/ News / Approfondimenti / Sicurezza sul lavoro: la valutazione dei rischi nell’ottica dei cambiamenti climatici
Intervento di Monica Livella, Giornalista Pubblicista, formatrice qualificata in materia di salute e sicurezza sul lavoro e Rita Somma, consulente H&S, sociologa del lavoro, consigliere nazionale AiFOS
Il cambiamento climatico può avere conseguenze dirette e indirette anche sulla salute e sicurezza dei lavoratori, aggravando rischi professionali esistenti e facendone emergere di nuovi. Questo richiede un’attenta valutazione dei rischi e la definizione di misure di prevenzione e protezione specifiche, in un nuovo approccio metodologico integrato. Solo attraverso un impegno costante ed il coinvolgimento di tutti gli stakeholders si potrà confidare di contenere il fenomeno nei prossimi anni.
Riprendendo la canzone degli anni ‘80 del duo Righeira, che ci riporta la tipica sensazione di malinconia provocata dalla fine della stagione delle vacanze, possiamo ormai dire che “L’estate sta finendo e un anno se ne va”. Una stagione, quella agli sgoccioli, che nel bilancio a consuntivo, oltre della sensazione nostalgica raccontata da questo primo tormentone estivo, ci lascia purtroppo anche il ricordo di eventi naturali e meteorologici avversi, che hanno colpito duramente i nostri territori, nonché di record raggiunti nelle temperature.
In ambito prevenzionistico, il rendiconto dell’estate 2023 registra la consapevolezza generale che il cambiamento climatico ha risvolti emergenti significativi anche sul lavoro, sia in relazione al rischio infortunistico che di malattie professionali. Senza la pretesa di una impossibile completezza, limitatamente e con le finalità di questo breve contributo, possiamo indubbiamente affermare che, in termini generali, l'aumento della temperatura ambientale media, le radiazioni ultraviolette, le piogge violente, le inondazioni, il dissesto idrogeologico, siccità e incendi (ndr. in sintesi, i “cambiamenti climatici”), possono amplificare alcuni rischi e, allo stesso tempo, farne emergerne di nuovi, con effetti diretti e indiretti sulla salute, sulla sicurezza e sul benessere dei lavoratori, soprattutto (ma non solo), per coloro che svolgono le proprie mansioni all’aperto.
Se ragioniamo, ad esempio, in termini di esposizione a temperature ambientali elevate per periodi di tempo più lunghi, non possiamo non considerare che tale condizione può portare i lavoratori ad una diminuzione della capacità di concentrazione, alla scarsa capacità decisionale ed all’aumento del rischio di lesioni dovute ad affaticamento, che presta il fianco ad un maggior rischio infortunistico. A questo si aggiunge il possibile impatto che la variazione di temperatura può avere sulle strutture e sulle attrezzature di lavoro: alcuni materiali e attrezzature possono essere compromessi da temperature elevate e una maggiore esposizione a sostanze chimiche può essere estremamente dannosa in ambienti caldi, ad esempio quando si lavora con solventi ed altre sostanze volatili.
Condizioni ambientali più calde possono anche aumentare i livelli di inquinamento atmosferico e le esposizioni nocive per i lavoratori, come l'ozono troposferico ed il particolato fine (ad esempio lo smog) e favorire l'accumulo di contaminanti atmosferici dovuti al ristagno dell'aria. Inoltre, l’aumento globale delle temperature e le modifiche nell’uso del territorio (come ad esempio l’urbanizzazione di aree rurali) favoriscono l’introduzione di nuovi vettori biologici e agenti infettivi, con rischio di infezioni e focolai epidemici.
Non si tratta di questioni del tutto nuove in verità, ma che certamente questa lucifera estate sembra aver portato all’attenzione collettiva, da gestire nell’ottica dell’analisi dei rischi a lungo termine, di adeguamenti delle pratiche lavorative, di implementazione di misure protettive e strategie per mitigare i rischi. Il tema si sta affrontando istituzionalmente a più livelli: l’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute del lavoro (EU-OSHA), l’Inail, il Ministero della salute e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e molti altri Enti ed Istituzioni hanno infatti pubblicato e diffuso vademecum e linee guida sul tema. Sono nati diversi importanti progetti, come il Progetto Worklimate, che vede impegnati Inail e il Consiglio nazionale delle ricerche per la BioEconomia (Cnr-Ibe), con la partecipazione del Usl Toscana e del Dipartimento di epidemiologia del SSN Lazio e del Consorzio LaMMA, che ha messo a punto una strategia di interventi per contrastare lo stress termico in ambito lavorativo e fornito strumenti operativi come schede e sintesi dedicate.
Pur senza un esplicito riferimento al rischio clima, anche le variabili del cambiamento climatico che impattano sui lavoratori, alcune delle quali stocastiche, rientrano nell’ottica complessiva della valutazione dei rischi di cui all’art. 28 del D. Lgs. 81/08 (TU) in capo al datore di lavoro. Questo anche in riferimento all’art 19 – misure generali di tutela, art 17 – obblighi del datore di lavoro non delegabili, art 98 – obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, art. 180 e 181 - Titolo VIII agenti fisici, allegato XIII – prescrizioni per i posti di lavoro nei cantieri, allegato IV – microclima temperatura dei locali, allegato XV – contenuti minimi dei Piani di sicurezza e di coordinamento PSC.
In tale ottica, l’INAIL ha recentemente pubblicato un focus di approfondimento tecnico-scientifico proprio sulla valutazione dei rischi “climatici” come strumento di prevenzione (Rapporto INAIL NR. 7 – Luglio 2023). Il documento pone l’accento l’obbligo da parte del datore di lavoro di valutare gli impatti del cambiamento climatico sull’organizzazione.
