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Il Quaderno della Sicurezza n°3 del 2023 è on-line. L'editoriale di Lorenzo Fantini
A Benjamin Franklin, che fu tra l’altro scienziato e politico statunitense (e, cosa che forse non sapete, ideatore nel 1736 della prima compagnia di pompieri volontari, la Union Fire Company americana) viene attribuito questo pensiero: "Ci sono tre tipi di persone al mondo: quelli inamovibili, che non vogliono andare da nessuna parte e non fanno e non raggiungono niente. Ci sono persone mobili, che sentono il bisogno di cambiamento e sono preparati ad ascoltarlo e ad accoglierlo. E ci sono persone che si muovono, coloro che fanno accadere le cose. E se possiamo incoraggiare sempre più persone, ci sarà un movimento. E se il movimento sarà abbastanza forte, sarà, nel migliore significato della parola, una rivoluzione. E questo è quello di cui abbiamo bisogno".
È con questo spirito che ci siamo proposti di affrontare un tema così particolare e difficile, come quello relativo ai nuovi orizzonti della sicurezza inclusiva e che coinvolge anche, ma non solo, i temi della disabilità e della neurodiversità. Temi affrontati in modo dinamico, cercando di andare ben oltre la descrizione di regole e procedure di riferimento, per perseguire un approccio pragmatico, vale a dire l’unico che conti davvero in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
“Nella maggior parte dei casi, nei piani di emergenza si parla di una generica assistenza alle persone con esigenze speciali, spesso senza specificare di quale disabilità si tratti e senza nominare, nello specifico, chi assisterà tali soggetti e, soprattutto con quali modalità, preventivamente testate e divulgate, e con quali strumenti operativi” scrive nel suo contributo Massimiliano Longhi.
Pensare a come fare una sicurezza inclusiva è, dunque, qualcosa che riguarda non solamente la concezione di ogni forma di salvaguardia di salute e sicurezza sul lavoro, ma anche di protezione delle persone e responsabilità sui singoli; concetti generali - e spesso non ben definiti - ma su cui è fondamentale pianificare gli interventi futuri. Del resto, non si tratta di una novità, considerando la rilevanza che l’organizzazione riveste per garantire in ogni luogo di lavoro la massima tutela possibile, applicata tenendo conto del principio di eguaglianza sostanziale, uno dei più importanti della nostra lungimirante Costituzione (articolo 3). Applicare tale principio in azienda non significa trattare tutti allo stesso modo, bensì garantire misure di tutela efficaci a favore dei lavoratori con diverse abilità (o con diverse capacità) in modo che tutti siano nelle stesse condizioni di agire e lavorare, pur partendo dal possesso di caratteristiche iniziali differenti.
“Se tu sei mancino in un mondo che insiste che dovresti essere destrimano allora essere mancini diventa una disabilità. Se si toglie la necessità di essere destrimani, allora magicamente la disabilità svanisce” è il pensiero di Simon Baron-Cohen, direttore del centro di ricerca sull’autismo dell’Università di Cambridge ripreso in uno dei contributi che trovate nelle prossime pagine del Quaderno. Questa necessità, anzi forse ancor meglio “prospettiva”, di guardare (sul posto di lavoro, così come nella vita) in modo differente non solamente la disabilità, ma anche ‘il diverso’ in ogni suo genere di manifestazione è proprio l’elemento fondamentale da cui partire per incoraggiare ad una nuova visione di ciò che significa inclusione.
Perché il tema della diversità è applicabile a innumerevoli ambiti, non tenendo conto solo della sfera delle disabilità/neurodiversità, ma includendo persone di differenti etnie, generi, orientamenti sessuali, età, disabilità fisiche o mentali, credenze religiose, esperienze di vita e opinioni diverse, sulla politica e sui rapporti sociali e interpersonali che, non solo traggono benefici da un approccio di inclusività, ma che da questo posso diventare trainanti per il mondo del lavoro stesso.
Ciò che emerge nella varietà degli approfondimenti che vi proponiamo, infatti, è l’avere un unico comune denominatore, un elemento imprescindibile a cui – quasi si fossero messi d’accordo – tutti gli autori indirizzano le loro conclusioni. Per tutti gli esperti coinvolti, infatti, non si tratta tanto di normativa da creare o da applicare, ma di riconoscimento: perciò, nell’intraprendere ogni azione utile in tal senso, è ritenuto prioritario il dare valore ai singoli. Significa, come ben raccontano le mirabili esperienze di Fish e di Special Olympics, portare avanti una sorta di “protagonismo delle persone diverse”, che si deve fondare sulla capacità di condivisione e nell’identificazione di ogni persona e delle sue peculiarità, senza fraintendimenti. È questo sia nel lavoro quotidiano, così come nella formazione che ci proponiamo di fare per porre in essere una sicurezza inclusiva.
Del resto, come ricorda lo scrittore Iacopo Melio, “I disabili non esistono: chiunque ha delle abilità, così come delle difficoltà. Siamo noi a determinare se ci saranno altri disabili in futuro o se, a partire da oggi, chiunque potrà scegliere il futuro che sogna”.
Lorenzo Fantini[1]
[1] Direttore dei Quaderni della sicurezza di AiFOS, avvocato giuslavorista, già dirigente divisioni salute e sicurezza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali
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