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05 novembre 2025

Le nostre attività

Stati Generali Salute e Sicurezza sul lavoro, il contributo di Aifos al tavolo tematico “Benessere mentale, diritto alla disconnessione, stress lavoro correlato”

L'intervento di Rita Somma, Vicepresidente Aifos, presentato il 22 ottobre alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro

Stati Generali Salute e Sicurezza sul lavoro, il contributo di Aifos al tavolo tematico “Benessere mentale, diritto alla disconnessione, stress lavoro correlato”

FAI CLIC QUI PER SCARICARE IL CONTRIBUTO IN FORMATO PDF

Premessa

I temi del benessere mentale, del diritto alla disconnessione, dello stress lavoro-correlato (SLC) sono indissolubilmente legati, convergendo tutti nella sfera del rischio psicosociale.

Stiamo parlando di una questione complessa e delicata che, se ne osserviamo il recepimento sul campo, rileviamo che troppo spesso viene trascurata, affrontata superficialmente, se non addirittura banalizzata. Generalmente non se ne comprendono i termini esatti, si tende a sottovalutarli, a ricondurli erroneamente a problemi personali e non organizzativi, non si sa come maneggiarli e non se ne conoscono le molteplici sfere di danno. Questa è la prima sfida: la gestione dei rischi psicosociali all’interno di una organizzazioen di lavoro deve costituire grimaldello interpretativo comune ed elemento chiave di svolta, anche per migliorare il valore e la competitività delle imprese, incidendo sul modus pensandi prima che operanti.

E oggi, indubbiamente, la gestione dei rischi psicosociali rappresenta la sfida più urgente, seppur difficile, per una tutela della salute "sostanziale" sul lavoro. Guardare a questi temi è cruciale perché l’ambito di rischio impatta su:

  • Salute fisica e psicologica dei lavoratori.
  • Sicurezza e Infortuni: sul livello di rischio infortunistico, maggiore o emergente, anche in termini di probabilità di errore.

Aggiungiamo che, quello dei rischi psicosociali, è un ambito di rischio peculiare e non può essere gestito con i normali strumenti per gli aspetti tecnici e tecnologici della sicurezza (come macchinari o procedure). Le variabili in gioco sono molteplici: il contesto ambientale, culturale, tecnologico, organizzativo, il fattore umano, ecc. L’adozione di soluzioni standardizzate preconfezionate, tout court, non può essere la soluzione, la panacea di tutti i mali. La ricetta prevenzionistica qui è complessa: richiede molteplici e competenti ingredienti.

Questa premessa deve essere il nostro punto di partenza per definire le strategie che devono puntare sia a misure prescrittive (norme e sanzioni) che prestazionali (strumenti operativi orientati all’obiettivo). Se non gettiamo solide fondamenta, qualsiasi misura realizzativa si affossa, diventando un castello di carta applicativo.

Il presente contributo non ha la pretesa di esaurire l'ampiezza e la complessità dei temi trattati, che richiedono un confronto strutturato in sedi istituzionali e tavoli tecnici. L'obiettivo è, invece, fornire esempi concreti e rappresentativi dell'approccio necessario per una gestione efficace del rischio psicosociale. Quanto qui presentato ha pertanto lo scopo fondamentale di delineare e offrire punti di riflessione concreti e proposte operative che illustrino l'indispensabile cambio di paradigma nell'approccio a questi rischi.

Aifos, con i suoi 20 anni di attività e una esperienza sul campo che associa circa 2500 tra liberi professionisti ed aziende operanti nel settore della formazione e della consulenza, è pronta a contribuire con competenza e concretezza sui tavoli di lavoro.

Per meglio facilitare la trattazione, il presente contributo si compone di:

  • Indicazioni concrete che rappresentano le criticità trasversali alle questioni poste;
  • gli obiettivi strategici comuni che devono orientare la costruzione delle strategie prevenzionistiche;
  • proposte concrete sulle specificità dei singoli temi.

