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Il Quaderno della Sicurezza n°4 del 2021 è on-line. L'editoriale di Lorenzo Fantini
Recentemente ho avuto modo di rileggere un celebre aforisma di Steve Jobs. Il geniale inventore e imprenditore, cofondatore di Apple, amava ripetere che “L’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare, non fermatevi, come capita per le faccende di cuore, saprete di averlo trovato non appena ce l’avrete davanti. E, come le grandi storie d’amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni. Quindi continuate a cercare finché non lo trovate. Non accontentatevi”. Mi viene facile accostare tale pensiero all’infaticabile attività che, da sempre, stimola l’AiFOS a realizzare la ricerca annuale per esplorare tutti gli aspetti del mondo della salute e sicurezza sul lavoro e trovare utili indicazioni volte a spronare il pensiero critico e, come riportato nell’articolo di introduzione alla ricerca stessa, “Aprono nuove “visioni” del futuro della formazione e della sicurezza, in cui la digitalizzazione e le nuove tecnologie saranno le indiscusse protagoniste”.
La ricerca di quest’anno è stata orientata ad esplorare il valore e l’importanza della videoconferenza, strumento che in questi due anni di pandemia ha raggiunto una diffusione inimmaginabile e coinvolto, volenti o nolenti, tutti coloro che rivestono ruoli rilevanti in materia di salute e sicurezza in azienda (lavoratori, ovviamente, in primis) e chi li supporta nelle rispettive attività, compresi i consulenti, i soggetti formatori e i docenti.
Come per tutte le ricerche intraprese in questi anni, l’obiettivo dell’Associazione è stato quello di “Far emergere sia i punti di forza che le criticità di tale metodologia formativa, al fine non solamente di “fotografare” la situazione attuale, ma di aprire anche a nuove prospettive nella convinzione che, nonostante alcune criticità da superare, non si tornerà indietro rispetto all’uso della videoconferenza”. Ciò tenendo conto della circostanza che, al riguardo, non esiste ad oggi una regolamentazione normativa della videoconferenza, né si è intervenuti in merito in modo “ufficiale” tramite indicazioni di Governo, Regioni o altri soggetti pubblici competenti, se non per ribadire che, nel periodo emergenziale, è consentita la “formazione a distanza”, come si legge nei D.P.C.M. emanati nell’arco di ormai due anni di pandemia.
Per meglio evidenziare i tanti spunti e contributi proposti in questo Quaderno della Sicurezza è importante, però, fare un passo indietro.
L’emergenza Coronavirus ha cambiato radicalmente la nostra vita quotidiana, evidenziando l’importanza degli strumenti digitali e le modalità di lavoro smart. A testimoniarlo i dati dell’indagine condotta dall’Osservatorio nazionale sulla comunicazione digitale di PA Social e Istituto Piepoli, da cui risulta come la pandemia abbia messo al centro del dibattito e delle scelte politiche le diverse metodologie di lavoro e lo smart working: il 60% degli italiani ha dichiarato di lavorare in modalità smart (di questi il 6% lo fa per più di 8 ore al giorno), utilizzando come strumenti di lavoro il pc (90%), lo smartphone (32%), le videoconferenze con varie piattaforme (24%) e il tablet (12%). Sempre la stessa ricerca ha rivelato come 9 italiani su 10 (88%) ritengano che gli strumenti digitali saranno sempre più centrali, sia nel settore pubblico che nel privato.
Questo evidenzia pertanto la necessità di studiare la videoconferenza quale nuovo strumento di lavoro, in piena coerenza con quanto si legge nella strategia europea 2021-2027, che indica a tutti i Paesi dell’Unione europea la necessità di intercettare i cambiamenti del mercato del lavoro e regolarli in termini di miglioramento della tutela dei lavoratori.
In merito, va innanzitutto compreso il contesto di riferimento, tenendo conto che la videoconferenza può essere definita (riprendendo quanto si legge nel documento presentato dalle Regioni in Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro) come: “Streaming di un evento formativo in modalità sincrona, che prevede la copresenza di discenti e docenti che interagiscono tra loro presso più postazioni remote, tramite piattaforma multimediale di comunicazione”. Si tratta, dunque, di una metodologia di formazione del tutto differente dall’e-learning, che ha già una sua precisa disciplina di riferimento (contenuta ora in larga parte all’Allegato II dell’Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 7 luglio 2016), comprensiva anche di ben precisi limiti rispetto al suo utilizzo, che rimangono assolutamente in vigore.
