Il rischio elettrico nei cantieri: uno scenario di rischio troppo spesso sottovalutato! Molte le sfaccettature da considerare per garantire la sicurezza dei lavoratori, partendo dall’impianto elettrico di cantiere, tanto sconosciuto ai più quanto pericoloso. Sotto l’esperta guida dell’ing. Gianmario Trezzi, si cercherà di fornire alcune semplici e pragmatiche indicazioni sui possibili punti critici da controllare per essere tranquilli che l'impianto stesso sia accettabilmente sicuro. Un contributo per accendere i riflettori su tale fonte di rischio, indirizzato soprattutto a chi si occupa di sicurezza nei cantieri ma non ha una specifica competenza in ambito elettrico.
Non solo le cadute dall’alto, ma anche il pericolo di folgorazione risulta tra gli importanti scenari di rischio nei cantieri, un settore ancora pesantemente colpito dagli infortuni sul lavoro. Rischio elettrico che, in questi ambienti, ha una natura peculiare, a causa della precarietà dei luoghi e della dinamicità degli impianti: almeno una parte di essi segue l’evolversi del cantiere stesso. A questo si aggiungono le gravose condizioni ambientali e di utilizzo. Ma le sfaccettature da considerare, per la tutela della sicurezza dei lavoratori contro i rischi di natura elettrica nei cantieri, sono molteplici. Un rischio complesso, che può causare gravi infortuni, dovuti ad un possibile arco elettrico o folgorazione, anche a distanza dall’impianto elettrico stesso o dall’apparecchio elettro-alimentato; il rischio, quindi, risulta indipendente dalla natura del lavoro stesso, ed è presente sia nei lavori elettrici, edili o di altra natura. Infatti, purtroppo, risulta frequente leggere di un operatore folgorato da corrente elettrica per le più disparate cause. Per essere folgorati è sufficiente, ad esempio, avvicinarsi e non necessariamente entrare in contatto con un conduttore di un elettrodotto con un braccio sollevatore di un mezzo, senza dimenticare i rischi dettati dal connubio “letale” tra energia elettrica e presenza di acqua (ndr. vedasi, ad esempio, infortuni con betoniere).
Eppure, spesso questo scenario di rischio è poco noto o, comunque, sottovalutato. Da qui l’idea di avviare una serie di contributi che possano accendere i riflettori sulla questione e fornire qualche spunto di riflessione soprattutto a chi non ha una competenza specifica in ambito elettrico. Partiamo soffermandoci sulle principali criticità di sicurezza che si possono incontrare in un impianto elettrico di cantiere, tanto sconosciuto ai più quanto pericoloso. Evitando di addentrarci nella complessità dell'impiantistica elettrica proveremo, in modo semplice e pragmatico, a fornire qualche indicazione utile sui possibili punti critici da attenzionare. Per farlo, abbiamo pensato di formulare e provare a rispondere ad una domanda banale, se non persino quasi inutile, che risulta però utile alla trattazione dell’argomento e che bisognerebbe comunque sempre porsi quando ci si trova di fronte ad un impianto elettrico di cantiere: “cosa si deve controllare per essere tranquilli che l'impianto stesso sia accettabilmente sicuro?” (ndr. “accettabilmente sicuro” e non “sicuro”, perché, si sa, la sicurezza assoluta, il rischio zero, non esiste).
Per rispondere a questa semplice domanda, però, bisogna fare delle necessarie premesse:
- Prima di tutto bisogna sapere che, se si parla di rischio elettrico, per cantiere non si intendono solo le aree dove si svolgono le lavorazioni di tipo puramente edile o di ingegneria civile (ad esempio come l'elenco dell'allegato X del D.Lgs. 81/2008) ma si intendono tutte le aree (fisse o mobili) in cui si svolgono qualsiasi tipo di lavorazioni temporanee (edile, elettrica, idraulica, meccanica, stradale, di potatura, ecc..).
- Per la sola parte inerente gli impianti elettrici, si considerano le cosiddette “aree proprie di cantiere” che corrispondono a quelle zone (fisse o mobili) direttamente interessate dalle lavorazioni temporanee (considerando tutte le tipologie di lavorazioni), rimanendo esclusi dalla definizione di “aree proprie di cantiere” gli ambienti non soggetti alle lavorazioni specifiche di cantiere, che potremo definire come “elettricamente standard”, quali mense, dormitori, uffici, servizi vari, sale riunioni, spogliatoi, uffici di vendita e simili.
