/ News / Mondo AiFOS / Le nostre attività
L'intervento del Presidente AiFOS Rocco Vitale a Palazzo Montecitorio
Signor Presidente Fico, Onorevole Sottosegretario Cominardi, Onorevole Amitrano,
Negli ultimi anni la politica è stata assente. Colpevolmente troppo assente, e spesso ci siamo trovati soli sui temi della salute e sicurezza sul lavoro. Per cui il dialogo di oggi parte da qui, parte da una grande assenza da parte della politica che noi - associazioni e professionisti della sicurezza - non possiamo colmare totalmente. Perché ognuno di noi fa una parte, ma se manca la politica il nostro lavoro è sempre più difficile.
Grazie per questa opportunità e sensibilità che, all’interno della grande ed urgente questione del lavoro, non deve dimenticare e trascurare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
AiFOS è un'associazione giovane. La nostra sede è dentro l'Università di Brescia, abbiamo 40 dipendenti, 36 a tempo indeterminato, età media 29 anni, 90 percento ragazze laureate e diplomate. Contiamo circa 2000 soci e 500 aziende che lavorano con i nostri modelli formativi: in 15 anni abbiamo formato circa un milione di lavoratori. Abbiamo costituito una fondazione; in due anni di vita abbiamo erogato nel nostro piccolo 100mila euro di contributi ad enti del terzo settore per progetti formativi e e 100 premi di tesi di laurea sulla sicurezza a giovani laureati. Insomma, cerchiamo di fare la nostra parte.
Cosa è successo la settimana scorsa? La settimana scorsa si è chiusa con un nuovo fardello di morti sul lavoro, un fardello! È una triste storia che si ripete. Parafrasando un famoso filosofo potrei dire: “Quando la storia si ripete la prima volta è una tragedia poi rischia di diventare un'abitudine”. È un po' come per chi abita vicino a una ferrovia e, pian piano, non fa più caso al rumore dei treni. Purtroppo sta diventando un'abitudine, un'abitudine che ha dei riti quando ci sono i morti sul lavoro: alcune ore di sciopero, la richiesta che aumentino le ispezioni, e poi che bisogna fare più formazione.
Lo sciopero si svolge solo però nelle realtà strutturate, perché dei tanti morti tra lavoratori autonomi, artigiani, in piccole aziende...nessuno li ricorda! Lo sciopero è però l'unico ricordo della memoria e l'unico aspetto di solidarietà umana in queste tragedie.
Aumentare le ispezioni? Nessuno può ragionevolmente pensare che mettiamo un ispettore per ogni azienda. Serve piuttosto una strategia per le ispezioni sul lavoro che non significa solamente sanzioni ma anche prevenzione e soprattutto servano da esempio. Oggi, con una fusione tra ispettori del Ministero del Lavoro, Inail e Inps, si è costituito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro: una struttura altamente burocratizzata che non può gestire un’attività che invece dev’essere snella e veloce per essere efficace. Gli ispettori erano circa 5000...ma con la costituzione dell’Ispettorato sono diminuiti i controlli e gli introiti dagli accertamenti per le irregolarità.
Aver unificato le ispezioni Inail e Inps con quelle della sicurezza sul lavoro - a mio parere - si è dimostrata un'operazione un inconcludente. Solo l’Inps ha perso 600 milioni di introiti nel 2017. Non risponde al vero che mancano gli ispettori, è il sistema di vigilanza che è frammentato e disomogeneo. Nel campo della sicurezza sul lavoro permane un dualismo di competenze, mascherato con un coordinamento burocratico, tra l’Ispettorato Nazionale e le Regioni: meglio sarebbe dire le ASL che con gli oltre 150 servizi ispettivi laddove ognuno va per conto proprio.
Le ispezioni, oltre agli aspetti relativi agli introiti derivanti dalle sanzioni, dovrebbero anche assolvere ad altre due funzioni fondamentali: un’azione di prevenzione e la conoscenza della pena. Quasi sempre non si conoscono che fine fanno le indagini, chi sono i colpevoli, chi viene condannato, e via dicendo. Complice una magistratura lenta e farraginosa, tra penale e civile…con buoni avvocati - per chi se li può permettere - spesso tutto finisce nella prescrizione.
