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26 gennaio 2022

Interventi e commenti

Possiamo fare la differenza come formatori

L'editoriale di Adele De Prisco per il primo numero del 2022 del Giornale dei Registri Professionali

Possiamo fare la differenza come formatori

differenza-come-formatori.jpgSi chiamava Mrs. Thompson. In piedi davanti alla sua nuova classe del quinto anno delle elementari, il primo giorno di scuola, raccontò ai bambini una bugia. Come la maggior parte degli insegnanti, guardò gli studenti e disse loro di amarli tutti alla stessa maniera.

Tuttavia, ciò era impossibile perché lì in prima fila, accasciato sulla sedia, c’era un ragazzino di nome Teddy Stoddard. Mrs. Thompson aveva osservato Teddy l’anno precedente e aveva notato che non giocava serenamente con gli altri bambini. I suoi vestiti erano disordinati e spesso avrebbe avuto bisogno di farsi un bel bagno. Inoltre, Teddy era scontroso e solitario.

Arrivò il momento in cui Mrs. Thompson avrebbe dovuto evidenziare in negativo il rendimento scolastico di Teddy; prima però volle consultare i risultati che ogni bambino aveva raggiunto negli anni precedenti; per ultima, esaminò la situazione di Teddy. Tuttavia, quando vide il suo fascicolo, rimase sorpresa!

In prima elementare il maestro di Teddy aveva scritto: “Teddy è un bambino brillante con una risata pronta. Fa il suo lavoro in modo ordinato e ha buone maniere”.

Il suo insegnante, in seconda elementare, aveva scritto: “Teddy è uno studente eccellente, ben voluto dai suoi compagni di classe, ma è tormentato perché sua madre ha una malattia terminale e la vita in casa deve essere una lotta”.

Il suo insegnante di terza elementare aveva scritto: “La morte di sua madre è stata dura per lui e tenta di fare del suo meglio, ma suo padre non mostra molto interesse e, se non verranno presi i giusti provvedimenti, il suo contesto famigliare presto lo influenzerà”.

Infine, l’insegnante del quarto anno aveva scritto: “Teddy si è rinchiuso in se stesso e non mostra più interesse per la scuola. Non ha amici e qualche volta dorme in classe”.

Da quel momento Mrs. Thompson si rese conto del problema e si vergognò. Si senti anche peggio quando gli studenti le portarono i regali di Natale, tutti avvolti in bellissimi nastri e carte lucide, eccetto quello di Teddy. Il suo regalo era maldestramente avvolto in una pesante carta marrone che aveva ricavato da una busta della drogheria. Per Mrs Thompson fu penoso aprirlo insieme agli altri regali. Alcuni bambini cominciarono a ridere quando l’insegnante trovò un braccialetto di cristallo di rocca con alcune pietre mancanti, e una bottiglia piena di profumo solo per un quarto. I bambini smisero di ridere quando lei esclamò quanto fosse bello il braccialetto, lo indossò e si picchettò il profumo sul polso. Teddy quel giorno rimase un po’ di tempo in più dopo l’orario di lezione solo per dire a Mrs Thompson “Oggi avete il profumo che metteva mia mamma.”

Quando i bambini furono andati via, Mrs Thompson rimase sola a piangere per almeno un’ora.
Da quel giorno smise di insegnare come leggere, come scrivere, come far di conto, cominciò invece a “lavorare” con i bambini e ad interessarsi della loro vita familiare. Lei faceva molta attenzione a Teddy e quando lavorava con lui, la mente del bambino sembrava ravvivarsi. Più lo incoraggiava, più era pronto nelle risposte. Alla fine dell’anno, Teddy era diventato uno dei bambini più attenti e volenterosi della classe e, nonostante la sua bugia che avrebbe amato tutti i bambini in ugual modo, la maestra si accorse che Teddy divenne uno dei suoi “preferiti”.

Un anno dopo la fine della scuola, la signora Thompson trovò un biglietto sotto la porta: era da parte di Teddy; la lettera diceva che era stata la migliore insegnante che avesse mai avuto in vita sua. Passarono diversi anni prima che ricevesse un altro messaggio da Teddy. Aveva terminato il liceo, risultando terzo nella sua classe. Chiudeva la lettera asserendo di nuovo che la signora Thompson era ancora la migliore insegnante che avesse mai avuto in vita sua.

Quattro anni dopo, ricevette un’altra lettera, dicendo che quando le cose erano difficili, a volte, era rimasto a scuola, si era impegnato al massimo e ora si sarebbe presto laureato al college con il massimo degli onori. Confermava che la signora Thompson era sempre la migliore insegnante che avesse mai conosciuto in tutta la sua vita, la sua preferita.

Passarono altri anni e arrivò ancora un’altra lettera. Questa volta spiegava che dopo aver ottenuto la laurea, aveva deciso di andare avanti. La lettera spiegava che lei era ancora la migliore e preferita insegnante che avesse mai avuto, ma ora la sua firma era un po’ più lunga. La lettera riportava, in bella grafia, Dr. Theodore F. Stoddard.

Ma la storia non finisce qui. Arrivò ancora un’altra lettera quella primavera. Teddy scrisse che aveva incontrato una ragazza e stava per sposarsi. Spiegò che suo padre era morto un paio di anni prima e chiese alla signora Thompson di accompagnarlo al matrimonio facendo le veci della madre dello sposo.
Naturalmente, la signora Thompson accettò. E indovinate un po’ che fece? Indossò proprio quel braccialetto, quello con gli strass mancanti, quello che Teddy le aveva regalato; fece anche in modo di mettere il profumo che la madre di Teddy indossava l’ultimo Natale che passarono insieme.
Si abbracciarono e il Dr. Stoddard sussurrò all’orecchio di Mrs. Thompson: “Grazie signora Thompson per aver creduto in me. Grazie mille per avermi fatto sentire importante e per avermi mostrato che avrei potuto fare la differenza”.

La signora Thompson, con le lacrime agli occhi, sussurrò: “Teddy, ti stai sbagliando. Sei tu quello che mi ha insegnato che potevo fare la differenza: non sapevo come insegnare fino a quando ti ho incontrato”.

Questo racconto è stato scritto nel 1976 dalla scrittrice Elizabeth Silance Ballard per la rivista Home Life. Ho voluto condividerlo in questo editoriale di inizio 2022 poiché sono convinta che possa portare ciascuno di noi che abbia maturato delle competenze come docente a fare diverse riflessioni e considerazioni sul nostro ruolo di formatrici e formatori e sulla relazione che si instaura tra docenti e discenti.

In me questo racconto ha rafforzato il convincimento che era già del filosofo Seneca, il quale nelle Lettere Morali a Lucilio (I, VII) scrive: "Homines dum docent discunt" (Gli uomini, mentre insegnano, imparano).

E voi, cari soci e care socie, cosa ne pensate?

Buon 2022 a voi tutte e tutti!

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