Le criticità nella gestione dei rischi psicosociali

Partiamo inquadrando le criticità rilevate sul campo nella gestione dei rischi psicosociali sul lavoro:

  • Valutazioni Formali e Non Orientate agli Obiettivi: Relegate a un mero obbligo formale, fatto di carta. Le applicazioni concrete sono ancora molto limitate e in genere coinvolgono solo le grandi società; in particolare sul benessere psicologico sul campo c’è poco.
  • Utilizzo di Logiche del Cut-Off Inadeguate, limiti metodologici: L'equiparazione dei rischi psicosociali con i rischi tradizionali genera un ibrido. I rischi psicosociali non si prestano a una logica di soglia numerica rigida (cut-off), ma richiedono una descrizione dinamica e quali-quantitativa. L’analisi dei rischi psicosociali necessita di un approccio di analisi misto (mixed methods) che integri il dato quantitativo con strumenti qualitativi (osservazione diretta, interviste, etc.).
  • Approccio di Gestione Reattiva: La risposta organizzativa oggi resta ancora prevalentemente reattiva (ex post) anziché proattiva, orientata alla prevenzione e all’approccio sistemico.
  • Mancanza di Competenze Specialistiche: La VdR e la gestione dei rischi psicosociali non possono essere trattate con gli strumenti normalmenti utilizzati per i rischi fisici ma richiedono competenze specifiche afferenti alle discipline psicosociali, diverse da quelle tecnico-ingegneristiche, poiché non si può trattare il fattore umano con la stessa metodologia utilizzata, ad esempio, per un macchinario.
  • Mancata alfabetizzazione della popolazione: mancanza di “alfabetizzazione sui rischi psicosociali” della popolazione di lavoratori e, più in generale, della popolazione. Si evidenzia scarsa conoscenza ed errate credenze sul disagio psicologico. Andranno presentati degli strumenti che possano aiutare il riconoscimento, la gestione o la prevenzione di questi rischi.
  • Mancata partecipazione al processo di valutazione e gestione del rischio: la metodologia di valutazione coinvolge, quando va bene, solo le prime linee gerarchiche. La partecipazione degli RLS sconta i problemi già noti della debolizza di ruolo che non possiamo approfondire in questa sede. Nella valutazione del rischio psicosociale è necessaria la reale partecipazione dei lavoratori, a tutti i livelli, e di tutti gli stakeholders, rendendo il processo "vivo". Bisogna puntare ad una alfabetizzazione in materia di salute mentale e insegnare strategie di primo soccorso per la salute mentale.
  • Mancanza di Contestualizzazione: La VdR non è sempre correlata alla complessità situazionale, all’ambiente organizzativo, ai processi aziendali e alla popolazione lavorativa specifica di riferimento, non dimenticandosi dell’interfaccia casa-lavoro.
  • Scollamento tra funzioni organizzative e servizio di prevenzione e protezione: nelle organizzazioni, si riscontra spesso uno scollamento tra le funzioni operative (produzione, HR, acquisti, manutenzione, ecc.) e il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP). L'SPP non viene integrato come elemento vitale del core business, bensì è erroneamente percepito come una sovrastruttura burocratica o un costo aggiuntivo imposto da normative esterne.
  • Di conseguenza, il team SPP è coinvolto solo a valle dei processi, in ottica correttiva o di mera compliance, invece di agire come supporto proattivo e consulenziale. Questo approccio ostacola la prevenzione e genera inefficienze.
  • Leadership Organizzativa: La cultura organizzativa aziendale, lo stile di approccio manageriale, spesso risultano lontani dai processi di valutazione dei rischi psicosociali, portando al suo svilimento e spesso banalizzazione.
  • Prevenzione solo Sintomatica: Invece di affrontare le responsabilità sistemiche, la prevenzione dei rischi psicosociali si limita ad iniziative emozionali sporadiche (safety day, team building) e Wellness Initiative (come i corsi di yoga). Questa strategia, pur gestendo il sintomo a livello individuale, fallisce nel colpire le radici del problema, che risiedono nelle disfunzioni organizzative (e.g., carichi eccessivi, mancanza di supporto da parte della leadership), che permangono e si ripropongono continuamente. Si cerca in sostanza di curare il sintomo senza incidere sulla causa.
  • Dinamicità del rischio: cambia il lavoro e nascono nuovi generatori di rischio che rendono obsoleti velocemente gli strumenti messi in campo di gestione del rischio. C’è un rapporto di bilateralitò tra lavoro e prevenzione, cambia l’uno e deve cambiare anche il modo per garantire la seconda. Pensiamo ai cambiamenti organizzativi e alle nuove tecnologie (come il lavoro da remoto, l'Intelligenza Artificiale o l'ipersorveglianza digitale), che stanno introducendo nuovi specifici rischi psicosociali (es. isolamento, confusione tra tempo di vita e tempo di lavoro, ansia da prestazione algoritmica). La normativa sulla sicurezza fatica a tenere il passo con la rapida e costante evoluzione dei fattori di rischio sul lavoro. Questo ritardo normativo è particolarmente evidente nell'ambito psicosociale, dove le nuove dinamiche organizzative e tecnologiche generano pericoli prima che la legge li abbia formalmente riconosciuti e normati. Questo impone la necessità di adottare un approccio preventivo proattivo e prestazionale, che vada oltre il mero rispetto della norma prescrittiva.
  • Mancanza di Consapevolezza: spesso c’è la mancanza di percezione del reale rischio da parte di tutti gli stakeholders.
  • Gap di Risorse: Forte discrepanza di risorse tra PMI (oltre il 90% del tessuto produttivo) e grandi aziende.