- Per queste specifiche “aree proprie di cantiere” si applicano le regole elettriche specifiche per i cantieri, riportate nella CEI 64-8 sez. 704 e nella guida CEI 64-17, mentre per le altre aree, che per semplicità definiamo come “elettricamente standard”, si applicano le regole elettrotecniche generali.
- Gli impianti elettrici di cantiere sono soggetti a situazioni più stressanti e gravose rispetto agli ambienti “elettricamente standard” per molti motivi, quali ad esempio: la precarietà e le gravose situazioni di utilizzo, le intemperie (pioggia, caldo estremo, freddo, neve, ghiaccio, raggi UV), urti, polvere, getti d'acqua, acidi, solventi, aggressivi chimici, sporcizia, fauna, insetti, animali vari, flora, muffe. Non vanno dimenticati altri fattori importanti di stress dell'impianto elettrico quali: la lunga durata del cantiere, talvolta di anni, le dimensioni anche di chilometri dei cantieri stradali, ferroviari e gallerie, la mobilità delle varie parti costituenti l'impianto elettrico per adeguarsi e seguire lo sviluppo delle lavorazioni.
- Tutto questo porta ad avere delle situazioni di maggior rischio dell'impianto elettrico di cantiere rispetto alle situazioni “standard” e, pertanto, risulta necessario avere un livello di preparazione e di attenzione maggiore per i vari operatori presenti.
- Un fattore fondamentale da non dimenticare è che spesso l'impianto elettrico, in questo caso comprendiamo anche tutto quello che viene alimentato con l'elettricità, come gli utensili elettrici, i macchinari elettrici e le attrezzature elettriche, viene manipolato ed utilizzato da personale che non è consapevole del potenziale rischio elettrico presente; questo è dovuto alla diffusa mancanza di preparazione (i cosiddetti PEC) ed alla scarsa attenzione durante l'esecuzione delle varie lavorazioni ed operazioni.
Fatte queste premesse, cerchiamo di proporre degli spunti per rispondere alla domanda iniziale, analizzando le principali criticità che si possono incontrare in un impianto elettrico di cantiere.
L'analisi delle possibili criticità presenti possiamo dividerla in tre grandi gruppi:
- la parte documentale:
- Il progetto
Vi siete mai domandati perché non avete quasi mai visto un progetto di un impianto elettrico di cantiere? La risposta è semplice, basta leggere il DM 37/2008 art. 10 c. 2, che esclude dall'obbligo di redazione del progetto le forniture elettriche provvisorie per i cantieri. Questo comporta che, non intervenendo un professionista a progettare e quindi a dare delle indicazioni sulla realizzazione dell’impianto elettrico, tutta la realizzazione è lasciata alla “professionalità e responsabilità” dell’installatore elettrico, che in alcuni casi risulta carente, portando al conseguente aumento delle situazioni di rischio.
- La dichiarazione di conformità
In base al DM 37/2008 art. 10 c. 2, risulta obbligatorio il rilascio della dichiarazione di conformità dell'impianto elettrico di cantiere.
Bisognerebbe, però, soffermarsi ed analizzare nel dettaglio come deve essere compilata correttamente e come deve essere presentata una vera “dichiarazione di conformità alla regola dell'arte dell'impianto”, poiché la quasi totalità delle dichiarazioni sono o nulle o incomplete o redatte su modelli non conformi. Secondo l’esperienza personale di chi scrive, infatti, solo una percentuale intorno al 5% delle dichiarazioni risultano idonee, complete e compilate correttamente.
- Il calcolo di probabilità di fulminazione
Documento sconosciuto ai più; viene redatto generalmente solo su sollecito degli ispettori o dell'ASL-ATS e la quasi totalità delle volte, risulta essere incompleto, ovvero non sono considerate tutte le strutture presenti in cantiere.
- La classificazione degli ambienti
Documento inesistente nella quasi totalità dei progetti elettrici in ambienti “standard”; figuriamoci trovarlo nei cantieri dove non c'è nemmeno l'obbligo del progetto dell’impianto elettrico.
