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15 novembre 2018

Interventi e commenti

Il rischio chimico nei luoghi di lavoro: la redazione e gestione del documento di valutazione del rischio

Approfondimento a cura di Carlo Zamponi – Consigliere Nazionale AiFOS e Docente a contratto Università degli Studi di L’Aquila nell'ambito del Master abilitante per le funzioni di Medico Competente

Il rischio chimico nei luoghi di lavoro: la redazione e gestione del documento di valutazione del rischio

Lo studio condotto da Carlo Zamponi, finalizzato alla redazione e gestione del Documento di valutazione del rischio chimico, vuole essere una sorta di linea guida per l’imprenditore che vuole condurre la propria azienda verso una gestione sistemica del Documento di Valutazione del Rischio Chimico.

Per quanti fossero interessati, si segnala che il contenuto dello studio è conforme al corso progettato sulle stesse argomentazioni ed organizzato da AiFOS. Il corso intende offrire un approfondimento sulla situazione normativa riguardante la gestione delle sostanze chimiche in ambiente di lavoro alla luce dell’entrata in vigore dei Regolamenti REACH (CE 1907/2006), CLP (CE 1272/2008) ed il Regolamento (UE) N. 830/2015 della Commissione del 28 maggio 2015 recante modifica del Regolamento (UE) 453/2010 e del Regolamento REACH (All.II) normative che impattano direttamente sulla valutazione del rischio chimico in azienda. La necessità di aggiornare il DVR agenti chimici pericolosi, cancerogeni e/o mutageni presenti o manipolati nei luoghi di lavoro deriva in gran parte dall'identificazione del pericolo attraverso le nuove informazioni sulle proprietà pericolose delle sostanze chimiche che discende dall'entrata in vigore dei Regolamenti sopra citati e che vengono essenzialmente veicolate attraverso la nuova Scheda Dati di Sicurezza (SDS). Nell’ambito del corso oltre ad illustrare i contenuti dei predetti Regolamenti Comunitari verrà presentato un percorso metodologico per la redazione / aggiornamento / gestione del DVR chimico in conformità al Titolo XI del Decreto Leg.vo 81/08, Capo I e Capo II.

Per avere maggiori informazioni sul corso FAI CLIC QUI.

 

Il testo dello studio

Non vi è dubbio che uno dei pericoli presenti nei luoghi di lavoro di difficile gestione è rappresentato dalla presenza di sostanze chimiche. Un pericolo che non solo è spesso sottovalutato in molti settori, ma è soggetto a continue evoluzioni in rapporto alla nascita di nuovi prodotti e materiali come ad esempio le nanoparticelle o alle nuove scoperte sui danni che le sostanze possono provocare sulla salute e sull’ambiente.

Quindi, nulla di più sbagliato associare al rischio chimico unicamente la grande impresa che produce o manipola enormi quantità di sostanze chimiche in quanto, sono diverse le attività lavorative che espongono in modo diretto e/o indiretto i lavoratori alle stesse.  L’EU – OSHA ha intitolato la campagna Europea 2018 - 2019 proprio al tema della “Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro in presenza di sostanze pericolose“; una ragione ci doveva pur essere.

Proprio partendo da queste piccole considerazioni cerchiamo di analizzare il problema.

1. Dati statistici   

Da un’indagine europea condotta qualche anno fa, si rileva che le sostanze pericolose sono presenti quasi nel 40% degli ambienti lavorativi determinando in tal modo un rischio per l’ambiente, per la salute e per la sicurezza dei lavoratori. Inoltre, un’indagine statistica[1] svolta nella banca dati INAIL, per il periodo 2005 – 2009 ha evidenziato che le denunce di malattie professionali da agenti chimici sono circa il 10% delle denunce totali pervenute all’INAIL e la maggior parte di tali denunce afferisce al settore industria e servizi. Analizzando le tipologie di malattie denunciate si scopre che:

  • il 40% consiste in tumori;
  • il 32% in malattie respiratorie;
  • il 24% in dermatiti.

Fig. 1: Denunce malattie professionali periodo 2005 – 2009: tipologie malattie professionali (Fonte INAIL)

Ricorrendo all’indagine statistica effettuata dagli stessi autori, ma questa volta su dati INAIL (periodo 2004 - 2010) per quanto riguarda gli infortuni derivanti dal contatto con sostanze chimiche, si evidenzia che le incidenze infortunistiche degli stessi sono date attraverso:

  • l’88% per via nasale, orale, per inalazione;
  • l’11% pelle o occhi;
  • l’1% sistema digerente, inghiottendo o mangiando.

Fig. 2: Infortuni: modalità di contatto - modalità della lesione periodo 2004 – 2010 (Fonte INAIL)

Seppur i dati analizzati sopra indicati risalgono a qualche anno fa, il problema esiste ancora nonostante si susseguono le normative in materia di tutela dell’ambiente, della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, cresce la cultura preventiva, si progettano e si organizzano sistemi di lavorazione sempre più sicuri per l’uomo e per l’ambiente.

Per cercare di dare risposte concrete al problema, proviamo a tracciare un percorso metodologico che porti l’Azienda non solo a valutare il rischio ma soprattutto a tenerlo debitamente sotto controllo e quindi, a gestirlo.

2. Il documento di valutazione dei rischi: il concetto di valutazione

Con l’espressione “valutazione del rischio” si intende l’identificazione del pericolo ottenuto dal complesso delle informazioni disponibili in Azienda mentre possiamo definire “rischio chimico”, l’insieme dei rischi connessi all’attività lavorativa svolta in ambienti in cui sono presenti o utilizzati, in modo diretto o indiretto, sostanze / miscele che per le loro proprietà e/o per le condizioni di impiego vengono classificate pericolose.

