileva che le sostanze pericolose sono presenti quasi nel 40% degli ambienti lavorativi determinando in tal modo un rischio per l’ambiente, per la salute e per la sicurezza dei lavoratori. Inoltre, un’indagine statistica[1] svolta nella banca dati INAIL, per il periodo 2005 – 2009 ha evidenziato che le denunce di malattie professionali da agenti chimici sono circa il 10% delle denunce totali pervenute all’INAIL e la maggior parte di tali denunce afferisce al settore industria e servizi. Analizzando le tipologie di malattie denunciate si scopre che:
Fig. 1: Denunce malattie professionali periodo 2005 – 2009: tipologie malattie professionali (Fonte INAIL)
Ricorrendo all’indagine statistica effettuata dagli stessi autori, ma questa volta su dati INAIL (periodo 2004 - 2010) per quanto riguarda gli infortuni derivanti dal contatto con sostanze chimiche, si evidenzia che le incidenze infortunistiche degli stessi sono date attraverso:
Fig. 2: Infortuni: modalità di contatto - modalità della lesione periodo 2004 – 2010 (Fonte INAIL)
Seppur i dati analizzati sopra indicati risalgono a qualche anno fa, il problema esiste ancora nonostante si susseguono le normative in materia di tutela dell’ambiente, della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, cresce la cultura preventiva, si progettano e si organizzano sistemi di lavorazione sempre più sicuri per l’uomo e per l’ambiente.
Per cercare di dare risposte concrete al problema, proviamo a tracciare un percorso metodologico che porti l’Azienda non solo a valutare il rischio ma soprattutto a tenerlo debitamente sotto controllo e quindi, a gestirlo.
Con l’espressione “valutazione del rischio” si intende l’identificazione del pericolo ottenuto dal complesso delle informazioni disponibili in Azienda mentre possiamo definire “rischio chimico”, l’insieme dei rischi connessi all’attività lavorativa svolta in ambienti in cui sono presenti o utilizzati, in modo diretto o indiretto, sostanze / miscele che per le loro proprietà e/o per le condizioni di impiego vengono classificate pericolose.
Se l’attività lavorativa non comporta l’utilizzo e all’interno dei locali aziendali non sono presenti sostanze / miscele il rischio è considerato nullo
Fig. 3: Pericolo non presente
Se diversamente, sul posto di lavoro sono contemporaneamente presenti due fattori:
diventa necessario procedere alla qualificazione ed alla quantizzazione del rischio attraverso le fasi sotto indicate le quali comprendono:
Fig. 4: Pericolo presente
Di seguito la schematizzazione del percorso valutativo
Fig. 5: Il percorso valutativo (rif. Decreto Leg.vo 81/2008)
La normativa Europea sulle sostanze chimiche sia quella relativa alla tutela dei lavoratori che quella per la tutela dell’ambiente, stabilisce una gerarchia di misure che i Datori di Lavoro devono intraprendere al fine di controllare il rischio rappresentato dalle sostanze.
Tale gerarchia può essere riassunta nel modo seguente:
Una sostanza / miscela può produrre su organismi viventi un effetto indesiderato (infortunio) o alterare (malattia prof.le) in modo significativo la funzione di organi ed apparati o di comprometterne la sopravvivenza.
Fig. 5: Possibili danni provocati da agenti chimici
Una sostanza / miscela può entrare nell’organismo umano attraverso:
Gli organi del sistema respiratorio (naso, gola, trachea, bronchi, polmoni) hanno una loro capacità di difesa nei confronti dell’introduzione degli agenti chimici, il cui assorbimento varia anche in relazione allo stato fisico in cui si trova la sostanza.
Fig. 6: Modalità di penetrazione nell’organismo da parte degli agenti chimici
Affinché un agente possa costituire un rischio per la salute o per la sicurezza è necessario che esso venga in contatto o comunque, interagisca con l’organismo quindi vi sia “esposizione”. Nel caso di agenti chimici, così come per gli agenti fisici e biologici, l’esposizione è definita come la “concentrazione dell’agente nello spazio all’interfaccia con le possibili vie di introduzione, riferita ad un periodo di 8 ore”.