A queste criticità si aggiunge la velocità di cambiamento organizzativo che rende spesso subito obsolete le metodologie e le valutazioni cristallizzate.

Obiettivi Strategici, Linee Guida e Integrazione Pragmatica per la Tutela dai Rischi Psicosociali

L'inderogabile necessità di ripensare le strategie di valutazione e tutela dai rischi psicosociali, seguendo il principio di introdurre azioni nuove per ottenere risultati mai raggiunti, richiede l'istituzione di una cabina di regia che indirizzi le ricette prevenzionistiche secondo i seguenti obiettivi strategici:

Approccio e Normativa

L’approccio normativo dovrebbe orientarsi verso:

  • Attuazione normativa piena, rendendo obbligatoria la gestione di tutti questi ambiti di rischio e indirizzando verso un approccio Prestazionale e Partecipativo. Il riferimento in particolare è all’ambito del dirirtto alla disconnessione e del benessere, non ancora pienamente e concretamente recepiti nell’ordinamento, come meglio di seguito specificato. In questo, è necessario avviarsi verso un approccio normativo che punti a superare quello basato solo sul prescrittivo, orientandosi verso un orientamento che punti anche all'efficacia effettiva della prestazione di tutela, accompagnato dall’evoluzione di strumenti operativi più sofisticati e raffinati, nonché sulla partecipazione e sul coinvolgimento attivo di tutti gli stakeholders.
  • Gestione Proattiva e Sistemica: Bisogna indirizzare verso l’adozione di strategie di gestione del rischio intrinsecamente preventive e integrate in modo sistemico nell'organizzazione. La prevenzione primaria deve intervenire sulla riorganizzazione del lavoro, non limitarsi a proteggere i lavoratori rispetto a un'organizzazione data.
  • Inclusione nella valutazione delle determinati sociali legate alla variabilità umana (genere, età, provenienza da altri paesi, relazioni industriali, precarietà, etc.). Per la sostanzialità di tutela, è necessario sviluppare strumenti per la valutazione differenziata e per l'analisi dei rischi legati alla diversità e all'inclusione.
  • Studio/osservazione delle eventuali ricadute in termini di rischi emergenti dai sistemi di Intelligenza Artificiale, Algorithmic Management, Cobot ed esoscheletri. Tali rischi includono, ad esempio, la sorveglianza algoritmica, la perdita di autonomia decisionale e operativa, la skill degradation, l'intensificazione dei ritmi di lavoro e i rischi ergonomici legati all'interazione e all'uso dei dispositivi indossabili.
  • Competenza e Consapevolezza: indirizzare le imprese verso una guida della gestione del rischio competente e specialistico (supporto di specialisti psicosociali). Il Primo Documento di Consenso CIIP (2023) evidenzia che, ad esempio, il rischio SLC è maggiormente rilevato dove sono presenti specifiche professionalità (es. psicologi) alla guida della valutazione.
    È pertanto necessario ripensare alle strategie di valutazione dei rischi e alle azioni da mettere in atto, promuovendo un approccio personalizzato in base al contesto per supportare aziende ed operatori in questo scenario peculiare di rischio. Questo supporto specialistico potrebbe essere promosso anche attraverso la creazione di Linee Guida Nazionali ufficiali e intersettoriali che definiscano standard minimi di competenza e metodologia per la gestione di tali rischi.