Se l’attività lavorativa non comporta l’utilizzo e all’interno dei locali aziendali non sono presenti sostanze / miscele il rischio è considerato nullo

Fig. 3: Pericolo non presente

Se diversamente, sul posto di lavoro sono contemporaneamente presenti due fattori:

  1. l’agente chimico (legato al processo);
  2. le condizioni che possono portare il lavoratore nella sfera di azione dell’agente, legate alle modalità operative in condizioni normali e/o in emergenza

diventa necessario procedere alla qualificazione ed alla quantizzazione del rischio attraverso le fasi sotto indicate le quali comprendono:

  • l’identificazione del pericolo;
  • la valutazione dei rischi;
  • la definizione dell’esposizione;
  • la stima dei danni che ne derivano.

Fig. 4: Pericolo presente

 

 

Di seguito la schematizzazione del percorso valutativo

Fig. 5: Il percorso valutativo (rif. Decreto Leg.vo 81/2008)

La normativa Europea sulle sostanze chimiche sia quella relativa alla tutela dei lavoratori che quella per la tutela dell’ambiente, stabilisce una gerarchia di misure che i Datori di Lavoro devono intraprendere al fine di controllare il rischio rappresentato dalle sostanze.

Tale gerarchia può essere riassunta nel modo seguente:

  • L’eliminazione e la sostituzione sono le misure di controllo prioritarie. Laddove possibile, eliminare l’uso delle sostanze pericolose modificando il processo o il prodotto in cui la sostanza viene utilizzata.
  • se l’eliminazione della sostanza non è possibile, sostituirla con una non pericolosa o meno pericolosa.
  • nei casi in cui non è possibile eliminare o sostituire una sostanza o un processo, l’esposizione può essere prevenuta o ridotta tramite l’adozione di soluzioni tecniche e organizzative, per esempio: controllo delle emissioni alla fonte (sistema chiuso o impianti di ventilazione locale) o riduzione del numero di lavoratori esposti alla sostanza pericolosa, nonché durata e intensità dell’esposizione.
  • l’utilizzo di DPI costituisce l’ultima misura nel caso in cui l’esposizione non possa essere adeguatamente controllata con altri mezzi (gestione del rischio residuo).

2.1 Agenti chimici: possibili danni

Una sostanza / miscela può produrre su organismi viventi un effetto indesiderato (infortunio) o alterare (malattia prof.le) in modo significativo la funzione di organi ed apparati o di comprometterne la sopravvivenza.

Fig. 5: Possibili danni provocati da agenti chimici

Una sostanza / miscela può entrare nell’organismo umano attraverso:

  • la respirazione;
  • il contatto con la pelle;
  • perché ingerito.

Gli organi del sistema respiratorio (naso, gola, trachea, bronchi, polmoni) hanno una loro capacità di difesa nei confronti dell’introduzione degli agenti chimici, il cui assorbimento varia anche in relazione allo stato fisico in cui si trova la sostanza.

Fig. 6: Modalità di penetrazione nell’organismo da parte degli agenti chimici

Affinché un agente possa costituire un rischio per la salute o per la sicurezza è necessario che esso venga in contatto o comunque, interagisca con l’organismo quindi vi sia “esposizione”. Nel caso di agenti chimici, così come per gli agenti fisici e biologici, l’esposizione è definita come la “concentrazione dell’agente nello spazio all’interfaccia con le possibili vie di introduzione, riferita ad un periodo di 8 ore”.

2.2 Il concetto di esposizione

Al fine di qualificare e quantizzare l’esposizione del lavoratore diventa necessario stabilire:

  1. Quale sostanza / miscela;
  2. in che quantità, concentrazione;
  3. per quanto tempo;
  4. qual è la sua concentrazione ambientale;
  5. quale via di penetrazione.

Definito quanto sopra indicato, al fine di limitare per quanto più possibile i danni a carico del lavoratore e quindi rendere accettabile il rischio lavorativo, dovranno essere individuate le attività preventive e protettive da porre in essere durante lo svolgimento delle mansioni lavorative con esposizione diretta e/o indiretta a sostanze chimiche considerando che le caratteristiche dei rischi dipenderanno anche:

  • dal tipo e dalle condizioni dei processi produttivi;
  • dalle caratteristiche strutturali e microclimatiche dell’ambiente lavorativo;
  • dalla sensibilità dell’ospite.

Fig. 7: Le procedure preventive e protettive

Le procedure sia esse preventive che protettive potranno essere redatte solo se si conosce, per ogni sostanza / miscela in uso:

  1. Pericolosità intrinseca (dati che identificano la capacità di indurre effetti nocivi) ovvero:
  • le proprietà tossicologiche
    • tossicità acuta, subcronica e cronica;
    • mutagenicità;
    • cancerogenicità;
    • relazioni dose - risposta;
    • dati epidemiologici.
  • le proprietà di reattività
    • esplosività;
    • infiammabilità;
    • radioattività;
    • corrosività, etc. .
  1. Comportamento nell’ambiente (dati che permettono di prevederne i possibili scenari di esposizione) ovvero:
  • le proprietà di base della sostanza che caratterizzano la forma in cui essa è presente nell’ambiente (peso molecolare, punto di ebollizione, densità, etc.);
  • le proprietà che ne determinano il destino ambientale (solubilità, tensione di vapore, coefficienti di ripartizione tra i vari comparti ambientali);
  • incompatibilità ovvero la possibilità che si verifichino reazioni esplosive, esotermiche o si formino sostanze pericolose in presenza di specifiche classi di composti;
  • proprietà intrinseche di reattività (autoinfiammabilità, ecc. )
  1. Limiti di accettabilità (l’insieme di valutazioni che costituiscono una base ed un utile riferimento per i processi decisionali) ovvero:
  • standard e parametri di riferimento di accettabilità o tollerabilità per la popolazione generale;
  • standard e parametri di riferimento di accettabilità o tollerabilità per l’ambiente di lavoro (TLV, TWA, TLV-CEILING);
  • valutazioni di cancerogenicità operate da Enti riconosciuti in campo internazionale secondo criteri stabiliti (CEE, IARC, EPA, ACGIH);
  • standard e parametri di rischio per condizioni accidentali e di emergenza;
  • limiti di accettabilità aziendali (concetto del significativo).