Ad avviso di chi scrive, però, è un documento essenziale per poter definire “le condizioni al contorno” e per poter scegliere i componenti corretti in base alle condizioni ambientali situate.
La presenza di sostanze aggressive, acidi o solventi, sono solo alcuni esempi per capirne l'importanza. In questi casi vanno definiti anche i componenti dell'impianto elettrico che possano resistere a tali sostanze; oppure se siamo in presenza di ambienti a rischio di esplosione, ecc...
- Le verifiche iniziali, di manutenzione e del DPR 462/2001
Se dicessimo “le verifiche queste sconosciute” potremmo sembrare banali e ripetitivi, ma diremmo il vero.
Nella norma CEI 64-8 ed. 08/2021, al capitolo 6, sono indicate le specifiche riguardanti le varie tipologie di verifiche inerenti agli impianti elettrici.
- Le verifiche preliminari:
Il D.M. 37/2008 all'art 7 c. 1 riporta: “Al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell'impianto, l'impresa installatrice rilascia al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati”.
Anche il modello della Dichiarazione di conformità riporta: “…DICHIARA sotto la propria personale responsabilità, …...avendo in particolare: …....controllato l’impianto ai fini della sicurezza e della funzionalità con esito positivo, avendo eseguito le verifiche richieste dalle norme e dalle disposizioni di legge.”
Questo significa che, se non vengono effettuale le verifiche con esito positivo, compresa la verifica di funzionalità, non può essere rilasciata la dichiarazione di conformità e quindi consegnato ed utilizzato l'impianto elettrico. Meglio non aggiungere altro sulla questione, perché si dovrebbe scrivere qualche pagina al proposito.
- Le verifiche di manutenzione periodiche
Questa tipologia di verifiche serve ad evitare che decada la responsabilità di chi ha redatto la Dichiarazione di Conformità dell'impianto alla regola dell'arte, a mantenere l'impianto efficiente (sostituire le parti difettose, rotte o non idonee) ed a mantenere l'impianto sicuro in tutte le sue parti. Si ricorda che ci sono molte norme e guide CEI inerenti alle verifiche da effettuare periodicamente sull'impianto elettrico; inoltre, il D. Lgs. 81/2008 all'art. 86 c. 1 riporta: “il datore di lavoro provvede affinché gli impianti elettrici …. siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza.”
- Verifiche periodiche del DPR 462/2001
Anche nei cantieri, si applica il D.P.R. 462/2001 per quanto riguarda le verifiche periodiche; infatti, i cantieri, per la maggior parte, risultano essere dei luoghi di lavoro (ovvero con presenza di lavoratori). Nel caso dei cantieri, la periodicità delle verifiche periodiche considerate nel DPR 462/2001, è di due anni. Andrebbe però stabilito da che data partire per calcolare i due anni, ma anche questo argomento sarebbe da approfondire dettagliatamente.
- la parte installativa:
- I conduttori elettrici.
Nei cantieri vanno utilizzati cavi CPR o non CPR? Come indica la direttiva CPR, i cavi utilizzati per l'alimentazione “temporanea” dell'impianto elettrico di cantiere, che poi allo smantellamento dello stesso cantiere vengono rimossi, non necessariamente devono essere rispondenti al tipo CPR.
Una questione importante da considerare è che non esiste un cavo idoneo a tutte le situazioni installative, ad esempio il famoso cavo grigio (FG7OR), utilizzato spesso in varie situazioni, non è idoneo per la posa mobile, mentre il cavo nero (H07RN-F) usato per la posa mobile e per le prolunghe non è idoneo per la posa fissa interrata, infine il cavo FROR, molto apprezzato dagli installatori per sua flessibilità, non è idoneo per la posa fissa all'esterno.
Nei cantieri, bisogna porre attenzione alle rotture ed alle mancanze di isolamento dei cavi, essendo queste situazioni spesso cause di guasti e di rischi di folgorazione.
Da non dimenticare la scelta delle sezioni idonee dei conduttori ed i colori corretti dell'isolante a secondo dell'uso del cavo stesso. Spesso si assiste, invece, a situazioni problematiche con cavi G/V nastrati con colori vari ed utilizzati per scopi non idonei (fase o neutro di impianti elettrici).
- I quadri elettrici.
