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Il Quaderno della Sicurezza n°3 del 2019 al termine della campagna europea 2018-2019 indetta dalla EU-OSHA. L'editoriale di Lorenzo Fantini
In questo terzo numero dei Quaderni era facile scegliere l’argomento da approfondire. Questo perché siamo arrivati ormai al termine della campagna europea “Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro in presenza di sostanze pericolose”, che ha animato i lavori dell’ultimo biennio dell’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) meritando il giusto rilievo e la necessità di dare riscontro ai percorsi intrapresi e ai risultati ottenuti.
L’obiettivo della Campagna è stato quello di sensibilizzare il pubblico in merito alla presenza delle sostanze pericolose nei luoghi di lavoro e a divulgare informazioni su come sia possibile prevenirne l’esposizione, oltre ad aumentare la consapevolezza dell'importanza di gestire le sostanze pericolose, che per l’Agenzia rappresenta “il primo passo verso la protezione dei lavoratori rispetto ad eventuali danni fisici”.
Potrebbe sembrare un concetto banale, eppure non è così, visto il numero dei decessi causati da queste sostanze e, soprattutto la complessità del panorama generale e le azioni da intraprendere per la salvaguardia delle persone, non solamente dei lavoratori direttamente coinvolti. Non a caso, infatti, nelle tante attività della campagna, un peculiare rilievo è stato attribuito agli agenti cancerogeni e al cancro correlato al lavoro, che in Europa rappresenta la percentuale più elevata di malattia professionale mortale: basti pensare che i dati indicano come il numero di persone che sviluppano il cancro a seguito di esposizione professionale ad agenti cancerogeni è stimato in 120.000 all'anno, causando quasi 80.000 morti all'anno. La situazione non è meno preoccupante in Italia, solo che si consideri come (dati tratti dal Rapporto Annuale INAIL, presentato lo scorso 26 giugno) i decessi per malattie professionali siano stati nel 2018 ben 1177, con una incidenza dei tumori significativa (il 4,91%) e con ben 257 morti per le sole patologie asbesto-correlate.
Per queste ragioni la necessità primaria che ci siamo proposti è stata quella di “mettere ordine” sull’argomento: ciò significa non solamente inquadrarne l’ambito, ma dare rilievo alle diverse criticità e azioni portate avanti e da attuare in futuro.
Dunque, la scelta dei contributi proposti spazia da un’introduzione firmata dall’Agenzia stessa, per poi dare evidenza alle azioni portate avanti in ambito nazionale dall’Inail. A questi, si sono affiancati scritti più specifici che consentono di allargare gli ambiti e dettagliare le diverse problematiche di rischio: penso ai gruppi di lavoratori maggiormente vulnerabili, trattati nell’articolo dell’esperta inglese Chris Keen, come l’importanza di redigere un DVR specifico o dare rilievo aziendale a nuove figure professionali.
In tutti gli articoli, ancora una volta, emerge il fondamentale ruolo che è chiamata a svolgere la formazione, che non potrà mai definirsi tale se non sarà sempre più specifica, in grado di instillare dubbi su certezze cristallizzate e consentire di anticipare rischi non facilmente riscontrabili modificando i comportamenti umani verso le condotte “sicure”.
In ultima analisi, ciò significa preparare formatori aggiornati e capaci di contribuire a “fare prevenzione”, fino a “coinvolgere” i lavoratori nei processi di cambiamento delle organizzazioni e di corretta gestione dei rischi lavorativi.
Lorenzo Fantini[1]
[1] Direttore dei Quaderni della sicurezza di AiFOS, avvocato giuslavorista, già dirigente divisioni salute e sicurezza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
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