2.3 La tossicocinetica

Le sostanze chimiche possono produrre danni a carico degli organismi viventi.

Tolti i casi di ipersuscettibilità individuale, se l’esposizione a sostanze chimiche è occasionale e la concentrazione delle stesse non supera determinati limiti definiti per ogni sostanza, l’organismo reagisce a questa sorta di intossicazione dapprima attraverso fenomeni di autoregolazione / compensazione. Esaurita questa fase, se le esposizioni si susseguono (cronica) o la concentrazione supera le soglie (acuta), l’organismo va incontro a intossicazione.

Riassumendo, quindi l’intossicazione si manifesta se:

  • la quantità tossica eliminata è minore della quantità assorbita;
  • la quantità tossica assorbita si accumula e viene rilasciata solo successivamente.

La risposta dell’organismo (effetto tossico), dipende dal numero di molecole biologicamente attive che raggiungono gli organi critici.

Molteplici sono i fattori che influenzano la tossicità delle sostanze chimiche.

Vediamo quelli più importanti:

  • Fattori ambientali, ovvero Temperatura, Pressione, Umidità, presenza di sostanze con attività sinergica o antagonista;
  • Proprietà chimico - fisiche del tossico (proprietà intrinseca) ovvero Peso Molecolare, Pressione di Vapore e Punto di Ebollizione, Solubilità, Stato Fisico;
  • Modalità di interazione, ovvero Concentrazione ambientale della sostanza, Durata dell’esposizione (unica o ripetuta), Vie di Penetrazione, Velocità di Penetrazione;
  • Fattori biologici ovvero Assorbimento, Distribuzione, Biotrasformazione, Escrezione, Età, Sesso, Differenze Genetiche, Malattie, Condizioni metaboliche (gravidanza, lavoro muscolare), Nutrizione e grado di Idratazione.

I sopra citati fenomeni di autoregolazione / compensazione attivati in prima battuta dall’organismo servono per allontanare le sostanze introdotte attraverso le principali vie di escrezione che risultano essere:

  • L’Aria espirata - Composti volatili a basso coefficiente di ripartizione aria - sangue (anestetici, alcuni solventi, ecc)
  • La Saliva - Sostanze a basso peso molecolare, possibile riassorbimento intestinale
  • Le Feci - Via di escrezione delle sostanze eliminate con la bile e non riassorbite dall’intestino, oppure di sostanze direttamente diffuse o trasportate attivamente dal circolo ematico
  • Le Urine - Principale via di eliminazione dei composti polari a basso peso molecolare
  • I Capelli - Poco rilevante quantitativamente.

La relazione dose – risposta da parte dell’organismo ad un inquinante, come detto, dipende non soltanto dalla via di esposizione ma dalla quantità dell’inquinante alla quale l’organismo è sottoposto considerando che comunque cambiando il livello di esposizione ad una possibile causa si verifica un cambiamento nella frequenza dell’effetto (es: numero di sigarette fumate e rischio di cancro polmonare).

Quindi, al fine di mantenere inalterate le funzioni organiche, l’organismo umano risponde agli stimoli dapprima con sistemi di adattamento e poi con processi di compensazione. Esaurita la capacità di compenso, si va rapidamente incontro all’insufficienza funzionale.

2.4 I valori limite

Meglio adesso si comprendono i Valori Limite di Soglia (Threshold Limit Value - TLV) i quali sono definiti come il valore della concentrazione aerea dell’agente a cui corrisponde una introduzione tale da mantenere l’organismo nelle condizioni di adattamento o di compenso anche in caso di esposizioni ripetute per lungo tempo.

L’elenco dei valori limite di esposizione professionale ovvero le concentrazioni di inquinanti ammissibili nell’aria degli ambienti di lavoro e dei valori limite biologici presenti nei liquidi biologici dell’organismo relativi agli agenti chimici sono indicati, nel Decreto Leg.vo 81/2008 (art. 232) rispettivamente, negli allegati XXXVIII e XXXIX. Gli stessi vengono aggiornati in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione di normative specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici e contribuiscono a mantenere sotto controllo l’esposizione a sostanze pericolose sui luoghi di lavoro perché definiscono, allo stato attuale delle conoscenze, il valore massimo di concentrazione in aria di una sostanza affinché non vi sia un danno per la salute.

Mantenere la concentrazione degli inquinanti al di sotto dei valori limite di esposizione professionale tutela la salute della maggioranza dei lavoratori. Vi è da precisare che i limiti obbligatori per legge si basano sull’esposizione di soggetti adulti in buona salute e, di conseguenza, non sono applicabili ai casi che richiedono interventi specifici, come le donne in stato di gravidanza e i lavoratori ipersuscettibili.

Di seguito la definizione dei valori limite di esposizione:

  • TLV-TWA (Threshold Limit Value - Time Weighted Average): valore limite ponderato - rappresenta la concentrazione media, ponderata nel tempo, degli inquinanti presenti nell’aria degli ambienti di lavoro nell’arco dell’intero turno lavorativo. Indica il livello di esposizione al quale si presume che, allo stato delle attuali conoscenze scientifiche, il lavoratore possa essere esposto 8 ore al giorno, per 5 giorni alla settimana, per tutta la durata della vita lavorativa, senza risentire di effetti dannosi per la salute.
  • TLV-STEL (Threshold Limit Value - Short Term Exposure Limit): valore limite per brevi esposizioni - rappresenta le concentrazioni medie che possono essere raggiunte dai vari inquinanti per un periodo massimo di 15 minuti, e comunque per non più di 4 volte al giorno con intervalli di almeno 1 ora tra i periodi di punta.
  • TLV-C (Threshold Limit Value - Ceiling) - valore limite di soglia - rappresenta la concentrazione che non può essere mai superata durante tutto il turno lavorativo.