I quadri elettrici tipici per cantieri, ovvero situati dove si svolgono le lavorazioni, devono essere conformi alla norma CEI 17-117 ed. 2013-09, ovvero del tipo ASC.
All'ingresso di ogni quadro elettrico di cantiere va previsto un sezionamento (interruttore generale) ed una protezione contro le sovracorrenti (interruttore MT).
Gli interruttori devono poter essere bloccati in posizione di “circuito aperto” mediante l'utilizzo di blocchi, lucchetti, chiavi, o soluzioni simili; questo viene richiesto per potere eseguire le manutenzioni, riparazioni degli utilizzatori collegati al quadro elettrico di cantiere in questione, in assoluta sicurezza da parte degli operatori.
Importante sottolineare che gli operatori che tolgono tensione, per poter eseguire i lavori fuori tensione, devono essere obbligatoriamente qualificati come PAV o PES (CEI 11-27 art. 5.2.2).
Come per tutti i quadri elettrici, anche i quadri elettrici di cantiere, devono avere una targa identificativa come richiesto dalla norma, visibile anche a quadro funzionante ed indelebile; i dati da riportare sono indicati nella norma CEI 17-117 art. 6.1.
Riportiamo alcune importanti indicazioni della guida CEI 64-17:
- art. 7: “L’impianto di cantiere va sempre alimentato da un quadro elettrico generale di cantiere anche se l'alimentazione è derivata da una presa.”
- art. 7.4: “il quadro ASC deve essere dotato di mezzi per il sollevamento grado minimo IP44 a portello chiuso e IP21 a portello aperto. il dispositivo di arresto di emergenza deve essere accessibile in tutte le condizioni di utilizzo del quadro.”
- Le protezioni (sezionatori, interruttori magneto termici ed i differenziali).
In tutti gli impianti, e quindi anche in quelli di cantiere, i circuiti vanno protetti dai sovraccarichi con interruttori automatici MT o con Fusibili. Le protezioni devono essere coordinate con le portate dei cavi delle linee che proteggono e vanno coordinate anche con gli utilizzatori collegati direttamente all'impianto (ovvero non con presa-spina) ed i comandi presenti nel circuito.
Si riporta un semplice esempio: un conduttore in rame con sezione da 4 mmq non è protetto da un interruttore da 63A, ma deve essere scelto un interruttore, a seconda delle “condizioni al contorno” e “condizioni di posa”, con una corrente nominale termica all'incirca da 16-20A.
Un punto fondamentale per la sicurezza degli operatori e dei fruitori dell'impianto elettrico è capire ed applicare correttamente il concetto del potere di interruzione degli interruttori installati. Quando di progetta e si realizza un pilastro o una trave bisogna essere sicuri che siano in grado di reggere in sicurezza i carichi di pertinenza, senza che la struttura collassi o si fessuri. Lo stesso concetto va applicato agli interruttori elettrici, che devono essere in grado di reggere la corrente di corto circuito presente nel punto di installazione, per evitare che in caso di corto circuito esplodano o brucino; infatti, i valori della corrente di corto circuito è elevatissima, normalmente risulta di qualche migliaio di ampere. Per avere un termine di riferimento, al contatore di casa, quindi monofase, la norma CEI 0-21 art. 5.1.3 considera il valore della corrente di corto circuito fino a 6.000A; in un impianto trifase in BT può arrivare a 10.000A o 15.000A. Immaginate la potenza/energia che si libera in caso di corto circuito con correnti così elevate.
Altro argomento fondamentale, non solo nei cantieri in verità, ma in tutti gli impianti elettrici, è quello inerente alla scelta della protezione dai contatti indiretti mediante utilizzo di interruttori differenziali. Purtroppo, questo è un argomento tra i più sconosciuti ed anche disattesi, anche da parte di molti operatori e progettisti qualificati.
Vi sono quattro tipologie di differenziali (denominati di tipo “AC” - “A” - “F” - “B”), che vanno scelti a seconda della tipologia della “distorsione di corrente” che viene introdotta dal carico collegato a valle del differenziale stesso. Il dispositivo differenziale serve a proteggere tutte le persone (non solo negli ambienti di lavoro) da un eventuale folgorazione per contato indiretto.
