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Alcune considerazioni del Presidente Vitale in occasione del convegno "Sicurezza sul lavoro, dal dire al fare". Pubblicato su PuntoSicuro giovedì 9 novembre 2023
L’Ispettorato territoriale del Lavoro di Brescia in collaborazione con INAIL ed INPS, Confcooperative, Legacoop, AGCI e con le organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL, ha organizzato un partecipato incontro dal titolo emblematico “Sicurezza sul lavoro, dal dire al fare” presso la Camera di Commercio di Brescia nel corso della quale al Presidente AiFOS Rocco Vitale è stato affidato un intervento sulla cultura della sicurezza, di cui pubblichiamo un estratto.
In questa importante giornata di confronto e di dibattito il tema della cultura ad un alto livello è sicuramente rappresentato da un grande scrittore come Franz Kafka che era un ispettore del lavoro di giorno e scriveva la notte. Un riconoscimento all’Ispettorato Territoriale del Lavoro che ha organizzato questo incontro.
Un famoso ospite di una trasmissione TV negli anni ’80 dispensava consigli agli studenti, una fiera dell'ovvio, come "È meglio essere promossi a giugno che bocciati a settembre".
Anche oggi, a fronte di un incidente sul lavoro, grande o piccolo che sia, la questione viene liquidata con una formula ovvia “Manca la cultura della sicurezza...” oppure “è un problema di cultura della sicurezza”.
Un’affermazione semplicistica, general generica, che non aiuta a cambiare le cose.
Però questo concetto, comunque sia espresso, contiene una grande affermazione e ricorda l’importanza del fattore umano ed il mondo dei valori. E anche quando ci occupiamo di argomentazioni e procedure tecniche non dimentichiamo la lezione di Protagora, filosofo greco del 400 a.c., con la sua affermazione “l’uomo è la misura di tutte le cose”.
Dopo l’uscita del D. Lgs. 626 nel 1994 la sicurezza sul lavoro cambia radicalmente il suo approccio. Con l’introduzione delle direttive sociali europee si passa dalla sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva ovvero dalla sicurezza della macchina alla sicurezza dell’uomo. Viene quindi ad assumere maggior valenza - quando si parla di infortuni sul lavoro - il cosiddetto fattore umano.
Gli studi e le ricerche (peraltro vecchie e non aggiornate) indicano che gli incidenti e gli infortuni sul lavoro sono attribuibili
Poche sono le analisi sull’80% dei cosiddetti errati comportamenti umani e spesso viene additato di questi errori il singolo lavoratore mentre il vero problema non è dei singoli ma dal modello organizzativo.
Nella scorsa legislatura la Commissione parlamentare di inchiesta condizioni di lavoro in Italia, sfruttamento e sicurezza luoghi di lavoro nella sua relazione finale, che pochi avranno letto e di cui nessuna disposizione legislativa ha fatto tesoro, individuava in questo ambito la grande carenza dell’organizzazione aziendale quale causa primaria della mancanza di sicurezza sul lavoro. Quindi il focus si sposta e viene ricondotto dalla cosiddetta cultura della sicurezza alla cultura del lavoro. Se non c’è lavoro è inutile parlare di sicurezza e quando il lavoro cambia, cambia anche la sicurezza.
In questo contesto il D. Lgs. 81/2008, che pure presenta grandi novità ed innovazioni, viene applicato in modo statico e non dinamico. Basti pensare al Documento della Valutazione dei Rischi che una volta elaborato resta il principale documento di riferimento. Però resta fisso, sempre lo stesso, senza modifiche sostanziali, senza pensare e verificare come si deve adeguare al cambiamento. Invece si lasciano le cose come stanno! Il cambiamento fa paura. Il D. Lgs. 81/2008 indica anche lo strumento per attuare questi cambiamenti: la riunione periodica annuale che deve esaminare e modificare il D.V.R. Ma in quante riunioni periodiche ciò avviene?
Per ritornare alla cultura del lavoro, si tratta di una operazione non facile a fronte di numeri e dati che gridano e ci stordiscono. I dati Inail, i soli che possediamo, (precisando che si tratta di una lettura “assicurativa”) indicano per lo scorso anno (2022) che si sono avuti quasi 700.000 infortunati, in aumento rispetto l’anno precedente e 1.090 morti sul lavoro.