Fig. 8: I valori limite di esposizione

2.5 La valutazione dell’esposizione: la misurazione

Nei casi in cui non sia possibile pervenire alla “giustificazione” del rischio è opportuno provvedere alla misurazione dell’agente chimico.

La misurazione si rende “necessaria” anche quando vengono modificate le condizioni produttive e deve essere ripetuta periodicamente per controllare i livelli di esposizione dei lavoratori (verifica efficacia interventi preventivi e protettivi). Essa deve avvenire con metodiche standardizzate che devono essere espressamente indicate nel D. V. R.

La norma di carattere generale di riferimento per la misurazione degli inquinanti chimici nei luoghi di lavoro è la norma UNI - EN 689:2018 recepita in Italia lo scorso 12 luglio che ha come titolo “atmosfera nell'ambiente di lavoro – misura dell'esposizione per inalazione agli agenti chimici – strategia per la verifica della conformità con i valori limite di esposizione occupazionale”. L’aggiornamento  arriva oltre 20 anni dopo la prima edizione e ne modifica i contenuti, definendo una nuova strategia per effettuare misure rappresentative dell’esposizione dei lavoratori agli agenti chimici per inalazione. Il nuovo approccio mira ad elevare il livello di affidabilità e di veridicità dei dati sperimentali. Tale norma prevede che si segua una precisa strategia di misurazione nella quale si identificano preventivamente:

  • le sostanze;
  • le aree;
  • gli addetti.

e si stabiliscono quindi le misurazioni da effettuarsi in condizioni rappresentative e quelle da effettuarsi nelle condizioni limite o peggiori.

La procedura di misurazione deve fornire una rappresentazione fedele dell’esposizione con il minor numero di campionamenti possibile. Inoltre, in relazione alle modalità con cui avviene l’esposizione, la valutazione della stessa può essere determinata facendo ricorso a:

  • monitoraggio ambientale;
  • monitoraggio personale;
  • monitoraggio cutaneo;
  • dosimetria biologica.

Il monitoraggio ambientale permette di verificare le condizioni nelle quali si trova il lavoratore mentre svolge la sua mansione e quindi di accertare i livelli di esposizione. Viene svolto in campagne di rilevazione sulla base delle mappe di rischio, ove sono stati individuati i punti ed i momenti nei quali fare il campionamento e le sostanze da andare a ricercare. La correttezza e accuratezza delle metodiche di campionamento è fondamentale per avere dei risultati significativi e credibili e sono il presupposto per le successive analisi chimiche dei campioni prelevati.

Accanto al monitoraggio ambientale, assume grande significato, dove possibile, il monitoraggio biologico, in quanto misura l’esposizione del singolo lavoratore. Lo stesso consiste nella misurazione di specifici indicatori biologici (in genere i metaboliti delle sostanze in uso) in campioni organici (sangue e urine in genere) prelevati nei momenti opportuni sul lavoratore (per esempio a fine turno lavorativo).

Il monitoraggio biologico costituisce uno strumento indiretto per conoscere l’entità dell'esposizione dei lavoratori alla specifica sostanza e deve essere considerato complementare a quello ambientale.

2.6 Il monitoraggio: applicabilità e limiti

Il monitoraggio ambientale. Applicabilità generale e facilità di attuazione

  • Applicabile a tutti gli agenti;
  • limiti di rilevabilità bassi;
  • non è invasivo;
  • richiede la conoscenza dei tempi di esposizione;
  • richiede un elevato numero di misure.

Il monitoraggio personale. Misura diretta, massimo coinvolgimento del lavoratore

  • Non è applicabile a tutti gli agenti;
  • limiti di rilevabilità generalmente più elevati;
  • richiede il coinvolgimento del personale;
  • da direttamente il valore dell’esposizione;
  • i risultati non sono trasferibili.

Il monitoraggio cutaneo

  • Non è applicabile a tutti gli agenti;
  • è molto invasivo;
  • richiede un elevato numero di misure.

La dosimetria biologica misura della dose effettivamente assorbita, influenzata dalle abitudini di vita

  • Misura indiretta dell’esposizione;
  • fornisce il valore della dose assorbita;
  • tiene conto di tutte le possibili vie di introduzione;
  • non sempre esistono indicatori di esposizione specifici (IBE);
  • richiede un forte coinvolgimento dei lavoratori.

3. I regolamenti comunitari sugli agenti chimici: il regolamento REACH, il regolamento CLP ed il regolamento (UE) 830/2015

Con l’emanazione dei Regolamento CE 1907/2006 (REACH), del Regolamento CE 1272/2008 (CLP) e del Regolamento UE 830/2015 il quadro normativo Europeo riguardante la gestione delle sostanze e delle miscele chimiche ha subito dei cambiamenti sostanziali che hanno impattato inevitabilmente anche nell’attività di redazione e gestione del documento di valutazione del rischio chimico (rif. Decreto Leg.vo 81/2008). In particolare il Regolamento 1272/2008 (CLP) riguardante i nuovi criteri di classificazione imballaggio ed etichettatura per sostanze e miscele pericolose ha previsto l’adozione del GHS (Globally Harmonized System of classification labelling and packaging of chemicals) e questo comporta una modifica dei limiti sperimentali adottati finora per la definizione della pericolosità delle sostanze, con conseguente modifica della etichettatura, dei pittogrammi, delle frasi di rischio (hazard statement) e dei consigli di prudenza (precautionary statement).