Ognuno dei quattro differenziali presenti in commercio ha delle specifiche caratteristiche che gli permettono di intervenire in caso di dispersione di un “certo tipo di distorsione di corrente”, aprendo il circuito (ovvero togliendo tensione) e quindi “proteggere-salvare” la persona dalla folgorazione o comunque limitarne i danni alla persona stessa.
Non potendo entrare nel dettaglio tecnico, che richiederebbe alcune pagine di spiegazione, si riportano di seguito alcune indicazioni di massima esemplificative per la scelta del tipo di differenziale che si potrebbe installare a seconda del tipo di utilizzatore presente nell'impianto (ovviamente andrebbe approfondito il tipo di corrente dispersa dall'utilizzatore per poter dare delle indicazioni precise):
# presenza di alimentatori - trasformatori monofase utilizzare differenziale almeno di tipo “A” se non presente multifrequenza o componente continua oltre 6mA;
# illuminazione con lampade a fluorescenza o a tecnologia a LED utilizzare differenziale almeno di tipo “F” se non presente componente continua oltre 10mA;
# apparecchi o motori con presenza di inverter trifasi – differenziale di tipo “B” (attualmente la quasi totalità dei motori elettrici, anche di potenza ridotta, hanno inserito nel circuito di comando un inverter).
- I gradi di protezione dei componenti elettrici e degli utilizzatori.
In generale per la protezione dal contatto diretto, si richiede, per i vari componenti elettrici, che abbiano un particolare grado di protezione, il famoso grado IP, pari almeno a IPXXB.
Nei cantieri, per la presenza di varie situazioni critiche per l'impianto elettrico, quali: la polvere, gli spruzzi ed i getti d'acqua, l'immersione e la pioggia, si devono scegliere dei componenti elettrici aventi un grado di protezione maggiore. Ad esempio, per tutti i componenti dell'impianto elettrico (compresi gli utilizzatori elettrici), è richiesto il grado minimo pari ad almeno IP44, se in presenza di polvere IP66 e, se in presenza di probabile immersione, è necessario un valore di IP ancora maggiore.
Le prese a spina del tipo civile non sono ammesse per il semplice motivo che non è garantito il grado di protezione richiesto IP44 o maggiore.
Si ricorda che per le prese a spina e gli apparecchi utilizzatori mobili con correnti nominali fino a 32A, si applica una protezione specifica consistente in uno dei seguenti metodi:
# dispositivo differenziale con Idn =30 mA,
# alimentazione con sistema SELV (U < 50V),
# separazione elettrica con alimentazione singola per ogni presa o apparecchio.
- L'impianto di dispersione elettrica verso terra (cosiddetta messa a terra elettrica) e l'impianto di equipotenzialità.
In tutti gli impianti elettrici e quindi anche nei cantieri, una delle parti essenziali per la sicurezza elettrica è l'impianto di dispersione elettrica verso terra (noto come impianto di terra).
Si deve quindi prestare molta cura ed attenzione alla progettazione, alla realizzazione ed alla manutenzione di questa parte dell’impianto elettrico fondamentale per la sicurezza di impianto elettrico. Infatti, la corrente passa solo se c'è una differenza di potenziale, come l'acqua scorre se c'è una differenza di altezza. Quindi risulta chiaro che, se non ho una differenza di potenziale, ovvero se due parti conduttrici hanno la stessa tensione-potenziale (anche 10.000V), tra loro non passa corrente. Diventa, così, lapalissiana l’importanza per la sicurezza di avere tutto l'impianto il più possibile allo stesso potenziale (tensione); ovvero risulta fondamentale per avere tutto alla stessa tensione-potenziale per realizzare un buon impianto di terra ed equipotenziale.
Si ricorda che, per rispettare le norme, nei cantieri, va verificata la relazione Idn * Rt ≤ 25, dove Idn è la corrente in Ampere di intervento nominale del differenziale e Rt è il valore in Ohm della resistenza dell'impianto di dispersione elettrica verso terra.
Una domanda che usualmente viene posta è questa: “il ponteggio va collegato all'impianto di messa terra elettrica?”. Spesso la risposta semplicistica più comune, di chi opera in campo, è che il collegamento di terra del ponteggio viene eseguito solo se si ha sentore di un'ispezione.