  • Leadership Accountability: Introdurre moduli formativi obbligatori per dirigenti e preposti focalizzati sulle competenze emotive e relazionali e sulla gestione dei rischi psicosociali, incluse le metodologie di VdR, rendendo la capacità di promuovere il benessere un requisito di performance valutabile e misurabile.
  • Processi di alfabetizzazione sui rischi psicosociali: ad esempio rifacendosi al Mental Health First Aid (MHFA), un breve programma di formazione sviluppato in Australia nel 2000; il suo scopo è migliorare l’alfabetizzazione in materia di salute mentale e insegnare strategie di primo soccorso per la salute mentale.
  • Definizioni Univoche: Stabilire la necessità di definizioni univoche per i termini e le questioni trattate, per garantire chiarezza operativa.
  • Etica e Responsabilità: Promuovere la credibilità, la responsabilità sociale e una condotta etica rigorosa nella gestione di questo ambito di rischio è fondamentale. L'Etica e Responsabilità devono essere inclusi nei pilastri della prevenzione, e non intesi solo come optional culturale.
  • Metodologie Condivise e Semplificate per le PMI: È necessario condividere strumenti concreti di mixed methods, di analisi quali-quantitative, con l'obiettivo specifico di renderli accessibili e adattabili flessibilmente alle Piccole e Medie Imprese (PMI).
  • Monitoraggio e Miglioramento Continuo: Implementare sistemi di verifica e valutazione dei risultati da parte degli organi ispettivi.
  • Potenziare la Ricerca Multidisciplinare: È fondamentale incentivare l'analisi e la ricerca multidisciplinare e intersettoriale sui rischi psicosociali. Dato che l'esposizione a tali fattori presenta ancora aree di incertezza e complessità espositiva, è necessario che team con competenze diverse indaghino e ne evidenzino tutte le sfaccettature di impatto su salute e sicurezza ma anche rendendole misurabili in termini di impatto economico e produttivo, per agganciare maggiormente l'interesse della Leadership.
  • Sicurezza Integrata nel Ciclo del Personale (Onboarding & Sviluppo): È fondamentale ripensare alla SSL ridefinendo le job descriptions dei Profili di Rischio/Ruolo funzionali (ad esempio collaborazione tra SPP e HR), creare processi di Onboarding Rinforzati, sviluppare competenza, anche per gestite strategicamente i cambiamenti organizzativi, con particolare attenzione ai rischi psicosociali.
  • Ruolo della sorveglianza sanitaria: rafforzamento delle competenze per la figura del medico competente, attraverso la creazione di competenze, approfondimento sugli obblighi normativi e conoscenza di strumenti operativi sugli ambiti in esame.

Proposte di Miglioramento e Integrazione metodologiche Pragmatiche

L'azione, per risultare concreta, si traduce in Proposte di Miglioramento e Integrazione Pragmatica che rendano i processi di valutazione del Rischio dinamici, misurabili e integrati.

A. Metodologia Dinamica e Misurabile
In tale ambito, l’approccio metodologico dovrebbe indirizzarsi verso:

  • Modalità di Valutazione Dinamica: superando la sola ottica di VdR cristallizzato, introducendo anche strumenti agili come pulse surveys e interviste mirate per monitorare lo stato di salute a intervalli brevi.
  • Segnalazione e analisi dei "Near Miss" Psicosociali: la promozione, la segnalazione e l'analisi anonima dei segnali deboli (quasi-incidenti, micro-conflitti) prima che si trasformino in eventi conclamati.
  • Metriche Correlate (KPI): l’ontegrazione dei risultati della VdR con specifici indicatori di performance aziendale (KPI) per dimostrarne l'impatto strategico.