Con l’entrata in vigore del Regolamento REACH tutte le sostanze in quanto tali o in quanto componenti di un preparato o di un articolo o vengono prima registrate all’ECHA oppure non possono essere fabbricate nella Comunità Europea o immesse sul mercato (importate): vige il principio del “no data, no market”.

3.1 Il Regolamento REACH

È il Regolamento per la: 

  • Registrazione (Registration);
  • Valutazione (Evaluation);
  • Autorizzazione (Authorisation);
  • Restrizione (Restriction);

delle sostanze chimiche (chemicals).

L'acronimo sotto cui viene spesso indicato è REACH, dalle parole inglesi "Registration, Evaluation, Authorisation and restriction of CHemicals“. È entrato in vigore il 1° giugno 2007, (Regolamento Europeo n. 1907 del 2006) per rendere più efficace e migliorare il quadro legislativo precedente sulle sostanze chimiche nell'U.E. . REACH attribuisce all'industria una maggiore responsabilità sulla gestione dei rischi che le sostanze chimiche possono presentare per la salute e l'ambiente.

3.2 Compito del REACH

Fabbricanti ed importatori di sostanze chimiche dovranno fornire agli utilizzatori a valle (downstream users - DU) le informazioni di rischio necessarie per il loro uso sicuro.

Molto importante è il problema relativo al controllo e alle sanzioni per le quali la responsabilità è delegata ai singoli stati membri. Il sistema di controllo esige che qualsiasi utilizzatore una sostanza chimica debba verificare che a monte gli obblighi previsti dal REACH siano rispettati. Questo impone un sistema dal quale nessun attore della filiera produttiva possa ritenersi escluso. Anche gli importatori di articoli di fabbricazione non U.E. dovranno verificare e garantire che questi non contengano sostanze soggette a restrizioni o autorizzazioni.

3.3 Come funziona REACH

Tutti i Fabbricanti e gli Importatori di sostanze chimiche devono identificare e gestire i rischi legati alle sostanze che fabbricano e commercializzano.

Il Regolamento REACH, stabilisce le procedure per:

  • l'acquisizione;
  • la valutazione dei dati sulle proprietà e sui pericoli delle sostanze.

Le Aziende devono procedere alla Registrazione delle loro sostanze e a tale scopo devono collaborare con le altre Aziende che Registrano le stesse sostanze.

L'ECHA riceve e valuta la conformità delle singole registrazioni. Se i rischi delle sostanze pericolose non possono essere gestiti, le Autorità Nazionali hanno la facoltà di bandirle, limitarne l'uso o assoggettarle a un'autorizzazione.

3.4 Principi ispiratori REACH

Quattro sono i principi chiave su cui è fondato il Regolamento REACH

  • 1° Principio ispiratore - PRECAUZIONE: Ufficialmente adottato come uno strumento di decisione nell’ambito della gestione del rischio in campo di salute umana, animale e ambientale. Viene definito come una strategia preventiva di gestione del rischio.
  • 2° Principio ispiratore - OBBLIGO DI DILIGENZA: L’industria deve fabbricare le sostanze, importarle, usarle o immetterle sul mercato con tutta la responsabilità e la cura necessarie a garantire che, in condizioni ragionevolmente prevedibili, non ne derivino danni alla salute umana e all’ambiente.
  • 3° Principio ispiratore - SOSTITUZIONE: Se esiste una sostanza alternativa, meno pericolosa, essa deve essere preferita. Per tale principio tutti i fabbricanti, importatori ed utilizzatori a valle devono analizzare la disponibilità di alternative, considerando i rischi ed esaminando la fattibilità tecnica ed economica di una sostituzione.
  • 4° Principio ispiratore - ONERE DELLA PROVA: Viene stabilito l’inversione dell’onere della prova relativo alla sicurezza delle sostanze chimiche. In pratica, sono i produttori o gli importatori che dovranno documentare all’ECHA (tramite la registrazione) la possibilità di un uso sicuro delle sostanze dimostrando che la commercializzazione dei prodotti chimici utilizzati può avvenire senza pericoli per la salute umana e l’ambiente.

L'ECHA riceve e valuta la conformità delle singole registrazioni. Se i rischi delle sostanze pericolose non possono essere gestiti, le Autorità Nazionali hanno la facoltà di bandirle, limitarne l'uso o assoggettarle a un'autorizzazione.

3.5 I processi del REACH

Gli elementi chiave del regolamento, oltre all’istituzione di ECHA che assicura il funzionamento del sistema, sono i seguenti processi:

  • Registrazione - Obbligo dei fabbricanti/importatori di comunicare a ECHA le informazioni sulle proprie sostanze (≥1t/anno);
  • Valutazione - Procedura attraverso la quale ECHA giudica i dossier di registrazione prodotti dall’industria e le eventuali proposte di nuove prove di caratterizzazione;
  • Autorizzazione - Procedura di richiesta di commercializzazione per sostanze di elevata pericolosità (sostanze SVHC);
  • Restrizione - Procedura di proibizione di commercializzazione, attivata su richiesta della Commissione Europea, per certe sostanze il cui uso comporta rischi non accettabili;
  • Classificazione ed Etichettatura - Inventario sviluppato sulla base delle notifiche fornite dall’industria per le sostanze classificate come pericolose (incluse quelle <1 t/anno) e delle informazioni contenute nei dossier di registrazione;
  • Comunicazione lungo la catena fornitrice - Informazioni dai fornitori agli utilizzatori a valle (D.U.) sulle proprietà ed uso sicuro delle loro sostanze chimiche. I D.U. possono usare sostanze pericolose per l’ambiente e quelle PBT (Persistent, Bioaccumulative and Toxic) o VPVB (Very Persistent, Very Bioaccumulative), solo se applicano misure di gestione del rischio, identificate ed ottenute mediante sviluppo di scenari di esposizione dei singoli usi specifici;
  • Trasparenza - Accesso del pubblico a tutte le informazioni.