Vediamo invece cosa dicono le norme di settore. Un ponteggio va collegato all'impianto di messa a terra elettrica se si riscontra almeno una delle seguenti quattro condizioni:
1- se non risulta autoprotetto dalle scariche atmosferiche, condizione da verificare mediante il calcolo di probabilità di fulminazione elaborato in accordo alla CEI 81-10/2 edizione 02-2013.
Il ponteggio è una struttura metallica di notevoli dimensioni situata all'aperto e deve essere protetta contro i fulmini, ai sensi del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro D. Lgs 81/08, art. 84 e All. IV, art. 1.1.8 (ex DPR 547/55, art. 39 abrogato);
2- se presenta una resistenza elettrica verso terra < 200 Ohm, quindi diventa una massa estranea, in accordo alla CEI 64-8 art. 23.3;
3- se vi sono collegati degli apparecchi elettrici o parti di impianto elettrico non a doppio isolamento, ovvero senza il simbolo del doppio quadrato;
4- nel caso siano collegate delle “masse” (= parti metalliche di un apparecchio elettrico che possono andare in tensione come da CEI 64-8 art. 23.2) e che non abbiano un cavo G/V di collegamento all'impianto di dispersione elettrica verso terra.
Queste considerazioni si applicano a tutte le strutture metalliche presenti nell'impianto elettrico in generale e nel cantiere in particolare, ovvero sono regole valide anche per le baracche metalliche, scaffalature metalliche importanti, tettoie metalliche e parti metalliche simili.
- Gli ambienti conduttori ristretti.
Questa tipologia di luoghi o meglio di situazioni, risulta per lo più sconosciuta, non sono, come potrebbe sembrare, i famosi “ambienti confinati”, ma semplicemente, come riportato nella CEI 64-17 art. 6.7: “si intendono quei luoghi limitati essenzialmente da superfici metalliche o comunque elettricamente conduttrici nei quali è probabile che una persona possa venire in contatto con tali superfici attraverso un'ampia parte del suo corpo ed è limitata la possibilità di interrompere tale contatto”.
Un esempio di luoghi conduttori ristretti che possono essere presenti nei cantieri sono piccole cisterne metalliche, interno di tubazioni metalliche, cunicoli umidi, scavi ristretti nel terreno con paratie metalliche o con presenza di acqua e strutture a tralicci.
In presenza di queste situazioni va posta attenzione alla realizzazione dell'impianto elettrico per evitare la folgorazione degli operatori, per questo vanno previste delle precauzioni quali l'uso di alimentatori di tipo “SELV” o di trasformatori di isolamento.
Giunti fin qui, speriamo di essere riusciti a rispondere in modo chiaro alla domanda iniziale, mettendo in evidenza quelle criticità che costituiscono l’ABC da valutare se si parla di sicurezza dell’impianto elettrico di cantiere. Spesso gli incidenti in ambito elettrico sono proprio il frutto di errori grossolani, derivanti dalla mancata conoscenza delle regole di sicurezza e buone prassi, che devono invece essere comprese nella cosiddetta “cassetta degli attrezzi” di chi si occupa di impianti elettrici e soprattutto degli addetti alla sicurezza nei cantieri. Anche la fretta e la temporaneità, connessa ad operazioni di breve durata o accessorie, considerate effimere rispetto alla complessità dell’opera da realizzare, sono condizioni che possono costituire un alibi incentivante per bypassare le linee di guardia. Misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i rischi di natura elettrica finiscono, così, per essere viste come sovrastrutture pesanti che fanno perdere solo tempo prezioso. Infatti, troppo frequentemente, si dà spazio a cantieri dotati di impianti con dispositivi di sicurezza che non rispettano le normative vigenti o con “apparecchi portatili” per risolvere i problemi di fornitura di energia elettrica. La guardia, invece, non può essere mai abbassata. Il rischio elettrico è un rischio subdolo: la corrente e la tensione non si vedono e non risultano percepibili se non dopo il contatto, per questo è importante averne consapevolezza e conoscere sempre tutte le regole del “gioco”. Un primo germe sull’argomento è stato buttato, ma di carne al fuoco ce n’è ancora molta per la prevenzione e protezione dal rischio elettrico nei luoghi di lavoro. Avremo modo di approfondire gli altri aspetti di sicurezza in un prossimo contributo.