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Riflessioni a cura di Veronica Bonanomi, consulente HSE, risorse umane e sostenibilità
Perché gli operatori di sicurezza hanno bisogno di iniziare ad integrare nel proprio dizionario e mindset il tema sostenibilità?
Per almeno 4 ragioni fondamentali:
La caratteristica oggi che fa la differenza tra aziende sostenibili è che la sostenibilità d’impresa è una scelta volontaria da parte dell’azienda. Infatti, ad oggi, ogni azienda è libera di realizzare, raccontare e condividere come e perché ha fatto determinate scelte per il raggiungimento delle indicazioni normative.
L’Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo, nonostante auspichino ad azioni immediate, spingono e sostengono le aziende verso un vero e proprio cambiamento imprenditoriale e culturale di lungo periodo.
Per questo, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono ad oggi, preziose indicazioni su come orientare il proprio business. Ma la vera sfida è comprendere come la sostenibilità d’impresa non sia altro che la generazione di valore per il proprio business in relazione alle considerazioni ambientali e sociali.
Ovvio che l’obiettivo primario resta quello di gestire in modo efficiente e strategico le risorse a disposizione siano naturali, finanziarie, umane o relazionali.
Il vero cambio di passo per l’azienda è l’allineamento dello scopo d’impresa con il fine di contribuire anche alla crescita e allo sviluppo socio-economico degli attori e della comunità in cui l’azienda opera.
Qualche dato…
In Italia, ancora nel pieno della tempesta per la pandemia da Covid 19, il Governo ha avviato il programma di finanziamenti legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e gli altri strumenti messi in cantiere indirizzando gran parte degli sforzi per risolvere gli annosi problemi che da decenni condizionano la nostra economia.
Il focus maggiore è prorpio su quanto già l’alleanza ASviS ha evidenziato (Italy and the Sustainable Development Goals ASviS Report 2020) ovvero che attraverso la transizione verde e la digitalizzazione, la necessità di combattere le disuguaglianze di genere, la semplificazione delle procedure amministrative, gli investimenti nella conoscenza e la tutela e valorizzazione del capitale naturale debbano essere interpretate come priorità delle politiche di rilancio.
Secondo i dati forniti da Istat che ha analizzato i comportamenti “sostenibili” per sette imprese su dieci, nel 2018, 712 mila imprese (68,9% delle imprese con 3 e più addetti) le quali hanno dichiarato di essere impegnate in azioni volte a migliorare il benessere lavorativo del proprio personale; 688 mila (66,6%) hanno svolto azioni per ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività; 670 mila (64,8%) si sono attivate per migliorare il livello di sicurezza all’interno della propria impresa o nel territorio in cui operano.
I comportamenti sostenibili crescono all’aumentare della dimensione dell’impresa. Le unità produttive di grandi dimensioni (250 addetti e oltre) presentano valori di oltre 10-20 punti percentuali superiori alla media nazionale in tutte le macro attività: +24 punti nell’ambito della sicurezza mentre tra le iniziative realizzate sul territorio i punti percentuali in più sono 25 per le iniziative di interesse collettivo e 20 per quelle a beneficio del tessuto produttivo locale. Significative le differenze anche nella riduzione dell’impatto ambiente (+18 punti percentuali) e per iniziative rivolte al benessere dei lavoratori (+13).
Sempre nel rapporto di Istat, si legge che il miglioramento della reputazione verso clienti e fornitori costituisce il motivo principale per ridurre l’impatto ambientale (32,1% delle imprese) ma è importante sottolineare come tale obiettivo sia coerente con l’attività dell'impresa stessa per una quota significativa di imprese (27,8%).
Essere parte della strategia e/o missione dell’impresa rappresenta la motivazione principale delle imprese per migliorare il benessere lavorativo o i livelli di sicurezza (rispettivamente 37,3% e 37,2% delle imprese). Consolidare i legami con la comunità locale è invece la motivazione prevalente per le attività a sostegno di iniziative di interesse collettivo e di sviluppo economico (rispettivamente 31,4% e 28,8% delle imprese).
Se da un lato è provato che i comportamenti sostenibili in azienda generano benessere ed appartenenza, dall’altra è compito del singolo metterli in atto.
Le aziende quindi che perseguono principi di sostenibilità non solo applicano all’interno comportamenti sostenibili ma possono guidare in maniera diretta ed indiretta cambiamenti di abitudini delle proprie persone.
Di fatto, ad esempio, già da qualche anno, a seguito del G7 sull’Energia con il rifiuto del Presidente Trump di ratificare l’accordo sul clima di Parigi, è emerso che il problema dei cambiamenti climatici può essere fortemente ridotto con l’impegno e le scelte dei singoli cittadini e dalle comunità di essi.
In un’organizzazione consapevole, dove fisiologicamente i comportamenti possono essere i più svariati, è importante identificare macroaree di azione condivise anche da altri attori della comunità come scuole e amministrazioni pubbliche.