I processi di restrizione e autorizzazione sono adottati per garantire una riduzione del rischio delle sostanze chimiche; l’autorizzazione è un provvedimento di portata specifica in quanto coinvolge esclusivamente l’impresa che richiede e ottiene l’autorizzazione; la restrizione è un provvedimento di portata generale in quanto riguarda tutte le imprese che producono ed immettono sul mercato ed utilizzano la sostanza soggetta a restrizione.

4. Il regolamento clp

Il Regolamento CE n. 1272/2008, del 16/12/2008, denominato Regolamento CLP (Classification, Labelling and Packaging), è entrato in vigore nell' U. E. il 20.01.2009, modifica ed introduce, per le sostanze e le miscele nuovi criteri di:

  • Classificazione
  • Etichettatura
  • Imballaggio

Questi nuovi criteri, diversi da quelli previsti dalla normativa previgente (Direttiva 67/548/CEE - Direttiva sostanze pericolose e dalla Direttiva 1999/45/CE - Direttiva preparati pericolosi) possono in taluni casi portare ad una classificazione ed etichettatura più severa, in altri casi, all’inclusione di un maggior numero di sostanze e di miscele in classi / categorie di pericolo. Una delle principali finalità del CLP è determinare quali proprietà di una sostanza o di una miscela permettono di classificarla come pericolosa affinché i pericoli che essa comporta possano essere adeguatamente identificati e resi noti.

4.1 Campo di applicazione

Direttamente applicabile a fornitori che:

  • Fabbricano
  • Importano
  • Utilizzano o Distribuiscono

sostanze e miscele chimiche.

Il Regolamento CLP si propone di:

  • armonizzare i criteri per la classificazione delle sostanze e delle miscele e le norme relative alla loro etichettatura ed imballaggio;
  • assicurare un elevato livello di protezione della salute umana  e dell'ambiente nonché la libera circolazione delle sostanze chimiche e delle loro miscele, rafforzando anche la competitività e l'innovazione;
  • determinare quali proprietà di una sostanza o di una miscela permettano di classificarla come pericolosa, affinché i pericoli che essa comporta possano essere adeguatamente identificati e resi noti.

Tali proprietà comprendono i pericoli:

  • di natura fisica;
  • per la salute dell'uomo;
  • per l'ambiente, compresi quelli per lo strato di ozono.

Il Regolamento CLP stabilisce anche norme generali relative all’imballaggio che garantiscono la sicurezza durante le fasi di trasporto, conservazione ed uso dei prodotti.

4.2 Classi di pericoli – pittogrammi

Il CLP prevede 9 pittogrammi di cui:

  • 5 per i pericoli fisici;
  • 3 per i pericoli per la salute;
  • 1 per i pericoli per l’ambiente.
PERICOLI FISICI
GHS 01

GHS 02

GHS 03

GHS 04

GHS 05
PERICOLI PER LA SALUTE
GHS 06

GHS 07

GHS 08
   
PERICOLI PER L'AMBIENTE
GHS 09
       

4.3 Novità Regolamento CLP

 

l Regolamento CLP abroga i "simboli di pericolo" su fondo arancione e ne introduce di nuovi che hanno forma di rombo (quadrato poggiante su una punta), bordo rosso e riportano un simbolo nero su sfondo bianco.
VECCHI PITTOGRAMMI NUOVI PITTOGRAMMI

Introduce due nuovi pittogrammi

PERSONALE DANNEGGIATA PUNTO ESCLAMATIVO

Sostituisce le “frasi di rischio R” con le “indicazioni di pericolo (hazard statements)”, indicate con la lettera h seguita da numeri a tre cifre dove il primo dei tre numeri della cifra sta ad individuare la tipologia del pericolo:

  • per il Fisico (2);
  • per la Salute (3);
  • per l’Ambiente (4).  

Sostituisce i “consigli di prudenza S” con i “consigli di prudenza (precautionary statements)”, rappresentate dalla lettera P e da un codice a cinque cifre dove il primo dei cinque numeri della cifra sta ad individuare la tipologia del consiglio:

  • Generale (1);
  • Prevenzione (2);
  • Reazione (3);
  • Conservazione (4);
  • Smaltimento (5).

5. Il regolamento ce n. 830/2015 del 28/05/2015: la nuova scheda dati di sicurezza

Il Regolamento CE 830/2015 modifica il Regolamento 453/2010 della Commissione del 20 maggio 2010 che modificava l'All. II del Regolamento (CE) 1907/2006 (REACH) per gli aspetti legati alla scheda dati di sicurezza (SDS).

Affinché tutti gli utilizzatori di sostanze in quanto tali, in quanto componenti di preparati o di articoli abbiano i dati necessari per garantire la sicurezza della manipolazione, diventa necessario trasferire le informazioni a valle della catena d'approvvigionamento.

Lo strumento principale per detta comunicazione è la scheda dei dati di sicurezza. Quando la stessa non è obbligatoria, comunque è necessario fornire altre informazioni importanti per consentire all'utilizzatore o agli utilizzatori a valle di individuare e applicare misure appropriate per la gestione dei rischi.

Le schede di dati di sicurezza sono un importante strumento di comunicazione nella catena d’approvvigionamento, in quanto aiutano gli attori della catena ad adempiere alle loro responsabilità in relazione alla gestione dei rischi derivanti dall’uso di sostanze e miscele.

I dati di sicurezza vanno trasmessi attraverso la catena di approvvigionamento, in modo da permettere a chi fa uso di sostanze chimiche di operare in modo sicuro e responsabile, senza mettere in pericolo la salute dei lavoratori e dei consumatori e senza rischi per l'ambiente.