Al fine di qualificare e quantizzare l’esposizione del lavoratore diventa necessario stabilire:
Definito quanto sopra indicato, al fine di limitare per quanto più possibile i danni a carico del lavoratore e quindi rendere accettabile il rischio lavorativo, dovranno essere individuate le attività preventive e protettive da porre in essere durante lo svolgimento delle mansioni lavorative con esposizione diretta e/o indiretta a sostanze chimiche considerando che le caratteristiche dei rischi dipenderanno anche:
Fig. 7: Le procedure preventive e protettive
Le procedure sia esse preventive che protettive potranno essere redatte solo se si conosce, per ogni sostanza / miscela in uso:
Le sostanze chimiche possono produrre danni a carico degli organismi viventi.
Tolti i casi di ipersuscettibilità individuale, se l’esposizione a sostanze chimiche è occasionale e la concentrazione delle stesse non supera determinati limiti definiti per ogni sostanza, l’organismo reagisce a questa sorta di intossicazione dapprima attraverso fenomeni di autoregolazione / compensazione. Esaurita questa fase, se le esposizioni si susseguono (cronica) o la concentrazione supera le soglie (acuta), l’organismo va incontro a intossicazione.
Riassumendo, quindi l’intossicazione si manifesta se:
La risposta dell’organismo (effetto tossico), dipende dal numero di molecole biologicamente attive che raggiungono gli organi critici.
Molteplici sono i fattori che influenzano la tossicità delle sostanze chimiche.
Vediamo quelli più importanti:
I sopra citati fenomeni di autoregolazione / compensazione attivati in prima battuta dall’organismo servono per allontanare le sostanze introdotte attraverso le principali vie di escrezione che risultano essere:
La relazione dose – risposta da parte dell’organismo ad un inquinante, come detto, dipende non soltanto dalla via di esposizione ma dalla quantità dell’inquinante alla quale l’organismo è sottoposto considerando che comunque cambiando il livello di esposizione ad una possibile causa si verifica un cambiamento nella frequenza dell’effetto (es: numero di sigarette fumate e rischio di cancro polmonare).
Quindi, al fine di mantenere inalterate le funzioni organiche, l’organismo umano risponde agli stimoli dapprima con sistemi di adattamento e poi con processi di compensazione. Esaurita la capacità di compenso, si va rapidamente incontro all’insufficienza funzionale.
Meglio adesso si comprendono i Valori Limite di Soglia (Threshold Limit Value - TLV) i quali sono definiti come il valore della concentrazione aerea dell’agente a cui corrisponde una introduzione tale da mantenere l’organismo nelle condizioni di adattamento o di compenso anche in caso di esposizioni ripetute per lungo tempo.
L’elenco dei valori limite di esposizione professionale ovvero le concentrazioni di inquinanti ammissibili nell’aria degli ambienti di lavoro e dei valori limite biologici presenti nei liquidi biologici dell’organismo relativi agli agenti chimici sono indicati, nel Decreto Leg.vo 81/2008 (art. 232) rispettivamente, negli allegati XXXVIII e XXXIX. Gli stessi vengono aggiornati in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione di normative specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici e contribuiscono a mantenere sotto controllo l’esposizione a sostanze pericolose sui luoghi di lavoro perché definiscono, allo stato attuale delle conoscenze, il valore massimo di concentrazione in aria di una sostanza affinché non vi sia un danno per la salute.
Mantenere la concentrazione degli inquinanti al di sotto dei valori limite di esposizione professionale tutela la salute della maggioranza dei lavoratori. Vi è da precisare che i limiti obbligatori per legge si basano sull’esposizione di soggetti adulti in buona salute e, di conseguenza, non sono applicabili ai casi che richiedono interventi specifici, come le donne in stato di gravidanza e i lavoratori ipersuscettibili.