In queste aree l’azienda può aumentare i livelli di attenzione, modificare e migliorare la comunicazione (interna ed esterna), chiedere collaborazione e ottenere quindi piccole motivanti azioni migliorative.
Le “zone” comuni di questa mappa condivisa sono legate ad ambiti bene precisi quali:
Solo una gestione corretta e consapevole del singolo in questi ambiti può fare la vera differenza.
Il 73% degli executive intervistati da Accenture, al culmine della pandemia ha identificato il "diventare un'azienda veramente sostenibile ed equa" come una delle principali priorità, nei prossimi tre anni, per la propria organizzazione.
Se le aziende vogliono soddisfare le aspettative sempre crescenti degli stakeholder, esse devono tradursi in un reale cambiamento nei comportamenti dei leader. Troppo spesso, tuttavia, questi cambiamenti tendono a essere solo esteriori invece che integrativi e diffusi su tutta l'organizzazione.
È necessario un nuovo modello di leadership responsabile.
I leader di oggi devono fornire valore su tre fronti: prestazioni organizzative, misurate il più delle volte da guadagni a breve termine; innovazione continua, il “seme” per una crescita a lungo termine, spesso spinta dalle tecnologie emergenti; sostenibilità e fiducia, guadagnati prendendosi cura delle proprie persone.
Sempre Accenture in un precedente studio ha identificato 5 qualità di leadership che gli executive devono avere per guidare la propria azienda nel prossimo decennio:
In tema di leadership in health&safety questa evoluzione va ad a enfatizzare le caratteristiche che rendono umano e sicuro il luogo di lavoro in tutte le sue caratteristiche.
Da una parte la gestione dell’impatto ambientale e sociale dell’industria, dall’altra la riduzione dell’inquinamento dei territori e delle città. Gli interventi legati alla trasformazione sostenibile del territorio sono ampi e diversificati, ma è fondamentale che siano guidati da un elemento cruciale per tutti i diversi segmenti che richiedono una riorganizzazione dei flussi: il dato. È sulla sua raccolta, interpretazione e governo, ossia un approccio data driven, che serve specializzarsi.
Se prendiamo ad esempio le emissioni in atmosfera, sono i centri abitati e le grandi aree urbane uno degli attori protagonisti, perché lì si concentra il 75% delle emissioni globali di gas serra.
La riprogettazione degli spazi, la trasformazione degli edifici in ottica di risparmio energetico e la riorganizzazione dei trasporti diventano quindi fondamentali per un’evoluzione verso territori più verdi e sostenibili e nelle aziende si impara quindi a riconsiderare gli spazi da riscaldare o raffreddare, le distanze delle persone per raggiungere il luogo di lavoro, le materie prime ed i rifiuti prodotti e da trasportare nella filiera.
E tutto ciò è necessariamente non solo tema HSE bensì un tema data driven.
Essere data-driven significa farsi guidare dai numeri, avere un approccio basato sui dati, per prendere decisioni informate, basate su fatti oggettivi e non su sensazioni personali.
La trasformazione in data-driven management non può dunque avvenire con la sola tecnologia, ma con un percorso di change management per l’HSE (ma non solo) in grado di portare la cultura del dato a tutti i livelli aziendali.
Oggi i CEO ed il top management hanno bisogno di informazioni che li aiutino a capire quali scelte strategiche per la sostenibilità devono essere prese.
Avere a disposizione dati corretti, freschi e rilevati con frequenza è fondamentale. In un mondo così veloce, non basta rivolgere l’attenzione al passato.
I dati valgono poco se non sono in forma comprensibile ed utilizzabile. Ci sono i dati dei propri clienti o utenti, quelli di seconde o terze parti… vanno messi in ordine di priorità. Siccome è improbabile che una sola tecnologia faccia questo, l’efficacia nasce dalla combinazione di più prodotti ma soprattutto dal processo con cui li otteniamo, raccogliamo e leggiamo ed infine li misuriamo.
I tre passi che possono guidare un cambiamento sostenibile sono solo comuni a chi si occupa di HSE ma soprattutto sono presidiati e fortemente governati da RSPP e HSE Manager:
Uno studio di McKinsey & Company ha rilevato che le aziende che utilizzano strategie basate sui dati hanno migliorato la loro produttività del 5% e hanno aumentato i loro profitti del 6%. Sebbene i vantaggi dell'analisi dei dati siano evidenti, molte aziende non sono sicure di come raccogliere e utilizzare i big data.
Ma non perché si muoia di meno o peggio ancora ci si faccia poco male ma perché sostenibili, dove si è al sicuro, in un ambiente in cui ci sia una vera attenzione, per il pianeta e per le persone al pari del business stesso, dove le azioni e i comportamenti siano generati da scelte consapevoli ed i risultati misurati con dati oggettivi in tempo reale grazie anche alla trasformazione digitale e a tool innovativi.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
25123 Brescia, c/o CSMT Università degli Studi di Brescia - Via Branze, 45
Tel 030.6595031 - Fax 030.6595040 | C.F. 97341160154 - P. Iva 03042120984
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