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Pensieri e riflessioni sulla videoconferenza sincrona, in attesa di una regolamentazione ufficiale. Di Claudia Nicolò e Monica Galli
Il 20 luglio scorso UNI, Ente Italiano di Normazione, ha pubblicato il documento UNI/PdR 149:2023 che raccoglie prescrizioni riguardanti la formazione in videoconferenza sincrona per salute e sicurezza sul lavoro. Questa modalità di erogazione dei corsi si è sviluppata durante l'emergenza sanitaria causata dal COVID-19, per poter continuare ad adempiere agli obblighi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonostante la mancanza di un riconoscimento legislativo della stessa. Questo riconoscimento è arrivato solo con la Legge n. 52 del 19/05/2022, dove la formazione erogata in videoconferenza sincrona è stata equiparata alla formazione in aula. Tuttavia, non sono state regolamentate le modalità di organizzazione e erogazione.
Questa mancanza di regolamentazione ha portato i soggetti formatori abilitati ad adottare approcci disomogenei. In questo quadro, UNI si è posta l'obiettivo di fornire, ai soggetti formatori, linee guida per migliorare l'efficacia della formazione in videoconferenza sincrona. Senza descrivere in dettaglio la proposta, voglio sottolineare come la prassi UNI riconosca delle specifiche peculiarità alla videoconferenza, che devono essere prese in considerazione durante tutto lo sviluppo del processo formativo, dalla pianificazione/progettazione fino al monitoraggio/valutazione.
La formazione è un insieme di conoscenze da passare (imprescindibile), ma soprattutto la sua validità si esprime nella evoluzione del mind-set e quindi del comportamento. Per la gestione della sicurezza è fondamentale che questo passaggio si attui. Ho quindi chiesto ad una mia collega formatrice come fosse cambiato il suo modo di fare formazione. Questa la sua risposta:
“Innanzitutto, davanti a questa domanda mi viene in mente la differenza di tensione per la performance, di conoscenze acquisite fra la docente che entrava le prime volte in aula, e la docente consapevole che sono oggi. Ma fra tutte le risposte che potrei dare, una ha preso una connotazione distintiva, particolare, fuori dagli schemi, anche se nata come battuta, e cioè che ho imparato a parlare con un video. Quando ho iniziato a fare le lezioni in videoconferenza, naturalmente ero consapevole che dall’altra parte ci fossero delle persone, ma mi sono sentita comunque in grande difficoltà, quasi spersonalizzata. A fine lezione non mi sentivo completamente soddisfatta, perché non ero sicura di aver realmente percepito l’aula. Io sono una docente “emotiva” e quindi uso moltissimo le indicazioni che i “linguaggi sottili” dei partecipanti mi trasmettono. I partecipanti erano attenti o solo “fissi”? Non è stato per niente facile. Per me, che gesticolo e mi muovo costantemente in aula, stare seduta 4 o 8 ore cercando di far passare i concetti solo con la voce e la mia faccia, ha scatenato oltre che frustrazione anche la necessità di cambiare o, meglio, adeguare il MIO MODO di “fare aula” ad un NUOVO MODO di “fare aula”. A parte le mie difficoltà, ho raccolto anche alcune indicazioni dai partecipanti, concludendo che, anche per loro, non fosse semplice perché si sentivano più spettatori che partecipanti. Poi col tempo ho sviluppato anzi rinforzato le mie strategie e ho lavorato più sull’uso di parole chiave, delle pause e naturalmente degli strumenti che l’aula virtuale mi metteva a disposizione. Alcuni di questi strumenti, in seguito, si sono integrati anche nei corsi successivi tenuti in un’aula fisica.”
Dalla testimonianza della collega si possono comprendere le complessità relative alla “formazione a distanza” che, all’improvviso, hanno dovuto affrontare i docenti e i discenti, quando è scoppiata la pandemia, senza aver avuto la possibilità di un percorso preparatorio, di un processo di cambiamento graduale.
Innanzitutto, è fondamentale sottolineare l’aspetto tecnologico. Per quanto importante non mi voglio soffermare sull’aspetto puramente tecnico relativo a problemi infrastrutturali di rete o di scelta delle piattaforme, ma sul rapporto uomo / macchina. Come dice la collega ha dovuto imparare a “parlare con un video”, e questo ha generato in lei un senso di “spersonalizzazione”. Questo senso di alienazione è stato riscontrato diversi docenti, sia quelli che adottano metodologie attive che quelli che conducono una lezione prettamente frontale. Schermi piccoli, webcam spente non aiutavano sicuramente a superare questa difficoltà. Non aiutava neanche l’atteggiamento di resistenza al cambiamento.
Sembra solo un gioco di parole ma l’altro aspetto di difficoltà della cosiddetta “formazione a distanza” è stato la “distanza”. A livello semantico, questa parola, soprattutto se affiancata al suo opposto “vicinanza” assume di per sé, in qualche modo, una connotazione negativa. Inoltre, la prossemica, termine che Edward T. Hall ha coniato per tutte quelle osservazioni e teorie correlate all'utilizzo dello spazio da parte dell'uomo come elaborazione di una cultura, è uno degli aspetti fondamentali che noi formatori utilizziamo. Siamo consapevoli infatti consapevoli dell’importanza dell’orientamento, della distribuzione delle postazioni del docente e dei discenti, degli spostamenti nell’aula, della gestione dello spazio fisico in generale, che diventa espressione di uno spazio emotivo, con connotazioni anche culturali e di contesto. Tutto questo per poter garantire un ambiente di apprendimento favorevole e riuscire ad instaurare una relazione efficace tra docente e discenti e fra i discenti stessi, elementi fondamentali per raggiungere quel cambiamento che si auspica.
Solo il cambio di attitudine, la volontà di mettersi in gioco, apprendendo tutto quello che la tecnologia può offrire, trovando soluzioni che permettano di aver un contatto più diretto (es. utilizzo doppio schermo) ma anche attraverso un’evoluzione delle riflessioni sul ruolo di noi come formatori, in un’epoca che sta cambiando e che ha nuove esigenze, in alcuni casi anche nuovi valori, possono aiutare a trovare una strada valida per poter erogare una formazione in videoconferenza realmente efficace. La sfida è infatti, trovare un modo in cui la lontananza fisica si annulli creando una vicinanza negli interessi, nei valori e nelle emozioni, riuscire a generare nei partecipanti, pur con un mezzo che filtra, un sistema di ancoraggio e quindi di apprendimento che li porti a generare e perseguire quella consapevolezza che ci si auspica raggiungano.
La formazione a distanza ha una distanza, non si può negare. Questo però non la deve limitare, bisogna renderla produttiva di effetti reali con le tecniche, conoscenze e competenze che abbiamo a disposizione.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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