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Il Quaderno della Sicurezza n°2 del 2022 è on-line. L'editoriale di Lorenzo Fantini
Sono davvero orgoglioso di poter presentare questo nuovo numero dei “Quaderni della Sicurezza”. Perché è dedicato ad un tema, la sostenibilità che, se anche va al di là della formazione in senso stretto, consente di approfondire argomenti nevralgici per la società e per il nostro modo di vivere, in ottica di salvaguardia del globo e tutela delle future generazioni.
Per raccontarvi la scelta fatta - l’idea di associare la sostenibilità alla sicurezza sul lavoro ritenendolo un binomio inscindibile - e i propositi auspicati, occorre partire della definizione stessa di sostenibilità.
Se il concetto di sviluppo sostenibile presenta una natura complessa, la definizione universalmente riconosciuta risale al 1987 e si trova nel cosiddetto Rapporto Brundtland dal titolo “Our common future”, dove è riportato che la sostenibilità è in grado di “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri” (vedi anche questo link).
Tale descrizione è stata poi arricchita nel tempo: ad esempio, l’enciclopedia Treccani precisa come il concetto di sostenibilità abbia vissuto “una profonda evoluzione che, partendo da una visione centrata preminentemente sugli aspetti ecologici, è approdata verso un significato più globale, che tenesse conto, oltre che della dimensione ambientale, di quella economica e di quella sociale. I tre aspetti sono stati comunque valutati in un rapporto sinergico e sistemico e combinati tra loro in diversa misura, impiegati per giungere a una definizione di progresso e di benessere che superasse in qualche modo le tradizionali misure della ricchezza e della crescita economica basate sul Pil” per garantire alle generazioni future una qualità della vita non inferiore a quella attuale.
Questa “visione integrata” delle tre dimensioni dello sviluppo - ambientale, sociale ed economico (senza dimenticare la responsabilità istituzionale) - si concretizza proprio nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e si finalizza alla redazione dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile (Sustainable development goals, SDGs) redatti dall’Onu: ecco allora che “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri” diventa la definizione di sviluppo sostenibile che si propone di creare un nuovo modello di società, secondo criteri di maggior responsabilità in termini sociali, ambientali ed economici, finalizzati ad evitare il collasso dell’ecosistema terrestre.
E questo l’aspetto che abbiamo voluto “raccontare”, perché proprio in questo disegno ‘tutti’ possono fare la loro parte, non solo dalle aziende ai consumatori finali, ma anche ogni singolo attore della sicurezza.
In questo momento di transizione, non a caso, il valore di un atteggiamento etico è ormai innegabile, tanto che la sostenibilità è considerata come un elemento strategico in grado di innescare nuove dinamiche competitive e di giocare un ruolo cardine nella competizione dei mercati (secondo un rapporto di Nielsen, società leader nelle indagini di mercato, oggi il 52% dei consumatori si dichiara disposto a spendere di più se il brand adotta delle politiche di sostenibilità).
Certamente, nonostante gli intenti siano da tutti auspicati, non sarà facile metterli in pratica. Pensiamo, ad esempio, alla difficoltà di passare dal modello di produzione e di consumo tradizionale - che si fonda sul principio di una ‘Economia Lineare’ (LIE, take-make-dispose) - ad un mondo più consapevole del fatto che le risorse non sono infinite e che è necessario fare sempre più i conti con le problematiche di approvvigionamento. Ciò significa impostare una ’Economia Circolare’ (CIE), capace di ripensare i modelli di produzione e di consumo per ridurre gli sprechi e riutilizzare i materiali all’interno di cicli produttivi infiniti, attraverso modifiche che intercorrono lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti, dalla fase di progettazione fino al recupero a fine vita (riduzione, il riuso, la rigenerazione ed il riciclaggio).
Al di là dei buoni propositi, la strada resta – quindi – non poco tortuosa. Qualche giorno fa mi sono trovato a riflettere sul “dilemma del carrello”, assunto che vorrei usare come metafora per mettere a fuoco le problematiche collegate alle scelte che, anche in ambito di salute e sicurezza sul lavoro, influenzano la responsabilità morale di ognuno degli attori coinvolti. Attraverso questo artificio logico, vorrei evidenziare le insidie e i pericoli a cui fare fronte nel dar vita ad un processo di innovazione “responsabile”, che può portare ad affrontare diverse criticità nella scelta delle (tante e diverse) decisioni da prendere.
