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23 maggio 2018

Interventi e commenti

Nicoletta Cornaggia: le Regioni e la sicurezza sul lavoro a dieci anni dall'entrata in vigore del Testo Unico

L'intervento della Coordinatrice del Gruppo tecnico interregionale salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in occasione del convegno nazionale "D.Lgs. 81/2008: a dieci anni dall'entrata in vigore, quali prospettive?"

Nicoletta Cornaggia: le Regioni e la sicurezza sul lavoro a dieci anni dall'entrata in vigore del Testo Unico

In materia salute e sicurezza sul lavoro (SSL) le Regioni, in coerenza con lo specifico Livello Essenziale di assistenza che chiede una copertura del 5% delle imprese attive, controllano le aziende. In concreto, dal 2013 al 2016 sono state controllate circa 146.000/anno imprese (pari al 6,7% di copertura) e, a seguito dell’accertamento di irregolarità, sono stati irrogati mediamente 35.000 verbali/anno.

Circa la metà dei controlli sono stati indirizzati al settore edile, in ragione di una priorità di rischio infortunistico che continua a permanere: mediamente sono state controllate 77.000 imprese edili/anno. La quota percentuale dei verbali irrogati sul numero di aziende controllate è diminuita dal 24,9% nel 2013 al 20,5% nel 2016; per il settore edile dal 26,9% al 18%. Il rapporto tra il decremento del numero totale delle aziende controllate – decremento conseguente anche alla riduzione di imprese attive – pari al 16,7% sul periodo osservato – e il numero di verbali irrogati evidenzia come il grado di rispetto della norma per la tutela del lavoratore sia cresciuta.

Ciò per affermare, sin da subito, che il D.Lgs. 81/08 si può dire, a 10 anni dalla sua emanazione, sia applicato in linea generale, una norma di riferimento cui le imprese guardano.

Anche se è pur vero che nei primi mesi dell’anno in corso il numero assoluto di infortuni mortali sul lavoro indagati dalle ASL – quindi privo degli infortuni stradali e di quelli in itinere che raccoglie INAIL – è cresciuto rispetto all’analogo periodo degli anni precedenti, si può affermare che non è urgente mettere mano al disposto normativo perché questo (al di là dei decreti ancora non emanati e da emanare) risulta essere adeguato. Questa, peraltro, è la riflessione che l’attuale Ministro Poletti ha condiviso anche con le Regioni nell’occasione dell’incontro realizzato in Conferenza dei Presidenti il gg 10 maggio scorso, incontro richiesto per comprendere cosa potesse essere realizzato di ulteriore a contrasto del fenomeno infortunistico.

Quale il valore del D.Lgs. 81/2008? Sicuramente, il modello organizzativo tripartito che si esplica attraverso la Commissione Consultiva Permanente art. 6 presieduta dal Ministero del Lavoro; il Comitato di Coordinamento dell’attività di vigilanza art. 5 presieduto dal Ministero della Salute; i Comitati di coordinamento Regionali e locali art. 7. Il valore di questi Comitati/Commissioni sta nel consentire a tutti i soggetti con diritto e dovere alla SSL - Istituzioni e parti sociali - di confrontarsi ed agire per definire politiche ed azioni di prevenzione. Il disegno normativo è corretto. Nella realtà, certamente, vi sono ambiti di perfezionamento: la Commissione Consultiva, dopo aver prodotto negli anni passati linee di indirizzo, esito del confronto tripartito, ha, negli anni più recenti perso la strada di un’operatività fruttuosa (peraltro, gli interventi che mi hanno preceduto hanno ricordato il tema della qualificazione delle imprese, alla cui definizione la Commissione Consultiva, nell’ambito della recente riunione presieduta dal Ministro ha deciso di procedere); allo stesso modo, il Comitato, pure, ha prodotto linee di indirizzo portate alla Conferenza Stato Regioni ed, oggi, è inoperoso; i Comitati Regionali e Provinciali possono rappresentare una realtà non omogenea in termini di frequenza delle convocazioni e di contenuto (seppure a loro parziale giustificazione non vanno dimenticate le Riforme dei Servizi Sanitari Regionali che hanno impegnato tante Regioni negli ultimi anni).

Quali sono gli ambiti di ulteriore sviluppo? Quelli portati dalle Regioni all’attuale Ministro sono:

  • Rinnovare la formazione alla SSL per tutti i ruoli.
    Innovare il percorso formativo dei lavoratori superando l’attuale impianto descritto mediante Accordi in Conferenza Stato Regioni dal 2006 al 2016, sviluppando le competenze di salute e sicurezza negli studenti nelle scuole, a cura dei docenti cui è riconosciuto il ruolo di leader educativi. Salute e sicurezza sul lavoro cessano di essere considerate materie da erogare agli adulti lavoratori in moduli frontali; diventano competenze (capacità ed abilità) sviluppate nei giovani studenti quali parte integrante dei curricula scolastici, ovvero del percorso formativo e professionale degli studenti/cittadini/lavoratori. La formazione alla salute e sicurezza è integrata nei curricola scolastici; è trasversale a tutte le discipline (es. matematica/fisica: concetto di quantità di moto; forze; energia – religione/diritto: etica; diritti/doveri, responsabilità personale, rispetto dei terzi – storia dell’arte: raffigurazione della malattia, della forza lavoro - …) e non è disciplina autonoma. Le scuole, previa verifica delle competenze acquisite, le certificano: si supera l’“attestazione della frequenza”.
  • Rinnovare i “controlli” nelle imprese unendo alle ispezioni anche altre modalità quali i percorsi strutturati di prevenzione/Piani mirati.
    Le ispezioni sono e restano una modalità di controllo, peraltro efficace. Un recente studio condotto in Lombardia da ATS Milano, Regione e Università ha evidenziato come nelle aziende ispezionate il numero di infortuni diminuisca in maniera più incisiva rispetto a quello delle aziende non controllate. Fatta salva la repressione che è lo strumento con cui intervenire di fronte ad irregolarità, i Piani/percorsi strutturati di prevenzione costituiscono la modalità con cui le ATS affiancano alla consueta attività di sopralluogo una moderna modalità di controllo che permette di assistere le aziende “virtuose”, ma con un gap di “capacità”, nell’applicazione di misure di tutela puntuali ed innovative.