Gli scenari ipotizzabili sono i più disparati, potendo individuare diverse situazioni (temperature estreme, eventi atmosferici violenti, ecc.), nonché diversi luoghi di lavoro (chiusi e all’aperto). A tal fine l’obbligo specifico di tutela sul lavoro è rimesso ad ogni datore di lavoro, che deve procedere come per qualsiasi altro rischio:
La valutazione dei rischi deve considerare ovviamente anche le differenze espositive in base all’età e genere, sappiamo infatti che alcuni gruppi specifici di lavoratori possono essere esposti a maggiori rischi (o soggetti a particolari esigenze), in un approccio non neutrale ma attento alla soggettività. È scientificamente provato, ad esempio, che le donne ed i lavoratori giovani sono più suscettibili alle basse temperature e gli uomini, in particolare quelli meno giovani, alle alte.
Sarà importante per il datore di lavoro tenere buon conto degli avvisi meteo, consultare il medico competente e formare in modo specifico gli addetti al Primo soccorso.
Nella pubblicazione, l’INAIL riporta a titolo esemplificativo anche alcune misure di prevenzione e protezione:
In tale ottica, il datore di lavoro dovrà dunque pianificare anche le risposte alle emergenze, come ad esempio promuovere il reciproco controllo dei lavoratori, soprattutto in quei particolari momenti della giornata dove si possono realizzare le cosiddette ondate di calore o come le misure specifiche da adottare in ambienti di lavoro chiusi, attivando metodi e strumenti per abbassare la temperatura come l’uso di condizionatori, schermi riflettenti per l’allontanamento del calore radiante e l’isolamento termico degli infissi.
Tra le varie attività di prevenzione, sarà importante favorire l’acclimatamento, poiché i disturbi da calore si manifestano solitamente durante i primi giorni di attività lavorativa o nei primi giorni dell’ondata di calore. L’acclimatazione consente all’organismo di tollerare meglio il lavoro in condizioni climatiche elevate, quindi i carichi di lavoro vanno aumentati gradualmente e incrementate le pause, il riposo all’ombra e l’idratazione. Particolari attenzioni vanno quindi rivolte ai lavoratori neo assunti ed ai giovani con poca esperienza lavorativa.
Tassello fondamentale per raggiungere risultati efficaci nella prevenzione, si sa, è la conoscenza dei fenomeni. Non fanno eccezione i rischi legati al cambiamento climatico, così come rimarcato dal Ministero della salute e nei prodotti del progetto Worklimate che, in entrambi i casi, individuano come premessa alla attività di prevenzione la sensibilizzazione dell’individuo sui rischi e sui possibili danni per la salute e sicurezza. Sarà quindi importante prevedere attività di informazione e formazione rivolta ai lavoratori sul tema. A titolo informativo sono disponibili sull’argomento vademecum ed opuscoli istituzionali che forniscono indicazioni sui possibili rischi per la salute e la sicurezza nonché sulla conseguente manifestazione delle varie condizioni patologiche.
Un contributo come questo, che fa leva necessariamente su di un insieme di parole, non può non riferire anche qualche numero e statistica a supporto. Possiamo allora riportare che l’OMS (Organizzazione Mondiale della sanità) ha stimato un possibile incremento di 250.000 decessi ogni anno a causa dell’impatto del cambiamento climatico tra il 2030 e il 2050. In Italia si stima siano circa 5.200 gli incidenti sul lavoro ogni anno (circa il 1,15% del totale degli infortuni) in cui l’esposizione a temperatura estreme abbia avuto un ruolo causale.
Certo, anche i numeri, come le parole, possono e debbono essere interpretati e di per sé non ci consegnino necessariamente una verità assoluta, ma questi dati, nel loro freddo rigore, ci restituiscono la consapevolezza che è certamente necessario affrontare le nuove sfide climatiche anche in termini prevenzionistici.
Una nuova sfida che deve fare leva sulla valutazione dei rischi, sugli standard di sicurezza aziendali e sulla formazione in un approccio che può essere definito integrato. Ma cosa significa avere un approccio metodologico integrato? La risposta è articolata, ma si può in estrema sintesi riassumere come segue:
Rapporto INAIL - NR. 7 – LUGLIO 2023 https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/news-ed-eventi/news/news-impattocambiamenti-climatici-dati-inail-2023.html&tipo=news
Vademecum del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sui “RISCHI LAVORATIVI DA ESPOSIZIONE AD ALTE TEMPERATURE”.
Il documento richiama l’attenzione sugli EFFETTI SULLA SALUTE E SICUREZZA dei lavoratori connessi all’aumento della temperatura ambiente, evidenzia i rischi per i settori di attività coinvolti e le misure da adottare sia per gli ambienti indoor che per gli ambienti outdoor. https://www.lavoro.gov.it/stampa-e-media/comunicati/vademecum-rischi-calore
Nota n. 5056 del 13 luglio 2023 dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che richiama l’attenzione sulle misure da attuare in caso di temperature molto elevate sia per gli ambienti indoor che per gli ambienti outdoor.
Nota dell’Inps n. 2999 del 28 luglio 2022, nella quale viene messa in evidenza l’opportunità di concedere la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria per lavori che espongano a temperature superiori a 35°C.
Documento della European Agency for Safety and Healt at Work dal titolo “Heat at work – Guidance for workplaces”. https://climate-adapt.eea.europa.eu/en/observatory/evidence/health-effects/occupational-healthsafety/effects-on-occupational-health-and-safety
Progetto Worklimate https://www.worklimate.it/
Documento Inail “Il Progetto Worklimate e la piattaforma previsionale di allerta per la valutazione dei rischi legati all’esposizione ad alte temperature in ambito occupazionale”
Estate sicura https://www.ats-valpadana.it/estate-sicura
Pubblicato il: 05/09/2023
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