B. Leadership, Cultura ed Etica
In tale ambito, l’approccio metodologico dovrebbe indirizzarsi verso:

  • Metriche di Leadership Accountability: La promozione della salute mentale e la qualità del clima potrebbe diventare parte integrante della valutazione delle leadership, così da elevare la SSL da un adempimento del D.Lgs. 81/08 a una vera e propria azione strategica di risk management.
  • Comitato per il Benessere Organizzativo: Istituzione di un gruppo interfunzionale interno all’organizzazionem con mandato e risorse dedicate per guidare e rafforzare la partecipazione e fungere da tavolo di consultazione permanente nelle politiche di tutela.

C. Supporto alle PMI
In tale ambito, l’approccio strategico dovrebbe indirizzarsi verso:

  • Strumenti Istituzionali Semplificati (Tool-Kit): La cabina di regia dovrebbe sviluppare e validare kit metodologici light, al fine di ridurne l'onere e il costo per le PMI.
  • Istituire un sistema di incentivi e/o sgravi fiscali mirato a promuovere l'adozione rapida ed efficace di tali strumenti, in particolare da parte delle PMI.
  • Hub Territoriali Specialistici: Creare Hub Territoriali tramite gli Enti di Prevenzione (ASL/USL/SPRESAL) per fornire indirizzo e supporto sul territorio.

L'obiettivo finale è elevare la gestione dei rischi psicosociali da mero adempimento a processo strategico e sistemico, garantendo una protezione reale, misurabile ed etica della salute di tutti i lavoratori.

Approfondimenti Sui Singoli Temi

Benessere Mentale in Azienda

Il benessere mentale è un fattore strategico di salute aziendale e della produttività. Non si tratta di una questione privata, ma di un rischio psicosociale di pertinenza organizzativa.
L’approccio deve essere integrato per la promozione del benessere psicologico sul posto di lavoro, focalizzandosi su tre aree chiave che possono supportare i lavoratori e creare ambienti di lavoro più sani: prevenzione, intervento e accomodamento ragionevole.

  1. Criticità Attuali del Benessere Mentale in Azienda
  • A. La Barriera dello Stigma (del pregiudizio, stereotipo che porta a comportamenti discriminatori) e dell'Occultamento (Fattore Culturale): La fragilità mentale è vista come un segno di inidoneità professionale. La paura di ritorsioni porta al Presenteismo Silente (presenza fisica al lavoro, ma improduttività dovuta al malessere).
  • B. La Riduzione a Misure Estemporanee (Fattore Organizzativo): La gestione è ridotta alla Trappola delle Wellness Initiative (es. corsi di mindfulness), che gestiscono il sintomo, ma non impattano sull'origine organizzativa, sulla causa radice. Le Wellness Initiative sono utili come Prevenzione Secondaria o Terziaria, ma sono inadeguate se non precedute e accompagnate dalla Prevenzione Primaria (organizzativa).
  • C. Mancanza di Leadership Emotiva: I dirigenti e preposti non sono formati per riconoscere i segnali precoci di burnout né per condurre conversazioni difficili.
  1. Proposte di Intervento Istituzionale per un Benessere Mentale Sostanziale
  • Asse 1: Imposizione della Prevenzione Primaria e Competenze:
    • Organizzazione ergonomica del lavoro, in termini fisici, cognitivi ed organizzativi, con attenzione al carico mentale;
    • Flessibilità lavorativa e work-life balance, che consentano ai lavoratori di adattare i loro orari di lavoro in base alle esigenze personali;
    • Definizione di Standard per gli Audit di Clima (mixed methods).
    • Inclusione della formazione sul benessere mentale tra i processi obbligatori di formazione per i lavoratori;
    • Formazione Obbligatoria sulla Leadership Emotiva per dirigenti e preposti, rendendo la capacità di promuovere il benessere un requisito valutabile (Leadership Accountability). Al di là degli schemi di gioco, se si vuole vincere la partita, in campo servono giocatori preparati!
    • KPI dedicati per il Monitoraggio.
  • Asse 2: Lotta Attiva allo Stigma e Supporto Anonimo:
    • Incentivi per garantire supporto psicologico individuale, in azienda o territoriale.
    • Campagne Nazionali di moral suasion Anti-Stigma e di Inclusione.
    • Tool-Kit per le PMI e Hub Territoriali Specialistici di supporto ed indirizzo.