Sempre a voler citare quanto contenuto nel documento regionale sulla videoconferenza già citato, “La veicolazione mediante supporto multimediale in modalità sincrona (tipicamente mediante PC o tablet collegati in rete) permette l’interazione tra docenti e allievi similmente a quanto avviene nella formazione in presenza”, rendendo nella sostanza la formazione in videoconferenza una formazione in presenza, per quanto “non fisica”. E questa è proprio la ragione del grande successo dell’attività formativa in videoconferenza, la quale non presenta particolari limiti e può, di principio, essere applicata a qualsiasi attività formativa normalmente svolta in aula; ciò sempre avendo riguardo a quanto permesso dalla regolamentazione in materia di formazione e salute e sicurezza sul lavoro vigente al momento in cui si eroga il corso, secondo la semplice regola per cui tutti i percorsi formativi che possono essere svolti in aula possono essere svolti in videoconferenza. Va, tuttavia, riconosciuto che la videoconferenza non consente l’efficace svolgimento di attività pratiche, per cui ne va escluso l’utilizzo per le attività formative che richiedono lo svolgimento dell’addestramento pratico. Dunque, come procedere?
Questi sono, come sempre, gli elementi di partenza della ricerca dell’Associazione per consentire di guardare e approfondire una problematica attuale e presente in ogni settore del mondo del lavoro, al fine di sviluppare riflessioni su un futuro che consenta anche ai docenti di dialogare con i partecipanti in un’aula virtuale attiva e capace di interazione, a dimostrazione di una attività formativa efficace. “L’analisi dei dati che troverete nelle pagine a seguire vuole offrirvi la possibilità di mettere sul piatto della bilancia i pro e i contro fino ad oggi registrati nel nostro settore di attività, presentando importanti risultati che, come potrete leggere, aprono nuove “visioni” del futuro della formazione e della sicurezza, in cui la digitalizzazione e le nuove tecnologie saranno le indiscusse protagoniste”, recita la premessa della ricerca.
Non va poi dimenticato anche un altro aspetto di particolare rilievo: la pandemia, come purtroppo tutti abbiamo potuto constatare, ha avuto un significativo effetto sul lavoro, limitando i contatti tra colleghi e causando un aumento del senso di solitudine e isolamento, soprattutto in chi già ne pativa gli effetti. È uno degli aspetti emersi anche dal World Happiness Report 2021, la ricerca che redige annualmente la classifica dei Paesi più felici al mondo, che si è focalizzata sugli effetti del Covid-19 e della pandemia: ''Nelle ricerche precedenti, si è evidenziato come lavoratori soddisfatti sono il 13% più produttivi" - ha dichiarato Jan-Emmanuel De Neve, direttore del centro di ricerca sul benessere dell'Università di Oxford - La ricerca dimostra che la felicità non dipende dalla busta paga e che i rapporti sociali e il senso di identità sono fattori molto più importanti".
Queste evidenze obbligano a prendere dimestichezza con un domani del lavoro 'ibrido', dove si prospetta un maggiore equilibrio tra prestazione lavorativa in ufficio, o in remoto, in modo da poter mantenere più facilmente le relazioni sociali e assicurare una migliore flessibilità per i lavoratori.
Alla luce di tutto ciò, i contributi proposti indicano come sia importante ed urgente impostare una nuova formazione in videoconferenza capace di rappresentare una grande opportunità nei futuri scenari operativi. Non solamente perché consente di utilizzare le nuove tecnologie e proporre una modalità di corso più facilmente fruibile da diverse postazioni, ma anche perché essa può diventare un importante strumento inclusivo, anche capace di coinvolgere e far crescere anche personale finora più svantaggiato: penso ai disabili o, comunque, a persone impossibilitate, per qualsiasi motivo, a poter seguire un corso di formazione “in presenza”.
Tuttavia, e anche per questo, bisogna avere la volontà di ripensare la formazione, affinché sia diversa da quella sin qui organizzata e non una sorta di fotocopia di un processo evidentemente inadatto ad essere applicato su dinamiche educative differenti e solo in parte analoghe a quelle tradizionali. In altre parole, è proprio l’impianto stesso dei corsi che andrà riprogettato e, con tale aspettativa, è chiaramente impossibile ipotizzare che le stesse procedure elaborate fin qui e, poi, trasposte negli Accordi in Conferenza Stato-Regione vigenti siano capaci di assolvere al compito: perché, non occupandosi della videoconferenza, mostrano la mancanza di volontà di dare la giusta caratura ed efficacia allo strumento, non perfezionandolo per il futuro scenario del mondo del lavoro: un contesto in cui non ‘torniamo a lavorare’ ma verso cui ‘andiamo’, dove siamo chiamati a ridisegnare anche lo strumento della videoconferenza, che non dovrà essere considerata uguale alla formazione tradizionale ma equivalente ad essa, in quanto ripensata ex novo, per affidargli un ruolo specifico e di grande utilità a fini prevenzionistici.
Questo siamo chiamati a fare, per scrivere nuove pagine e trovare un diverso ed efficace modo di operare.
Lorenzo Fantini[1]
[1] Direttore dei Quaderni della sicurezza di AiFOS, avvocato giuslavorista, già dirigente divisioni salute e sicurezza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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