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Un approfondimento a cura del Consigliere Nazionale AiFOS Nicola Corsano: biologo, consulente e formatore in materia di salute e sicurezza sul lavoro
Il rischio di esposizione ad agenti biologici nei luoghi di lavoro necessita un approccio articolato in tema di valutazione e di gestione.
Tutte le attività lavorative nelle quali è presente tale rischio devono applicare il Titolo X del d.lgs. 81/2008 che contiene le regole per la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione a microrganismi potenzialmente patogeni. Sono comprese tutte le attività, sia quelle con uso deliberato di microrganismi sia quelle con rischio potenziale di esposizione. La differente tipologia di rischio espositivo condiziona gli adempimenti, delineati nei diversi articoli, che il datore di lavoro deve adottare e tra questi: la valutazione del rischio, l’adozione di misure tecniche, organizzative e procedurali, le misure igieniche e di emergenza, l’informazione e la formazione dei lavoratori, la sorveglianza sanitaria, l’istituzione dei registri degli esposti e degli eventi accidentali nonché dei casi di malattia e decesso.
Secondo la definizione del Decreto legislativo 81/2008 (articolo 267), per agente biologico si intende qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni.
Il rischio da agenti biologici, esclusa qualche eccezione, è però spesso sottostimato in molti luoghi di lavoro perché è spesso di tipo ambientale. La valutazione del rischio risente soprattutto della mancanza di valori limite di riferimento e della variabilità dei contesti lavorativi e delle attività lavorative in cui il rischio è configurabile.
È presente sia in attività lavorative in cui è "tradizionalmente" riconosciuta la presenza di agenti biologici (ambienti sanitari, laboratori di diagnosi e ricerca, settore dei rifiuti, allevamenti animali, ecc.), sia in ambienti come gli uffici, le scuole, i mezzi di trasporto, i centri estetici e sportivi, ecc., non esiste, pertanto, un ambiente di lavoro in cui tale rischio possa essere ignorato.
A titolo esemplificativo attività che possono comportare una esposizione potenziale al rischio da agenti biologici sono: Attività in industrie alimentari, Attività nell'agricoltura, Attività nelle quali vi è contatto con gli animali e/o con prodotti di origine animale, Attività nei servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e post mortem, Attività nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica, Attività impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti, Attività negli impianti per la depurazione delle acque di scarico e così via.
Esempi di settori lavorativi con l'uso deliberato di agenti biologici sono: Università e Centri di ricerca, Sanità, Zootecnia e Veterinaria, Industria delle biotecnologie (produzione di microrganismi selezionati).
Vanno considerate fonti di contaminazione biologica potenzialmente pericolosa le materie prime o le sostanze utilizzate, i fluidi biologici, la polvere organica, gli animali, gli insetti, le sostanze vegetali, la scarsa igiene o la cattiva gestione degli impianti aeraulici.
Se è vero che gli agenti biologici sono ubiquitari, nei luoghi di lavoro il rischio appare spesso particolarmente serio, sia perché il loro impiego può essere deliberato, sia perché il rischio di esposizione è associabile alla possibilità di punture e di tagli oltre che alla presenza di polvere e di bioaerosol, prodotti in svariate attività lavorative.
In un ambiente di lavoro però, possono essere presenti anche altri organismi potenzialmente responsabili di infezioni o allergie come alcuni artropodi (zanzare, zecche, pulci, blatte, acari, ecc.), alcuni mammiferi (per esempio ratti) o anche derivati vegetali e animali (pollini, peli e forfore).
Esiste infine il “rischio generico” dato da un’esposizione non professionale ad un agente biologico (es. influenza) ed equiparabile all’esposizione che si può avere durante le normali attività giornaliere, fuori dall’orario lavorativo. Questo caso non rientra tra gli obblighi del Titolo X del d.lgs. 81/2008.
La valutazione del rischio di esposizione ad agenti biologici è obbligatoria sia in caso di uso deliberato sia di esposizione potenziale a microrganismi, da ripetersi in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e comunque trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata. Nella valutazione vanno inoltre considerati i lavoratori con tutela speciale: Lavoratrici Madri (D.lgs 151/2001 art.7) e Minori (Legge 977/67 e s.m.i.).