Di seguito la definizione dei valori limite di esposizione:
Fig. 8: I valori limite di esposizione
Nei casi in cui non sia possibile pervenire alla “giustificazione” del rischio è opportuno provvedere alla misurazione dell’agente chimico.
La misurazione si rende “necessaria” anche quando vengono modificate le condizioni produttive e deve essere ripetuta periodicamente per controllare i livelli di esposizione dei lavoratori (verifica efficacia interventi preventivi e protettivi). Essa deve avvenire con metodiche standardizzate che devono essere espressamente indicate nel D. V. R.
La norma di carattere generale di riferimento per la misurazione degli inquinanti chimici nei luoghi di lavoro è la norma UNI - EN 689:2018 recepita in Italia lo scorso 12 luglio che ha come titolo “atmosfera nell'ambiente di lavoro – misura dell'esposizione per inalazione agli agenti chimici – strategia per la verifica della conformità con i valori limite di esposizione occupazionale”. L’aggiornamento arriva oltre 20 anni dopo la prima edizione e ne modifica i contenuti, definendo una nuova strategia per effettuare misure rappresentative dell’esposizione dei lavoratori agli agenti chimici per inalazione. Il nuovo approccio mira ad elevare il livello di affidabilità e di veridicità dei dati sperimentali. Tale norma prevede che si segua una precisa strategia di misurazione nella quale si identificano preventivamente:
e si stabiliscono quindi le misurazioni da effettuarsi in condizioni rappresentative e quelle da effettuarsi nelle condizioni limite o peggiori.
La procedura di misurazione deve fornire una rappresentazione fedele dell’esposizione con il minor numero di campionamenti possibile. Inoltre, in relazione alle modalità con cui avviene l’esposizione, la valutazione della stessa può essere determinata facendo ricorso a:
Il monitoraggio ambientale permette di verificare le condizioni nelle quali si trova il lavoratore mentre svolge la sua mansione e quindi di accertare i livelli di esposizione. Viene svolto in campagne di rilevazione sulla base delle mappe di rischio, ove sono stati individuati i punti ed i momenti nei quali fare il campionamento e le sostanze da andare a ricercare. La correttezza e accuratezza delle metodiche di campionamento è fondamentale per avere dei risultati significativi e credibili e sono il presupposto per le successive analisi chimiche dei campioni prelevati.
Accanto al monitoraggio ambientale, assume grande significato, dove possibile, il monitoraggio biologico, in quanto misura l’esposizione del singolo lavoratore. Lo stesso consiste nella misurazione di specifici indicatori biologici (in genere i metaboliti delle sostanze in uso) in campioni organici (sangue e urine in genere) prelevati nei momenti opportuni sul lavoratore (per esempio a fine turno lavorativo).
Il monitoraggio biologico costituisce uno strumento indiretto per conoscere l’entità dell'esposizione dei lavoratori alla specifica sostanza e deve essere considerato complementare a quello ambientale.
Il monitoraggio ambientale. Applicabilità generale e facilità di attuazione
Il monitoraggio personale. Misura diretta, massimo coinvolgimento del lavoratore
Il monitoraggio cutaneo
La dosimetria biologica misura della dose effettivamente assorbita, influenzata dalle abitudini di vita
Con l’emanazione dei Regolamento CE 1907/2006 (REACH), del Regolamento CE 1272/2008 (CLP) e del Regolamento UE 830/2015 il quadro normativo Europeo riguardante la gestione delle sostanze e delle miscele chimiche ha subito dei cambiamenti sostanziali che hanno impattato inevitabilmente anche nell’attività di redazione e gestione del documento di valutazione del rischio chimico (rif. Decreto Leg.vo 81/2008). In particolare il Regolamento 1272/2008 (CLP) riguardante i nuovi criteri di classificazione imballaggio ed etichettatura per sostanze e miscele pericolose ha previsto l’adozione del GHS (Globally Harmonized System of classification labelling and packaging of chemicals) e questo comporta una modifica dei limiti sperimentali adottati finora per la definizione della pericolosità delle sostanze, con conseguente modifica della etichettatura, dei pittogrammi, delle frasi di rischio (hazard statement) e dei consigli di prudenza (precautionary statement).
