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Approfondimento a cura di Marco Masi, Coordinatore Comitato Tecnico Sicurezza ITACA e Presidente del Comitato Scientifico AiFOS
Il 9 aprile 2008 veniva approvato il decreto legislativo n.81, più noto come Testo Unico sulla Salute e Sicurezza su lavoro, al termine di un lavoro iniziato con la legge 3 agosto 2007, n. 123 recante “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”.
Ho avuto l’onore di partecipare ai lavori in qualità di coordinatore del Comitato Tecnico Interregionale Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro, della Conferenza delle Regioni e Province Autonome; sono stati mesi frenetici e faticosi, perché il Governo in carica si era posto l’ambizioso obiettivo di approvare il Testo prima delle elezioni, ma caratterizzati dal proficuo e leale confronto tra rappresentanti delle Istituzioni, tutti motivati dall’entusiasmo e dalla consapevolezza di lavorare per una giusta causa. Il Governo pur di non perdere una sfida rimandata da tempo, scelse di approvare il Testo da definire successivamente con una serie di decreti attuativi, la maggior parte dei quali però non ancora varati in questi dieci anni. Emblematica è la mancata operatività del Sistema Informativo Nazionale Prevenzione - SINP, la cui disciplina era stata rinviata ad apposito decreto ministeriale da emanare entro 180 giorni dall’entrata in vigore del d.lgs. 81/08.
La profonda trasformazione del rapporto tra la produzione, sempre più on demand e sempre meno programmata, e il mercato appare ormai un fatto strutturale che impone la necessità di adattare l’organizzazione del lavoro alle nuove esigenze non sempre perfettamente prevedibili. Le nuove forme contrattuali, l’ingresso e la rilevanza di nuove categorie di lavoratori, i processi di decentramento ed esternalizzazione di cicli o di interi segmenti produttivi, oltre a richiedere un’opera costante di monitoraggio e nuovi strumenti di analisi e di intervento, hanno fatto emergere nuovi condizionamenti dovuti a fattori molteplici e complessi che si aggiungono ai rischi “tradizionali” e “conosciuti”.
Valga su tutto la necessità di una preventiva ed efficace valutazione dei rischi soprattutto nella delicata fase di esternalizzazione, chiamando in causa più direttamente, quale momento principale del nuovo "sistema" della sicurezza, l’organizzazione del lavoro, le varie figure che svolgono ruoli determinanti in azienda e nella committenza pubblica e privata, il costo dell'opera e degli oneri per la sicurezza e la necessità di una pianificazione della sicurezza, fin dalla fase della programmazione e progettazione dei lavori, per poi proseguire, durante l’esecuzione, con il costante controllo dei subappalti, che spesso generano la diffusione di tipologie di lavoro a rischio di marginalità, soprattutto nel settore dell’edilizia.
Le politiche di emersione e del contrasto al lavoro irregolare ed insicuro, nel binomio legalità e sicurezza, debbono necessariamente passare attraverso la creazione di un idoneo e diffuso sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi. Per questo trovo ancora fortemente critica la mancata attuazione dell’art.27 del Testo Unico, di quella che sembrava a tutti la vera sfida lanciata dal d.lgs. 81 ovvero la qualificazione delle imprese, uno strumento normativo attraverso il quale dare risalto al valore dell’impresa ed escludere dal mercato operatori non adeguati alle sfide richieste, soprattutto in termini di tutela del lavoro ma anche di lotta alla concorrenza sleale.
Tra gli obiettivi della qualificazione delle imprese vi è infatti la verifica dei requisiti di idoneità tecnico-professionale degli appaltatori e dei lavoratori autonomi, a carico del committente nel caso di affidamento di lavori in appalto, e determinati standard contrattuali e organizzativi nell'impiego della manodopera.
Dopo l’esperienza del D.P.R. 177/2011, sulla sicurezza nei luoghi confinati, nessuna novità è intervenuta relativamente alle previsioni di cui agli artt. 6 comma 8 lett. g) e 27 del d.lgs. 81/08 che pure assegnavano dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.
Alcuni timidi tentativi di gestione della complessa materia si sono registrate nel 2011, con l’Avviso comune sottoscritto da parti sociali e da alcune associazioni di categoria relativamente alla patente a punti e nel 2013, con l’elaborazione della bozza del Regolamento sui requisiti di qualificazione in materia di sicurezza, che tuttavia non ha mai visto la luce.
Eppure, come detto in precedenza, occorrerebbe consolidare una cultura della salute, della sicurezza e della legalità del lavoro, attraverso il miglioramento dei sistemi di gestione aziendali, che trova sintesi nella certificazione delle imprese, affermando la sicurezza come indicatore di “qualità” di impresa e garantendo contemporaneamente un contrasto deciso alla concorrenza sleale e la possibilità di una scelta consapevole da parte della committenza, pubblica e privata, orientata verso un’efficace verifica dell’idoneità tecnico-professionale, principio strategico affermato dalle direttive comunitarie per i cantieri temporanei o mobili e ribadito appunto nel titolo IV del Testo Unico.
Un’opera di sensibilizzazione che, per essere pienamente efficace, dovrà riguardare non soltanto il mondo del lavoro e non solo i cittadini come lavoratori, ma anche i cittadini come consumatori dei beni e dei servizi prodotti dalle imprese, così che un giudizio sociale negativo possa pesare ancor più delle sanzioni, così come già avviene nei Paesi del nord Europa.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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