Quest’anno, 2023, si contano già 896 vittime; nel solo mese di settembre si sono avuti 118 morti (non morti bianche) ma morti veri. Una media di 4 morti al giorno che supera la soglia (di quella drammatica) dei 3 morti al giorno.
Sempre nel solo mese di settembre in Lombardia, prima regione d’Italia 14 morti e all’interno della Regione la nostra provincia, Brescia, con 7 morti. il 50% del tragico bilancio regionale.
Una parentesi sulla Lombardia. I dati ufficiali del 2021 confermano 193 morti sul lavoro. Sono il 14% dei morti in Italia in una Regione che produce il 22% del PIL nazionale.
I grafici presentano nell’ordine le regioni con più infortuni: Lombardia, Campania, Lazio, Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, ecc.
Però se si calcola il numero degli infortuni mortali ogni 100 mila occupati la Lombardia si trova nel penultimo posto e tra le prime Regioni troviamo Molise, Basilicata, Campania, Abruzzo, Puglia, Umbria, ecc.
Difficile in questa fase storica ripensare e costruire una cultura del lavoro. La cultura in azienda è un insieme di valori che caratterizzano l’azienda stessa ed è caratterizzata dal suo modello organizzativo, l’organizzazione degli ambienti e degli spazi, la gestione delle risorse umane, lo stile di comunicazione, i tempi e gli ambiti del lavoro, l’impegno sociale e l’innovazione. Insomma una bella versione dell’art. 1 della Costituzione in base al quale “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro”. Ma è ancora così?
Sono, ancora una volta, i dati a parlare chiaro e dare un quadro impietoso. La partecipazione dei lavoratori al mercato del lavoro è tra le più basse in Europa. Tra il 1990 ed il 2020 in Germania ed in Francia i salari medi sono cresciuti del 30% ed in Italia diminuiti del 2%. Nel 2022, secondo Mediobanca, la perdita del valore d’acquisto dei salari è stato del 22%. Vi è una tendenza piuttosto chiara che indica il valore del lavoro, in Italia, valere sempre meno. Però non ci sono lotte o manifestazioni di massa, la protesta sociale quasi inesistente. Mancano le forme di azione sociale tipiche della seconda metà del ‘900. Vi è una quasi assenza del conflitto sociale che, a prima vista può apparire positiva ma rischia di nascondere nuove insidie. La popolazione adulta che, una volta, era quella che “partecipava al conflitto sociale” è oggi diventata una forma di “adattamento”. Viene sempre meno la spinta individuale a migliorarsi attraverso il lavoro per la realizzazione di sé stessi e contribuendo alla crescita della comunità.
Ma è proprio questo momento di crisi, di quella che Bauman definiva "la società liquida" si possono ritrovare e costruire le nuove opportunità. La società liquida che ci inonda, diceva Bauman, può essere fermata dall’uomo con la costruzione di dighe e d argini. Ciò oggi significa ripartire dal lavoro. L’innovazione tecnologica, le moderne tecniche di produzione, l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata, il passaggio ad una nuova rivoluzione industriale, un nuovo Rinascimento, sono alla base di una riscoperta della cultura del lavoro.
Negli ultimi anni il Parlamento ha apportato piccole ma significative modifiche al D. Lgs. 81/2008. Più di un tavolo tecnico al Ministero del lavoro stanno lavorando per modificare lo stesso D. Lgs. 81/2008. Deve essere approvato un nuovo Accordo Stato Regioni sulla formazione che non riscuote adesione unanime delle parti sociali. La formazione rientra tra le sfide più importanti e rientra a pieno titolo nella cultura del lavoro. Le proposte attuali non rispondono alle nuove necessità del lavoro in quanto costituiscono solo adempimenti formali senza incidere sui nuovi modelli formativi.
La formazione è un elemento della crescita professionale e culturale dei lavoratori per attuare il passaggio dalla salute e sicurezza al benessere organizzativo: questa è la cultura del lavoro per fare la sicurezza.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
25123 Brescia, c/o CSMT Università degli Studi di Brescia - Via Branze, 45
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