Con l’entrata in vigore del Regolamento REACH tutte le sostanze in quanto tali o in quanto componenti di un preparato o di un articolo o vengono prima registrate all’ECHA oppure non possono essere fabbricate nella Comunità Europea o immesse sul mercato (importate): vige il principio del “no data, no market”.
È il Regolamento per la:
delle sostanze chimiche (chemicals).
L'acronimo sotto cui viene spesso indicato è REACH, dalle parole inglesi "Registration, Evaluation, Authorisation and restriction of CHemicals“. È entrato in vigore il 1° giugno 2007, (Regolamento Europeo n. 1907 del 2006) per rendere più efficace e migliorare il quadro legislativo precedente sulle sostanze chimiche nell'U.E. . REACH attribuisce all'industria una maggiore responsabilità sulla gestione dei rischi che le sostanze chimiche possono presentare per la salute e l'ambiente.
Fabbricanti ed importatori di sostanze chimiche dovranno fornire agli utilizzatori a valle (downstream users - DU) le informazioni di rischio necessarie per il loro uso sicuro.
Molto importante è il problema relativo al controllo e alle sanzioni per le quali la responsabilità è delegata ai singoli stati membri. Il sistema di controllo esige che qualsiasi utilizzatore una sostanza chimica debba verificare che a monte gli obblighi previsti dal REACH siano rispettati. Questo impone un sistema dal quale nessun attore della filiera produttiva possa ritenersi escluso. Anche gli importatori di articoli di fabbricazione non U.E. dovranno verificare e garantire che questi non contengano sostanze soggette a restrizioni o autorizzazioni.
Tutti i Fabbricanti e gli Importatori di sostanze chimiche devono identificare e gestire i rischi legati alle sostanze che fabbricano e commercializzano.
Il Regolamento REACH, stabilisce le procedure per:
Le Aziende devono procedere alla Registrazione delle loro sostanze e a tale scopo devono collaborare con le altre Aziende che Registrano le stesse sostanze.
L'ECHA riceve e valuta la conformità delle singole registrazioni. Se i rischi delle sostanze pericolose non possono essere gestiti, le Autorità Nazionali hanno la facoltà di bandirle, limitarne l'uso o assoggettarle a un'autorizzazione.
Quattro sono i principi chiave su cui è fondato il Regolamento REACH
L'ECHA riceve e valuta la conformità delle singole registrazioni. Se i rischi delle sostanze pericolose non possono essere gestiti, le Autorità Nazionali hanno la facoltà di bandirle, limitarne l'uso o assoggettarle a un'autorizzazione.
Gli elementi chiave del regolamento, oltre all’istituzione di ECHA che assicura il funzionamento del sistema, sono i seguenti processi:
I processi di restrizione e autorizzazione sono adottati per garantire una riduzione del rischio delle sostanze chimiche; l’autorizzazione è un provvedimento di portata specifica in quanto coinvolge esclusivamente l’impresa che richiede e ottiene l’autorizzazione; la restrizione è un provvedimento di portata generale in quanto riguarda tutte le imprese che producono ed immettono sul mercato ed utilizzano la sostanza soggetta a restrizione.
Il Regolamento CE n. 1272/2008, del 16/12/2008, denominato Regolamento CLP (Classification, Labelling and Packaging), è entrato in vigore nell' U. E. il 20.01.2009, modifica ed introduce, per le sostanze e le miscele nuovi criteri di:
Questi nuovi criteri, diversi da quelli previsti dalla normativa previgente (Direttiva 67/548/CEE - Direttiva sostanze pericolose e dalla Direttiva 1999/45/CE - Direttiva preparati pericolosi) possono in taluni casi portare ad una classificazione ed etichettatura più severa, in altri casi, all’inclusione di un maggior numero di sostanze e di miscele in classi / categorie di pericolo. Una delle principali finalità del CLP è determinare quali proprietà di una sostanza o di una miscela permettono di classificarla come pericolosa affinché i pericoli che essa comporta possano essere adeguatamente identificati e resi noti.