I dati trasmessi riguardano, tra l'altro:

  • l'identificazione della sostanza;
  • della sua composizione e delle sue proprietà;
  • le misure da prendere per l'uso ed il trasporto sicuri;
  • le misure in caso di rilascio accidentale o d'incendio
  • nonché le informazioni tossicologiche ed ecologiche.

Non è necessaria la trasmissione di informazioni sensibili a carattere commerciale.

5.1 Schede dati di sicurezza: innovazione REACH

Il REACH ha portato alcune innovazioni nelle SDS; pur mantenendo la loro struttura in 16 punti le stesse, dovranno contenere i valori di tossicità:

  • DNEL - livello derivato senza effetto, ovvero il livello di esposizione al di sopra del quale i lavoratori non devono essere esposti;

o, fatto salva la dimostrazione della non possibilità di definizione del DNEL

  • DMEL - livello derivato di minimo effetto ovvero, livello di esposizione al di sotto del quale si assume che gli effetti avversi abbiano una probabilità tendente a zero di manifestarsi nelle popolazioni esposte.

Inoltre, per le sostanze prodotte / commercializzate con volumi pari o superiori a 10 T / anno, allegato alla SDS dovranno essere inclusi anche gli scenari di esposizione (la valutazione dell'esposizione e dei rischi per i diversi usi).

5.2 I 16 punti della SDS

Rispetto alla precedente normazione sulla SDS, sono stati inseriti 47 nuovi campi che, aggiunti ai tradizionali 16, portano complessivamente a 63 il numero delle informazioni, distinti in ogni punto della SDS, che devono essere fornite.

Fig. 9: I punti e gli allegati della SDS

5.3 La gestione della scheda dati di sicurezza

La SDS deve essere consegnata:

  • entro la data di fornitura della sostanza o della miscela pericolose;
  • gratuitamente su carta o in forma elettronica;
  • a ogni revisione con aggiornamenti rilevanti per la salute, la sicurezza e l’ambiente.

Inoltre, le informazioni contenute nella SDS devono essere compilate nella lingua dello stato membro in cui avviene l’immissione sul mercato, scritte in forma chiara, concisa, ed essere aggiornate, coerente con quelle contenute nella relazione sulla sicurezza chimica, presentata nel dossier di registrazione, coerenti con il contenuto della etichettatura. inoltre, la SDS deve indicare chiaramente se la sostanza (anche quando presente in una miscela) è soggetta ad autorizzazione o restrizione.

La SDS deve essere aggiornata:

  • non appena si rendono disponibili nuove informazioni che possono incidere sulle misure di gestione dei rischi o nuove informazioni sui pericoli;
  • allorché è stata rilasciata o rifiutata un'autorizzazione;
  • allorché è stata imposta una restrizione.

Nei casi di aggiornamento della SDS i fornitori trasmettono la scheda di dati di sicurezza aggiornata a tutti i destinatari precedenti ai quali hanno consegnato la sostanza o la miscela nel corso dei dodici mesi precedenti. Infine da sottolineare che la redazione della SDS prescinde da limiti quantitativi della sostanza / miscela.

6. Il DVR Chimico: REACH – CLP – TU. La Linea Guida del 2012

La Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, nella seduta del 28 novembre 2012, ha approvato il documento con cui sono stati individuati:

  • criteri;
  • strumenti;

per la valutazione e gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ai sensi del Decreto Leg.vo 81/2008 (Titolo IX, capo I “protezione da agenti chimici” e capo II “protezione da agenti cancerogeni e mutageni”) alla luce delle ricadute dei Regolamenti Comunitari:

  • n. 1907/2006 – REACH; 
  • n. 1272/2008 – CLP;
  • n. 453/2010 – SDS.

Il documento fornisce indicazioni sugli aggiornamenti, obblighi e procedure intervenute sul sistema prevenzionistico definito dal Testo Unico.

Il Regolamento n° 1907/2006 (REACH) ed il Regolamento n° 453/2010 (SDS) attraverso un sistema integrato di

  • registrazione;
  • valutazione;
  • autorizzazione;
  • restrizione;

delle sostanze chimiche si prefigge la gestione dei prodotti, mentre il Regolamento n° 1272/2008 (CLP) applicando in UE i criteri internazionali mutuati dal sistema globale armonizzato GHS si pone come obiettivo l’armonizzazione dei criteri per la classificazione e delle norme relative all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele.

Il documento è articolato in 6 capitoli. In sintesi il documento approvato:

1° capitolo: illustra la suddivisione del Titolo IX del T. U. in capi I, II e III di cui si evidenziano origini e relazioni con la normativa europea

2° capitolo: si riportano le definizioni delle classi pericolo previste nella nuova classificazione secondo il CLP ed i pericoli per la salute. Compare anche un paragrafo dedicato al confronto fra i due sistemi di classificazione CLP e Direttive CE.

3° capitolo: illustra in che modo l’introduzione dei regolamenti REACH e CLP possono essere di supporto ad una corretta valutazione del rischio. Viene sottolineata l’importanza della SDS quale strumento completo ed efficace per ricavare le info in merito alla pericolosità di sostanze e di miscele. Vengono inoltre approfonditi i significati di VLEP e dei DNEL e DMEL.

4° capitolo: viene tracciata una panoramica sugli aspetti generali e campo di applicazione del capo II e vengono riportate le definizioni previste dal Regolamento CLP per gli agenti chimici cancerogeni e per quelli mutageni. Compare anche un confronto fra il sistema di classificazione secondi i criteri del CLP e quello secondo le Direttive CE.

5° capitolo: si tratta la sorveglianza sanitaria evidenziando il fatto che le nuove SDS, previste nel Regolamento 453/2010, modificato dal Regolamento 830/2015, contengono elementi importanti per le valutazioni che il medico competente deve effettuare nel corso della sorveglianza sanitaria anche per definire i contenuti dei protocolli sanitari.  