Alla formazione dedicherò qualche minuto di più. Tutti sanno che quasi 80 percento degli infortuni sul lavoro hanno natura comportamentale e non sono dovuti a cause tecniche, e i comportamenti li cambi con la formazione. Bisogna dare atto che col decreto legislativo 626/94 prima e con l’81/2008 dopo e coi relativi Accordi tra lo Stato e le Regioni si è fatta molta formazione. Non sempre buona e di qualità, però si segnala un grande passo in avanti. Dire in maniera semplicistica “serve più formazione” non è significa nulla. Bisogna iniziare a dire quale formazione serve fare e come la si deve fare. Anche il tema delle risorse è da affrontare con una analisi realistica dei dati (del resto poco conosciuti) e non con il solito ritornello che servono più stanziamenti. Certo, più soldi ci sono, meglio è. Ma questo non è il periodo dei soldi, questo periodo in cui invece bisogna spendere meglio le risorse che ci sono e in realtà si vengono spese molto male. Oggi la formazione sulla sicurezza viene finanziata nella gran parte dei casi dalle aziende. Non vi sono, quasi più, le risorse del Fondo Sociale Europeo sostituite dai Fondi Interprofessionali. Si tratta di una massa di denaro enorme. Voi pensate che soltanto nel 2016 i Fondi, col prelievo dello 0,30 percento, hanno ricevuto dall’Insp poco meno di 1 miliardo di euro! È una cifra folle. Dai bilanci (non sempre chiari, trasparenti, dissimili per voci e capitoli di spesa, non pubblicati sui siti web) si desume che una quota pari al 25/30% viene utilizzata per le spese di mantenimento delle strutture dei 18 Fondi Nazionali. Un altro 25% viene corrisposto a consulenti intermediari, che sono quelli che fanno le pratiche, fanno i progetti e la rendicontazione. Per cui alla formazione arriva solo il 50%. Si tratta di fondi che non sono destinati solo alla sicurezza ma di finanziamenti per la cosiddetta formazione continua a favore dei lavoratori nelle aziende. Anzi alcuni fondi non prevedono la formazione di base alla sicurezza (ed allora si ricorre a una cosa che io ho chiamato la fantasia formativa: si fanno dei corsi con un altro titolo per poter utilizzare i danari per fare la sicurezza sul lavoro) tanto nessuno controlla e verifica!
Salvo le eccezioni, lodevoli, non esistono controlli di qualità, di efficienza e di efficacia ed a livello amministrativo una burocrazia mostruosa (peggiore di quella dalle Regioni di qualche decennio fa) confonde le carte…ed i conti tornano sempre.
E qui il discorso cade sui soggetti che devono svolgere la formazione: punto debole che gli Accordi Stato Regioni hanno complicato, confuso ed ingarbugliato. La formazione, purtroppo, è ancora basata sugli aspetti formali e non sostanziali. Da qui il proliferare di attestati fasulli, vendita di corsi solo per essere a posto con la legge e con le carte!
I formatori possono svolgere l’attività in base ad un decreto del 2013, con maglie talmente larghe, che tutti la possono fare. Insomma un “todos caballeros”. Ben sei Accordi Stato-Regioni con indicazioni differenti sui soggetti formatori, che in mancanza di controlli, svolgono corsi, emettono attestati e costituiscono una giungla dove regna l’approssimazione e molto il business.
La questione è stata approcciata con il piede sbagliato. Gli Accordi si basano sulla competenza regionale della formazione professionale che, però, nel caso della sicurezza si basano sulla formazione continua che è una cosa differente. Accordi che si fondano sulla formazione professionale regionale che vengono gestiti dagli Assessorati alla Sanità che li demandano alle ASL (con modalità e prassi differenti da regione a regione ed anche all’interno della medesima regione). I parametri fondamentali dell’accreditamento regionale sono l’avere una stanza e i servizi igienici per i disabili. Nessuna verifica sui formatori e sulle capacità di svolgere corsi sulla sicurezza. In contraddizione con quanto affermano gli Accordi che la formazione si svolge anche e soprattutto in azienda.
Una articolazione statica dei corsi in ore e materie stabilite che, seppur utili nei primi anni, dimostrano una distanza reale dal mondo del lavoro ed alle nuove professioni ed al lavoro che cambia. Accordi Stato-Regioni che una volta firmati vengono recepiti, da ogni regione, con aggiunte, modifiche, interpretazioni che, spesso, ne snaturano la portata.
Una situazione ingessata basata su controlli formali che non entrano nel merito dell’apprendimento. Per uscire da questa situazione non servono modifiche al D. Lgs. 81/2008 ma piuttosto unificarne la sua attuazione lasciando più spazio e libertà ai formatori al fine di applicare le buone prassi e le nuove metodologie didattiche. Che senso ha svolgere un corso di 4 ore con 30 allievi quando in aula ci sono 4 lavoratori per i quali bastano 2 o 3 ore? Provvedimenti che non hanno nessun costo possono tradursi in un Accordo unico che in modo serio definiscano chi sono i soggetti formatori ponendo alla base le capacità e le competenze per organizzare la formazione sulla sicurezza.
Vi sono infine aspetti importanti definiti dalla legge quali l’informazione e l’addestramento che vengono lasciati alla buona volontà dei datori di lavoro. Sono aspetti qualificanti che non assurgono alla dignità della formazione: senza registi, senza docenti, senza programmi. Bisogna ritornare ai principi della formazione racchiusi nelle tre fasi: sapere, saper fare, saper essere. Dove il sapere è l’informazione, il saper fare è l’addestramento ed il saper essere è il formatore.
Ripartiamo dall’inizio, con il dialogo come l’incontro di oggi, per scrivere una nuova pagina mettendo tutto assieme affinché l’adempimento legislativo sia sostanziale e non solo formale.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
25123 Brescia, c/o CSMT Università degli Studi di Brescia - Via Branze, 45
Tel 030.6595031 - Fax 030.6595040 | C.F. 97341160154 - P. Iva 03042120984
Privacy - Cookies Policy - Gestione segnalazioni-whistleblowing
Il sito utilizza cookie tecnici, ci preme tuttavia informarti che, dietro tuo esplicito consenso espresso attraverso cliccando sul pulsante "Accetto", potranno essere installati cookie analitici o cookie collegati a plugin di terze parti che potrebbero essere attivi sul sito.