Direttamente applicabile a fornitori che:
sostanze e miscele chimiche.
Il Regolamento CLP si propone di:
Tali proprietà comprendono i pericoli:
Il Regolamento CLP stabilisce anche norme generali relative all’imballaggio che garantiscono la sicurezza durante le fasi di trasporto, conservazione ed uso dei prodotti.
Il CLP prevede 9 pittogrammi di cui:
PERICOLI FISICI | GHS 01 |
GHS 02 |
GHS 03 |
GHS 04 |
GHS 05 |
PERICOLI PER LA SALUTE | GHS 06 |
GHS 07 |
GHS 08 |
||
PERICOLI PER L'AMBIENTE | GHS 09 |
l Regolamento CLP abroga i "simboli di pericolo" su fondo arancione e ne introduce di nuovi che hanno forma di rombo (quadrato poggiante su una punta), bordo rosso e riportano un simbolo nero su sfondo bianco.
VECCHI PITTOGRAMMI | NUOVI PITTOGRAMMI |
Introduce due nuovi pittogrammi
PERSONALE DANNEGGIATA | PUNTO ESCLAMATIVO |
Sostituisce le “frasi di rischio R” con le “indicazioni di pericolo (hazard statements)”, indicate con la lettera h seguita da numeri a tre cifre dove il primo dei tre numeri della cifra sta ad individuare la tipologia del pericolo:
Sostituisce i “consigli di prudenza S” con i “consigli di prudenza (precautionary statements)”, rappresentate dalla lettera P e da un codice a cinque cifre dove il primo dei cinque numeri della cifra sta ad individuare la tipologia del consiglio:
Il Regolamento CE 830/2015 modifica il Regolamento 453/2010 della Commissione del 20 maggio 2010 che modificava l'All. II del Regolamento (CE) 1907/2006 (REACH) per gli aspetti legati alla scheda dati di sicurezza (SDS).
Affinché tutti gli utilizzatori di sostanze in quanto tali, in quanto componenti di preparati o di articoli abbiano i dati necessari per garantire la sicurezza della manipolazione, diventa necessario trasferire le informazioni a valle della catena d'approvvigionamento.
Lo strumento principale per detta comunicazione è la scheda dei dati di sicurezza. Quando la stessa non è obbligatoria, comunque è necessario fornire altre informazioni importanti per consentire all'utilizzatore o agli utilizzatori a valle di individuare e applicare misure appropriate per la gestione dei rischi.
Le schede di dati di sicurezza sono un importante strumento di comunicazione nella catena d’approvvigionamento, in quanto aiutano gli attori della catena ad adempiere alle loro responsabilità in relazione alla gestione dei rischi derivanti dall’uso di sostanze e miscele.
I dati di sicurezza vanno trasmessi attraverso la catena di approvvigionamento, in modo da permettere a chi fa uso di sostanze chimiche di operare in modo sicuro e responsabile, senza mettere in pericolo la salute dei lavoratori e dei consumatori e senza rischi per l'ambiente.
I dati trasmessi riguardano, tra l'altro:
Non è necessaria la trasmissione di informazioni sensibili a carattere commerciale.
Il REACH ha portato alcune innovazioni nelle SDS; pur mantenendo la loro struttura in 16 punti le stesse, dovranno contenere i valori di tossicità:
o, fatto salva la dimostrazione della non possibilità di definizione del DNEL
Inoltre, per le sostanze prodotte / commercializzate con volumi pari o superiori a 10 T / anno, allegato alla SDS dovranno essere inclusi anche gli scenari di esposizione (la valutazione dell'esposizione e dei rischi per i diversi usi).