Il “dilemma del carrello” è un “esperimento mentale di filosofia etica, formulato nel 1967 da Philippa Ruth Foot che propone un dilemma etico”: c’è un vagone che corre incustodito e senza conducente lungo i binari della ferrovia. Più avanti sulle rotaie, ci sono cinque persone legate e impossibilitate a muoversi e il carrello è diretto verso di loro. Prima dei cinque, però c’è uno scambio ferroviario e voi siete vicini alla leva. Azionando la leva, il carrello devierà su un altro binario in cui si trova una sola persona legata, destinata a morte certa.
Si tratta un problema che offre un’alternativa fra due o più soluzioni, nessuna delle quali si rivela, in pratica, accettabile. Tuttavia, in questo contesto, poco rilevo ha il valutare le implicazioni etiche e filosofiche del dilemma e della scelta fatta; piuttosto, ci serve per evidenziare come l’approccio verso il pensiero di un’innovazione responsabile richieda sempre un punto di vista e una valutazione su scelte di natura morale che nascondono insidie e pericoli. Chi può/deve (e come) prendere la decisione di fermarsi, quando il processo di progettazione non soddisfa il bene della collettività ma solo i criteri economici dell’industria di produzione? Venendo strettamente all’Associazione, quando e come la formazione può essere di supporto per questa decisione?
Di fatto, sulla bontà delle scelte da intraprendere, certezze non ve ne sono: proprio per questo, tra i tanti validissimi contributi selezionati, proponiamo anche un articolo apparso sul sito americano Food Safety News sui possibili rischi per la salute che possono provenire dal passaggio ad una ‘economia circolare’, che invita a porre estrema cautela nelle soluzioni da adottare, non solo per la sicurezza alimentare ma per ogni contesto, formazione compresa.
Ecco allora che, nel domani che intendiamo costruire, sarà fondamentale imparare a integrare l’innovazione proprio con quella sostenibilità che diventa ‘chiave di volta’ per affrontare le sfide per l’impostazione di un nuovo modello di società. Ciò potrà essere possibile solo imparando a mettere in discussione sia i bisogni che le soluzioni, misurando l’impatto diretto delle innovazioni e cercando di valutare i potenziali riflessi indiretti.
In quel momento – e solo allora – si potrà essere in grado di realizzare veramente un’innovazione responsabile, in grado di modificare il tessuto della società attraverso una maggiore attenzione alle responsabilità morali, verso cui ciascun individuo dovrebbe sentirsi impegnato.
Dario Bressanini, chimico e divulgatore scientifico molto in voga ha ripreso, in termini facilmente comprensibili, un concetto che molti studiosi segnalano: “È molto facile scagliarsi contro i cosiddetti simboli ‘energivori’: suv, condizionatori a palla, roba usa e getta e predicare una riduzione dei consumi. Però, ogni nostra attività richiede energia, anche produrre un libro o la musica che si ascolta, fare un corso di yoga, andare al cinema. In generale, il miglioramento delle condizioni di vita (pensate globalmente) richiede energia: vorrei che tutte le famiglie al mondo avessero un frigorifero, ad esempio. Quindi, ritengo poco credibile chi propone una riduzione dei consumi energetici totali, ossia una volta che li misuri tutti correttamente e, infatti, non fanno mai questi calcoli e giocano sulle reazioni di pancia contro i cosiddetti simboli sgradevoli”. Ecco allora che non è solo una questione di frigorifero, perché “il miglioramento progressivo delle condizioni basilari di vita delle persone richiede energia e tale obiettivo non è compatibile con quello di ridurre consumi”.
Sul sito della Ellen MacArthur Foundation, che ha reso popolare il concetto di ‘economia circolare’, capeggia la frase: “Per risolvere grandi problemi come il cambiamento climatico, i rifiuti e l'inquinamento, abbiamo bisogno di una grande idea. È tempo di ripensare a come progettiamo, realizziamo e utilizziamo le cose di cui abbiamo bisogno, dal cibo che mangiamo ai vestiti che indossiamo. Insieme, possiamo creare un futuro migliore per le imprese, la società e il mondo naturale”.
Cerchiamo, dunque, di cambiare approccio e produrre una maggiore energia (pulita, rinnovabile) con un minore impatto e di usarla al meglio. Anche questa è una forma di prevenzione, concetto fondamentale per gli operatori della salute e sicurezza (e che non ho quindi bisogno in alcun modo di illustrare) in questo caso volta a garantire la sopravvivenza del nostro Pianeta, oltre che le condizioni di vita, attuali e future, della nostra specie.
Lorenzo Fantini[1]
[1] Direttore dei Quaderni della sicurezza di AiFOS, avvocato giuslavorista, già dirigente divisioni salute e sicurezza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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