Come per gli altri rischi e attribuita una fondamentale importanza all’informazione e alla formazione che deve essere completata prima che i lavoratori siano adibiti alla mansione e con una ripetizione con frequenza almeno quinquennale o ogni qualvolta si verificano dei cambiamenti nelle lavorazioni.
I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria.
Il processo della valutazione del rischio deve prevedere l’identificazione del pericolo, la caratterizzazione dello stesso, la valutazione dell’esposizione e la stima del rischio tenendo conto dell’Epidemiologia (frequenza e distribuzione dei casi, fattori di rischio e vie di trasmissione), della Microbiologia (patogenicità, fattori di virulenza e resistenza), del Monitoraggio Ambientale (diffusione e distribuzione dei microorganismi patogeni o indicatori) e del Contesto (procedure, percorsi e materiali).
Vie di trasmissione, pericolosità, l’azione, la dose infettante e la capacità di sopravvivenza sono caratteristiche importanti degli agenti biologici, vediamone il ruolo.
Diversamente dal rischio chimico in questo caso dobbiamo valutare 4 vie di trasmissione:
La pericolosità degli agenti biologici è determinata dalla:
L’azione degli agenti biologici può essere di tipo:
Un parametro molto importante inoltre è la dose infettante: numero di microorganismi necessari per indurre, sperimentalmente o accidentalmente l’infezione.
Per questo un fattore importante è la capacità di sopravvivenza dei microorganismi all’aria che è un ambiente poco adatto alla loro sopravvivenza e dipende da: umidità, presenza di sostanze organiche in traccia, temperatura, luce, ecc..
Il datore di lavoro che intenda utilizzare deliberatamente tali agenti biologici deve ottemperare - antecedentemente l’inizio dell’attività lavorativa - alcuni adempimenti specifici quali: l’autorizzazione del Ministero della Salute (per utilizzare agenti del gruppo 4 ) e la comunicazione (all’organo di vigilanza competente, almeno trenta giorni prima dell’inizio dell’attività, dal datore di lavoro che intende impiegare agenti biologici dei gruppi 2 e 3 o che é stato autorizzato a svolgere attività con impiego di agente biologico del gruppo 4 e nei casi di variazioni lavorative o uso di nuovi agenti).
Gli agenti biologici sono classificati in 4 gruppi:
Gruppi | Definizione |
1 |
Un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani |
2 |
Un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche |
3 |
Un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche |
4 |
Un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani, costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche |
C’è ancora molta strada da fare per una buona valutazione e gestione del rischio biologico.
Il caso dell’emergenza sanitaria attuale del Coronavirus SARS-CoV-2 (Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2) causa della malattia "COVID-19” (dove "CO" sta per corona, "VI" per virus, "D" per disease e "19" indica l'anno in cui si è manifestata) ha evidenziato quanto impreparati siano tutti i ruoli della sicurezza, formatori e consulenti inclusi. C’è chi asserisce, a mio avviso erroneamente, della necessità di un aggiornamento obbligatorio del DVR, chi classifica il virus SARS-CoV-2 in gruppo 2 anziché in gruppo 4 solo perché vi ha trovato indicata la famiglia dei Coronaviridae, per non parlare della sanificazione delle superfici e della scelta errata di DPI.
L’European Agency for Safety and Health at Work ha recentemente individuato i seguenti 12 rischi biologici di tipo emergente, intendendo per “rischio emergente” qualunque rischio lavorativo che sia “nuovo” e “in aumento”: difficoltà di valutazione dei rischi biologici, rischi occupazionali correlati alle epidemie globali, mancanza di informazioni sui rischi biologici, esposizione dei lavoratori a microrganismi farmacoresistenti, scarsa manutenzione dei sistemi di condizionamento dell’aria e idrico, formazione non adeguata del personale delle autorità locali, pericoli biologici negli impianti di trattamento dei rifiuti, esposizione combinata a bioaerosol e sostanze chimiche, endotossine, muffe nei luoghi di lavoro chiusi.
La strada è lunga, buon viaggio.
Nicola Corsano
www.linkedin.com/in/nicolacorsano
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