6° capitolo: “autorizzazione e restrizione” si ricorda che ai sensi del Regolamento REACH alcune sostanze di particolare pericolosità le cosidette “SVHC” (substance of very high concern) potranno essere immesse sul mercato Europeo solo dopo aver ottenuto una specifica autorizzazione all’uso che verrà rilasciata solo qualora venga dimostrata l’impossibilità di sostituire nell’immediato la sostanza in questione e comunque assicurando le migliori condizioni di controllo e di limitazione dell’esposizione in linea con quanto prevede la normativa in tema di sicurezza e salute sul lavoro.

 

Il processo valutativo

Di seguito viene riportato in figura la schematizzazione del processo valutativo

Fig. 10: Schema del processo valutativo

La valutazione del rischio chimico può dimostrare che il rischio connesso alla presenza / esposizione ad agenti chimici pericolosi sia:

  1. Non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute;
  2. Non basso per la sicurezza e irrilevante per la salute;
  3. Basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute;
  4. Basso per la sicurezza e irrilevante per la salute

Secondo una definizione proposta dalle Regioni un rischio da agenti chimici:

  • Basso per la sicurezza, consiste in “un rischio per la sicurezza esistente nei luoghi di lavoro o parte di essi in cui sono presenti agenti di bassa pericolosità, in cui le condizioni locali e di esercizio offrono scarse possibilità di sviluppo di eventi incidentali ed in cui, in caso di tali eventi, la probabilità di propagazione degli effetti dell’incidente è da ritenersi limitata”;
  • Irrilevante per la salute è descritto come un “rischio generato da esposizioni lavorative il cui livello medio è dello stesso ordine di grandezza di quello medio della popolazione generale”.

Qualora i risultati della valutazione del rischio chimico dimostrino che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi sia solo un rischio “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute” dei lavoratori e le misure sia esse preventive che protettive siano sufficienti a ridurre il rischio, non si applichino le disposizioni degli articoli del T. U. n° 225 (Misure specifiche di protezione e di prevenzione), n° 226 (Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze), n° 229 (Sorveglianza sanitaria), n° 230 (Cartelle sanitarie e di rischio).

Se i risultati della valutazione dimostrano risultati diversi, a seconda dei casi deve essere prevista una appropriata procedura, ovvero:

  1. non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute

si devono attuare le disposizione previste dagli artt. :

  • art. 225 (misure specifiche di protezione e di prevenzione):
  • art. 226 (disposizioni in caso di incidenti o di emergenze);
  • nominare (se non già fatto per altri rischi quali, ad esempio VDT o MMC) un Medico Competente che dovrà:
    • sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria (art. 229);
    • istituire e aggiornare le cartelle sanitarie e di rischio (art. 230).
  1. non basso per la sicurezza ma irrilevante per la salute

si devono attuare le disposizione previste dagli artt. :

  • art. 225 (misure specifiche di protezione e di prevenzione):
  • art. 226 (disposizioni in caso di incidenti o di emergenze)

con l’esclusione degli:

  • art. 229 (sorveglianza sanitaria);
  • art. 230 (cartelle sanitarie e di rischio).
  1. basso per la sicurezza ma non irrilevante per la salute

si devono attuare le disposizione previste dagli artt. :

  • art. 225 (misure specifiche di protezione e di prevenzione);
  • art. 229 (sorveglianza sanitaria);
  • art. 230 (cartelle sanitarie e di rischio).

 

CONCLUSIONI

Le esigenze di mercato cambiano e per stare al passo, le organizzazioni debbono operare con criteri di efficacia e di efficienza tali da contribuire alla erogazione di servizi e prodotti migliori. È facile dedurre che, in considerazione del particolare contesto socio-economico in cui viviamo, solo le imprese / organizzazioni che si dimostrano costantemente in evoluzione e garantiscono servizi / prestazioni migliori possono sopravvivere e ottenere di conseguenza riconoscimenti e prestigio.

La redazione di un Documento di Valutazione del Rischio Chimico basato su un sistema di gestione o su un modello di organizzazione e di gestione rappresenta un sicuro investimento per l’impresa. L’adozione dello stesso, sistema o modello, permette di analizzare in maniera più immediata i rapporti tra i rischi valutati e le misure adottate, di osservare in maniera più razionale gli obblighi della normativa sulla sicurezza, di gestire in maniera più consapevole i cambiamenti economici, politici e organizzativi che investono inevitabilmente l’impresa e che si riflettono anche sulle procedure della sicurezza, migliorando la qualità dell’organizzazione aziendale e promuovendo la realizzazione del miglioramento continuo di tutte le attività dell’azienda. Da osservare, comunque, che il tutto può essere gestito meglio solo se inizialmente si è proceduti ad una attenta ed analitica valutazione dei rischi e redatto un documento di valutazione dei rischi, vero pilastro prevenzionale, in linea con le indicazioni Legislative.

Il ciclo attuato nel presente studio (pianificazione, attuazione, controllo e riesame) pone il costante accento sul “miglioramento continuo “che per poter permeare necessita, da parte del management aziendale, di avere ben chiaro cosa è necessario fare, enunciarlo nella politica aziendale e renderlo operativo declinandolo in obiettivi dell’organizzazione.

Quindi, l’obiettivo primario di un’azienda che voglia implementare una gestione che tende alla “efficienza, efficacia ed alla appropriatezza” non è quello di redigere un “semplice” Documento di Valutazione dei Rischi e delle “semplici” procedure. Il cammino della gestione del DVR deve articolarsi sia attraverso la ricerca dei processi motivanti in grado di catalizzare i fattori di coinvolgimento degli individui per la condivisione degli obiettivi sia, in particolare, nella conseguente modifica dell’organizzazione finalizzata alla realizzazione di un punto d’incontro tra gli obiettivi individuati e quelli dell’organizzazione stessa.

Ed è proprio questa l’Azienda che guarda in avanti.

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