Nell’occasione di indagini e sopralluoghi per eventi sentinella, anche conseguenti ad indagini di infortunio e di malattia professionale, le ATS hanno modo di individuare nuove e più efficaci misure di tutela la cui applicazione, se portata e descritta a tutte le aziende interessate, può prevenire analoghi ed ulteriori casi.

In questa logica, le ATS coinvolgono le aziende del loro territorio, accumunate - oltre che dalla “motivazione” alla salute e sicurezza sul lavoro - da un identico profilo di rischio, in percorsi strutturati di prevenzione che consentono alle stesse, attraverso seminari/riunioni/sessioni informative e formative ed un susseguirsi di processi di autovalutazione e valutazione dei rischi collegiale (in un periodo determinato), di conoscere ed applicare autonomamente nelle loro sedi/reparti quelle misure tecniche, organizzative e procedurali (sempre ulteriori rispetto alla norma statale) che scongiurano nuovi infortuni e nuove malattie professionali.

Con questa modalità, che consente di verificare e perfezionare l’adozione di specifiche misure di tutela in molte aziende contemporaneamente, le ATS possono rendere più efficiente l’attività di controllo sul loro territorio.

Un esempio di Piano mirato pressoché storico in Lombardia, perché pioniere di questa modalità, è stata la diffusione della procedure idonee a ridurre gli infortuni nell’utilizzo delle macchine spargisale per il trattamento antigelo delle strade nei mesi invernali, realizzata dall’allora ASL di Monza e rivolta alle aziende addette alla pulizia invernale delle strade. Un esempio, se vogliamo, “di successo”, è stato il percorso realizzato dell’allora ASL di Milano per controllare le aziende impegnate nella realizzazione di EXPO; evento che non ha registrato alcun grave infortunio sul lavoro.

Riguardo ai Sistemi Informativi, riprendo ciò che ha detto il Sen. Sacconi: Il SINP è in stallo; non giungono convocazioni al Gruppo incaricato di concretizzarlo. Ve ne è urgenza; se non altro per verificare che il disegno del SINP sia effettivamente efficace al bisogno di programmazione dei Servizi. Il dubbio è che possa produrre sì un’analisi ricca della realtà, ma datata: e sappiamo che per programmare il domani servono dati aggiornati.

Resta che il tema dei sistemi informativi è centrale per l’attività di prevenzione a tutela del lavoratore. In questo senso, la prospettiva della sospensione dei Flussi Informativi INAIL Regioni prospettata da INAIL recentemente in ragione dell’entrata in vigore del nuovo Regolamento Europeo sul trattamento dei dati è da scongiurare.

Infine, raccogliendo gli spunti dei relatori che mi hanno preceduto, si condivide appieno l’ipotesi di sviluppare la sorveglianza sanitaria proposta dall’81 verso la logica della Total Worker Health. Perché i percorsi di promozione della salute (corretta alimentazione, attività fisica, …) sviluppati nelle aziende e rivolti ai lavoratori siano integrati, e non avulsi, dal protocollo di sorveglianza sanitaria praticati dal medico competente e desunti dalla valutazione dei rischi, dal profilo di rischio di quel lavoratore impegnato in quella mansione.

Altresì, condivido appieno quanto detto rispetto all’infrequente “uso” della Conferenza Stato Regioni per formalizzare atti di indirizzo in linee guida. Purtroppo è frequente che le Istituzioni – tutte: Inail … e non escludo anche le Regioni - procedano, attraverso progetti, tavoli, gruppi, … alla produzione di linee che poi, prive della veste di linea guida art. 2 D.Lgs. 81 – disorientano le imprese gli organi di vigilanza, perché non se ne comprende la cogenza.

In merito al lavoro agile: è sicuramente uno strumento da verificare nella logica di una norma che si confronta con una popolazione lavorativa che invecchia. Con talune attenzioni: a) al momento è applicata nel privato, e solo sperimentalmente nella Pubblica Amministrazione; interessa attualmente solo le grandi aziende. E le piccole? Non si comprende come possa essere applicata alle realtà manifatturiere. È una diversa modalità/organizzazione del lavoro; da seguire, da applicare scongiurando che ne derivino disuguaglianze tra lavoratori.

Un ultimo accenno al fatto che le regioni stanno operando per l’applicazione dell’81 attraverso il Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2019 che rappresenta, ad oggi, la strategia nazionale per contrastare il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali. Sulle quali ricordo – poiché si dice, con rammarico, che sono cresciute negli ultimi anni – che l’attuale obiettivo nazionale chiede alle ASL di procedere appunto verso la loro emersione (da qui l’aumento dei numeri) ritenendo che il fenomeno sia ancora sommerso e che occorra renderlo noto per poterlo affrontare.

Alla domanda di Marco Masi circa i fondi derivanti dagli introiti delle sanzioni irrogate dalle ASL e destinati ad incrementare l'attività di prevenzione rispondo dicendo che, ancora, le Regioni e l'attuale Ministro Poletti hanno condiviso l'opportunità di procedere affinché siano utilizzati per l'acquisizione di personale al di fuori dei vincoli di bilancio vigenti trattandosi di fondi non provenienti dalla cassa pubblica.

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