Diritto alla Disconnessione

Il Diritto alla Disconnessione è un concetto fondamentale per la tutela della salute psicosociale, emerso con forza a seguito della diffusione di strumenti digitali. Non riguarda solo i lavoratori del lavoro agile. È il diritto del lavoratore a non essere contattato, né a svolgere attività lavorativa, al di fuori dell'orario di lavoro.

  1. Criticità Attuali: La Sfida dell'Iperconnessione
  • Blurring tra Vita e Lavoro: L'uso costante di strumenti digitali (smartphone, email, chat) rende labile il confine tra tempo di vita e tempo di lavoro, portando a un'estensione virtuale e non retribuita dell'orario lavorativo.
  • Pressione e Reperibilità Implicita: Spesso esiste un'aspettativa, esplicita o implicita, di reperibilità costante, che genera ansia da prestazione e mancato recupero psicofisico. Questo è un fattore di rischio psicosociale che incide direttamente sull'Stress Lavoro-Correlato.
  • Ritardo Normativo e Culturale: Nonostante sia spesso inserito negli accordi di smart working, manca ancora in Italia una disciplina normativa organica e vincolante che ne definisca chiaramente i limiti e le tutele per tutti i tipi di lavoro digitalizzato, non solo per il lavoro agile.
  1. Proposte di Intervento Istituzionale per la Disconnessione Sostanziale
  • Asse 1: Normativa e Regolamentazione Obbligatoria
    • Introduzione di una Norma Quadro: Rendere obbligatoria a livello aziendale l'adozione di una Policy sul Diritto alla Disconnessione, definendone i tempi, le modalità di esercizio e le eccezioni motivate, applicabile a tutti i lavoratori che utilizzano strumenti digitali.
    • Definizione di Sanzioni: Prevedere meccanismi di monitoraggio e, ove necessario, di sanzione per le aziende che contravvengono alle policy stabilite, in particolare riguardo alle comunicazioni non essenziali fuori orario.
  • Asse 2: Prevenzione e Cultura Organizzativa
    • Formazione Obbligatoria per Leadership: Inserire nei moduli formativi per dirigenti e preposti indicazioni specifiche su come gestire i flussi comunicativi digitali e sul rispetto dei tempi di riposo, misurando il rispetto della disconnessione come un KPI di Leadership Accountability.
    • Integrazione nella VdR: Includere l'Iperconnessione e l'obbligo di reperibilità come specifici fattori di rischio da analizzare nella Valutazione dei Rischi (VdR) psicosociali, attraverso strumenti quali-quantitativi (es. analisi del volume di email inviate/ricevute fuori orario, pulse surveys sull'interferenza lavoro-vita privata).
    • Strumenti Tecnologici: Incoraggiare l'adozione di soluzioni tecniche che limitino l'invio di comunicazioni non urgenti fuori dall'orario (es. delay automatico nell'invio di email, pop-up di avviso).

Il Diritto alla Disconnessione non è solo una misura di conciliazione vita-lavoro, ma un essenziale intervento di Prevenzione Primaria per contrastare l'affaticamento cronico, il burnout e il deterioramento del benessere mentale.
Per una disamina più puntuale sul Diritto alla Disconnessione si rinvia al contributo del Dott. Andrea Cirincione, Consigliere Nazionale Aifos.

Stress Lavoro-Correlato (SLC)

Lo Stress Lavoro-Correlato è il rischio psicosociale formalmente più riconosciuto dalle leggi, ma spesso quello peggio gestito nella pratica.