Rispetto alla precedente normazione sulla SDS, sono stati inseriti 47 nuovi campi che, aggiunti ai tradizionali 16, portano complessivamente a 63 il numero delle informazioni, distinti in ogni punto della SDS, che devono essere fornite.
Fig. 9: I punti e gli allegati della SDS
La SDS deve essere consegnata:
Inoltre, le informazioni contenute nella SDS devono essere compilate nella lingua dello stato membro in cui avviene l’immissione sul mercato, scritte in forma chiara, concisa, ed essere aggiornate, coerente con quelle contenute nella relazione sulla sicurezza chimica, presentata nel dossier di registrazione, coerenti con il contenuto della etichettatura. inoltre, la SDS deve indicare chiaramente se la sostanza (anche quando presente in una miscela) è soggetta ad autorizzazione o restrizione.
La SDS deve essere aggiornata:
Nei casi di aggiornamento della SDS i fornitori trasmettono la scheda di dati di sicurezza aggiornata a tutti i destinatari precedenti ai quali hanno consegnato la sostanza o la miscela nel corso dei dodici mesi precedenti. Infine da sottolineare che la redazione della SDS prescinde da limiti quantitativi della sostanza / miscela.
La Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, nella seduta del 28 novembre 2012, ha approvato il documento con cui sono stati individuati:
per la valutazione e gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ai sensi del Decreto Leg.vo 81/2008 (Titolo IX, capo I “protezione da agenti chimici” e capo II “protezione da agenti cancerogeni e mutageni”) alla luce delle ricadute dei Regolamenti Comunitari:
Il documento fornisce indicazioni sugli aggiornamenti, obblighi e procedure intervenute sul sistema prevenzionistico definito dal Testo Unico.
Il Regolamento n° 1907/2006 (REACH) ed il Regolamento n° 453/2010 (SDS) attraverso un sistema integrato di
delle sostanze chimiche si prefigge la gestione dei prodotti, mentre il Regolamento n° 1272/2008 (CLP) applicando in UE i criteri internazionali mutuati dal sistema globale armonizzato GHS si pone come obiettivo l’armonizzazione dei criteri per la classificazione e delle norme relative all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele.
Il documento è articolato in 6 capitoli. In sintesi il documento approvato:
1° capitolo: illustra la suddivisione del Titolo IX del T. U. in capi I, II e III di cui si evidenziano origini e relazioni con la normativa europea
2° capitolo: si riportano le definizioni delle classi pericolo previste nella nuova classificazione secondo il CLP ed i pericoli per la salute. Compare anche un paragrafo dedicato al confronto fra i due sistemi di classificazione CLP e Direttive CE.
3° capitolo: illustra in che modo l’introduzione dei regolamenti REACH e CLP possono essere di supporto ad una corretta valutazione del rischio. Viene sottolineata l’importanza della SDS quale strumento completo ed efficace per ricavare le info in merito alla pericolosità di sostanze e di miscele. Vengono inoltre approfonditi i significati di VLEP e dei DNEL e DMEL.
4° capitolo: viene tracciata una panoramica sugli aspetti generali e campo di applicazione del capo II e vengono riportate le definizioni previste dal Regolamento CLP per gli agenti chimici cancerogeni e per quelli mutageni. Compare anche un confronto fra il sistema di classificazione secondi i criteri del CLP e quello secondo le Direttive CE.
5° capitolo: si tratta la sorveglianza sanitaria evidenziando il fatto che le nuove SDS, previste nel Regolamento 453/2010, modificato dal Regolamento 830/2015, contengono elementi importanti per le valutazioni che il medico competente deve effettuare nel corso della sorveglianza sanitaria anche per definire i contenuti dei protocolli sanitari.