Criticità: L'Elaborazione Fine a Sé Stessa

  • La Valutazione Minima per Evitare Sanzioni: Il datore di lavoro si limita a effettuare la valutazione, spesso tramite le check-list messe a disposizione dall’INAIL, per dimostrare l'adempimento. E’ chiaro che il risultato del livello di rischio dipende da come si sono compilati gli item della check list. Questa analisi spesso non coglie la radice dello stress.
  • Resistenza al Cambiamento Organizzativo: Intervenire sullo stress significa quasi sempre modificare il modo in cui si lavora.
  • Visione Limitata della Prevenzione: Lo SLC è visto come un rischio individuale ("il lavoratore deve gestire lo stress"), anziché come un rischio organizzativo ("l'azienda deve eliminare le fonti di stress lavoro-correlato").

Soluzioni per una Gestione Sostanziale dello SLC

  • Approccio Qualitativo e Partecipativo Obbligatorio: Integrare la valutazione con una fase qualitativa obbligatoria (mixed methods: interviste strutturate, focus group). Parallelamente, è cruciale assicurare una compilazione dei questionari rappresentativa, vincolando la partecipazione dei lavoratori in base a ruoli, funzioni cardine e livelli gerarchici, garantendo così la copertura di tutti i profili di rischio aziendali, per ottenere un quadro completo e stratificato dell'organizzazione.
  • Misure Correttive Mirate al Contesto: Il piano di miglioramento deve prevedere interventi che agiscano primariamente sulle fonti di stress organizzative (es. ridisegnare le job description, formare i team leader sulla gestione dei conflitti).
  • Ruolo di Garanzia dell'RLS e del Medico Competente: Dare ad entrambe le figure, per quanto di competenza, un ruolo più proattivo nel monitoraggio.
    Il ruolo del MC è una interfaccia neutrale e sanitaria per il lavoratore. Il MC, pur non gestendo l'intervento organizzativo primario, può essere fondamentale nella rilevazione precoce, fungendo da primo punto di ascolto confidenziale e di orientamento sanitario (es. verso l'incentivo per il supporto psicologico).

DURATA DEI CORSI e MODALITÀ FORMATIVE

I precedenti accordi e i dati sugli infortuni da quando questi si applicano, hanno dimostrato che obbligare a standardizzare la durata di un corso in funzione del rischio non ha dato i risultati sperati. Continuare su questa strada andando soprattutto a specificare con ancor maggiore precisione altri aspetti della formazione, sembra davvero la strada sbagliata.
Peraltro, la formazione dei datori di lavoro che ricoprono il ruolo di RSPP ha davvero delle incongruenze eclatanti. Basti pensare che con il nuovo accordo, un datore di lavoro di una attività a rischio basso come un negozio o un bar deve fare 8 ore in più di formazione rispetto a prima, mentre un datore di lavoro di un settore a rischio alto come la metalmeccanica o l’artigianato, deve fare ben 24 ore in meno di formazione rispetto a prima (16 in meno se svolge attività nei cantieri). 
È da segnalare, inoltre, che nell’accordo non si tiene conto nella durata dei corsi in funzione del numero di partecipanti presenti. Ad esempio, fare la formazione pratica di un corso carrello elevatore a 6 addetti comporta sicuramente un tempo maggiore rispetto alla formazione svolta ad 1 addetto, ma solo chi giornalmente è nelle aule e nei campi prova comprende queste criticità. 
Se le piccole aperture verso strumenti formativi differenti (come i break formativi, la formazione esperienziale, l’uso dei simulatori ecc) è sicuramente un aspetto positivo, dispiace vedere come nell’accordo la faccia ancora da padrone una formazione “classica” da aula, che spesso deve essere erogata a persone che non hanno la forma mentis o le caratteristiche per affrontare un percorso formativo così strutturato o che banalmente faticano con la comprensione della lingua. Si dovrebbe pensare a strumenti molto più partecipativi, con una formazione svolta sul campo, più smart e soprattutto si dovrebbe puntare sull’addestramento. Anche questa è una sfida che AiFOS da sempre cerca di affrontare, nella creazione di percorsi formativi che siano sempre più coinvolgenti ed efficaci per diverse tipologie di lavoratore.

ADDESTRAMENTO

Con la legge 215/2021, si mette l’accento sull’importanza dell’addestramento, ci saremmo quindi aspettati, sull’onda di queste modifiche normative, sicuramente ben viste, un approfondimento sul tema addestramento nei nuovi accordi. Il D.Lgs 81/08 lo prevede in modo chiaro, il processo per cambiare davvero i comportamenti dei lavoratori, deve prevedere informazione, formazione e addestramento. A volte ci si dimentica la grandissima importanza dell’addestramento, soprattutto su lavoratori che faticano a seguire la “classica” formazione.

SOGGETTI FORMATORI E REPERTORIO NAZIONALE

Con riferimento ai soggetti formatori individuati dall’Accordo Stato-Regioni e al rinvio ad un Repertorio nazionale che verrà costituito, si sottolinea che – con particolare riferimento ai soggetti formatori relativi alle parti sociali - sarà opportuno procedere all’individuazione di criteri oggettivi e che tengano conto delle esperienze di chi da anni eroga corsi di formazione e di chi rappresenta la categoria dei professionisti e delle aziende di formazione.
Ad esempio, sul tema delle associazioni “comparativamente più rappresentative”, sarà utile sottolineare che la valutazione dei criteri indicati si intende in misura “complessiva”.
Aifos è naturalmente disponibile a mettere a fattor comune la propria esperienza maturata in anni di attività e poter dare un contributo fattivo, in qualità di associazione di categoria e professionale del settore, per l’individuazione di possibili soluzioni e proposte.

CONCORRENZA STATO-REGIONI

Con riferimento alla previsione inserita nell’Accordo Stato-Regioni, sarebbe utile chiarire cosa si intenda per “disposizioni più favorevoli”, per evitare il rischio di derive che vadano oltre le prerogative legislative delle singole regioni, che andrebbero a svantaggio non solo dei soggetti formatori nazionali, ma anche in generale della certezza del diritto.
I primi atti a valenza regionale stanno prevedendo indicazioni sia sulla costituzione dei repertori dei soggetti formatori che sulle attività di monitoraggio e controllo della formazione. Entrambi i punti sono stati rinviati ad atti successivi da deliberare in seno alla Conferenza Stato-Regioni.
Che le singole regioni legiferino in merito prima che ci siano stati una apposita valutazione e bilanciamento di interessi da parte della Conferenza Stato-Regioni ed il coinvolgimento delle parti sociali come previsto dall’Accordo Stato-Regioni stesso rischia di creare disomogeneità e addirittura rischi per la libertà di attività economica (potendosi creare situazioni paradossali in cui un soggetto venga ritenuto soggetto formatore in un territorio regionale e non in altro).
E in generale la salute e la sicurezza sul lavoro non possono essere gestite in modo diseguale da un territorio ad un altro del nostro Paese.
Le norme sulla sicurezza dovrebbero essere norme facilmente applicabili, applicabili uniformemente nel Paese, con l’obiettivo vero di rendere più semplice, sicuro e salubre il lavoro di tutti i lavoratori. Si parla spesso di semplificazione, e spesso ci si chiede cosa voglia dire semplificare. Semplificare non vuol dire togliere tutele, ridurre gli obblighi. Semplificare vuol dire soprattutto fare norme chiare, facilmente ed uniformemente applicabili, che non aumentino la burocrazia ma che si concentrino realmente in modo pratico a raggiungere gli obiettivi prefissati.

PATENTE A CREDITI

Sicuramente all’entrata in vigore del provvedimento molte imprese, soprattutto piccole e diversi autonomi, hanno sfruttato l’occasione per mettersi a norma e frequentare corsi obbligatori e redigere o aggiornare la documentazione della sicurezza. L’”effetto iniziale patente a crediti” ora è sicuramente svanito ed il provvedimento viene utilizzato principalmente da committenti e figure della sicurezza sul lavoro nel campo cantieristico (non con pochi dubbi) e controllato dagli ispettori INL. Si segnala, invece, che gli ispettori delle ASL non sembrano interessati a verificare tale provvedimento, con addirittura alcune regioni (es Regione Lombardia) che hanno comunicato chiaramente ai propri ispettori ATS di non verificare la questione patente a crediti.
Pertanto, per dare maggior forza al provvedimento si dovrebbe rendere più uniforme il controllo da parte di tutti gli enti ispettivi.

 

 

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