6° capitolo: “autorizzazione e restrizione” si ricorda che ai sensi del Regolamento REACH alcune sostanze di particolare pericolosità le cosidette “SVHC” (substance of very high concern) potranno essere immesse sul mercato Europeo solo dopo aver ottenuto una specifica autorizzazione all’uso che verrà rilasciata solo qualora venga dimostrata l’impossibilità di sostituire nell’immediato la sostanza in questione e comunque assicurando le migliori condizioni di controllo e di limitazione dell’esposizione in linea con quanto prevede la normativa in tema di sicurezza e salute sul lavoro.
Il processo valutativo
Di seguito viene riportato in figura la schematizzazione del processo valutativo
Fig. 10: Schema del processo valutativo
La valutazione del rischio chimico può dimostrare che il rischio connesso alla presenza / esposizione ad agenti chimici pericolosi sia:
Secondo una definizione proposta dalle Regioni un rischio da agenti chimici:
Qualora i risultati della valutazione del rischio chimico dimostrino che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi sia solo un rischio “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute” dei lavoratori e le misure sia esse preventive che protettive siano sufficienti a ridurre il rischio, non si applichino le disposizioni degli articoli del T. U. n° 225 (Misure specifiche di protezione e di prevenzione), n° 226 (Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze), n° 229 (Sorveglianza sanitaria), n° 230 (Cartelle sanitarie e di rischio).
Se i risultati della valutazione dimostrano risultati diversi, a seconda dei casi deve essere prevista una appropriata procedura, ovvero:
si devono attuare le disposizione previste dagli artt. :
si devono attuare le disposizione previste dagli artt. :
con l’esclusione degli:
si devono attuare le disposizione previste dagli artt. :
Le esigenze di mercato cambiano e per stare al passo, le organizzazioni debbono operare con criteri di efficacia e di efficienza tali da contribuire alla erogazione di servizi e prodotti migliori. È facile dedurre che, in considerazione del particolare contesto socio-economico in cui viviamo, solo le imprese / organizzazioni che si dimostrano costantemente in evoluzione e garantiscono servizi / prestazioni migliori possono sopravvivere e ottenere di conseguenza riconoscimenti e prestigio.
La redazione di un Documento di Valutazione del Rischio Chimico basato su un sistema di gestione o su un modello di organizzazione e di gestione rappresenta un sicuro investimento per l’impresa. L’adozione dello stesso, sistema o modello, permette di analizzare in maniera più immediata i rapporti tra i rischi valutati e le misure adottate, di osservare in maniera più razionale gli obblighi della normativa sulla sicurezza, di gestire in maniera più consapevole i cambiamenti economici, politici e organizzativi che investono inevitabilmente l’impresa e che si riflettono anche sulle procedure della sicurezza, migliorando la qualità dell’organizzazione aziendale e promuovendo la realizzazione del miglioramento continuo di tutte le attività dell’azienda. Da osservare, comunque, che il tutto può essere gestito meglio solo se inizialmente si è proceduti ad una attenta ed analitica valutazione dei rischi e redatto un documento di valutazione dei rischi, vero pilastro prevenzionale, in linea con le indicazioni Legislative.
Il ciclo attuato nel presente studio (pianificazione, attuazione, controllo e riesame) pone il costante accento sul “miglioramento continuo “che per poter permeare necessita, da parte del management aziendale, di avere ben chiaro cosa è necessario fare, enunciarlo nella politica aziendale e renderlo operativo declinandolo in obiettivi dell’organizzazione.
Quindi, l’obiettivo primario di un’azienda che voglia implementare una gestione che tende alla “efficienza, efficacia ed alla appropriatezza” non è quello di redigere un “semplice” Documento di Valutazione dei Rischi e delle “semplici” procedure. Il cammino della gestione del DVR deve articolarsi sia attraverso la ricerca dei processi motivanti in grado di catalizzare i fattori di coinvolgimento degli individui per la condivisione degli obiettivi sia, in particolare, nella conseguente modifica dell’organizzazione finalizzata alla realizzazione di un punto d’incontro tra gli obiettivi individuati e quelli dell’organizzazione stessa.
Ed è proprio questa l’Azienda che guarda in avanti.
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