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Il Comitato Sofia, lettura speculare di Aifos, si propone di dare voce all'altra metà dell'Associazione, affrontando temi di inclusione e gestione delle persone come portatrici di diversità e ricchezza in ogni sfaccettatura
Il Comitato Sofia è un progetto nato per promuovere un focus specifico e femminile sulle tematiche di sicurezza nei luoghi di lavoro e sulla cultura del lavoro da una prospettiva femminile.
Svolge le sue attività sotto l’egida della Fondazione Aifos. Nata nel 2016 dalla volontà dei soci Fondatori, Aifos, Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro e Aifos Service Società Cooperativa, la Fondazione è una realtà filantropica attenta ai temi di promozione della cultura della salute, della sicurezza e del benessere negli ambienti di vita e di lavoro.
In particolare, l’attività della Fondazione si concretizza nella predisposizione di bandi, con l’obiettivo di fornire supporto economico alla realizzazione di progetti a scopo culturale, educativo, di ricerca e di prevenzione diretti a giovani e adulti. Tutte le attività, i bandi ed i progetti della nostra Fondazione sono consultabili sul sito ufficiale www.fondazioneaifos.org.
Al fine di conoscere e divulgare obiettivi ed azioni del Comitato Sofia, abbiamo intervistato alcuni dei suoi componenti affinché ci raccontassero più dettagliatamente le attività svolte da Sofia Aifos.
Pubblichiamo su questo Giornale di Settembre 2025 la seconda parte dell'intervista che abbiamo realizzato. La prima parte è sul Giornale dei Formatori di Maggio 2025.
Aifos, Fondazione Aifos e il Comitato Socia, quest’ultimo coordinato dalla Presidente Dott.ssa Favarano, hanno fatto molto in questi anni sul tema delle violenze e molestie sul lavoro. In tale ambito, Aifos è stata anche invitata a partecipare agli Stati Generali Salute e Sicurezza sul lavoro organizzati dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro istituita presso la Camera dei Deputati e, il 30 ottobre 2024, in presenza a Montecitorio, sono state presentate le proposte di intervento su tre tavoli di lavoro, compreso quello sulle violenze e molestie sul lavoro. Nell’occasione sono state evidenziate le criticità nella gestione di tale rischio ma anche fatto proposte concrete, ricevendo apprezzamento.
Non è un caso il coinvolgimento di Aifos sul tema, in quanto l’Associazione ha sviluppato da tempo competenze specifiche. I corsi qualificati Aifos ne sono una dimostrazione, con un’offerta formativa che comprende una proposta metodologica operativa di lavoro che guida passo passo alla realizzazione della valutazione del rischio violenze e molestie sul lavoro. Una prassi che ricalca la pubblicazione scientifica di riferimento a firma mia e di Carlo Bisio.
Anche in questo caso, il network Aifos ha fatto da apripista, portando avanti iniziative non solo per promuovere la consapevolezza sul tema ma per proporre metodologie operative. Ha ricordato, a titolo esemplificativo, il workshop realizzato in occasione della Convention 2023 sulla valutazione dei rischi di genere ai sensi del Testo Unico per la Tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Una iniziativa che ha compreso un laboratorio partecipato per elaborare insieme una possibile valutazione differenziata per genere, costruita partendo da uno scenario di rischio dato, e che ha fatto emergere considerazioni importanti sulle differenze di ripercussioni dei rischi su lavoratori e lavoratrici, con la necessità di procedere con la definizione di tutele specifiche ed interventi di prevenzione e protezione più mirati ed efficaci, in una progettazione ergonomica del lavoro che è questione anche di gestione delle differenze di sesso e genere.
Ancora oggi si tratta di un tema sfidante, che ho affrontato in ambito accademico, sia nel Master Sicurezza e Prevenzione sul lavoro dell’Università di Bologna nonché in un progetto internazionale organizzato dall’Università di Padova, ovvero il primo International Safety Workshop, che si è tenuto il 28 aprile u.s. a Padova.
Il passaggio dal “vecchio” D. Lgs. 626/94 (primo recepimento in Italia della Direttiva 89/391/CEE) al D. Lgs. 81/08 ha segnato anche un importante cambio di paradigma: quello da una concezione “neutra” a quello di una visione del lavoratore che tenga conto delle differenze. E questo, aggiunge, al di là del disposto dell’art. 28 del D. Lgs. 81/08, che espressamente obbliga alla valutazione differenziata rispetto a gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla tipologia contrattuale.
L’indirizzo del legislatore, come quello della consolidata giurisprudenza, prosegue, va oltre ed appare particolarmente chiaro: bisogna raggiungere lo stesso risultato nel livello essenziale di diritto alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro; per fare questo, è necessario considerare le diverse condizioni espositive di partenza, ragionando in termini di equità, guardando non solo a concetti di rischio assoluti ma anche a variabili relative a caratteristiche particolari della reale popolazione di lavoratori. Questo resta un aspetto del disposto legislativo che, seppur rilevante concettualmente, troppo spesso non è visualizzato con l’attenzione che merita, se non proprio dimenticato. La strada potrebbe essere quella di matchare i dati relativi ai rischi della mansione a quelle relative al lavoratore, andando ad individuare cosa può realmente sostenere o non può sostenere ogni singolo soggetto, nonché le eventuali misure soggettive di prevenzione e protezione.
La vice presidente conclude il suo intervento evidenziando che è proprio la variabile uomo, con la propria specificità, che sembra, troppo spesso, essere assente dalla costruzione delle pratiche prevenzionistiche. Nella realtà, infatti, il modellamento prevenzionistico privilegiato è basato sull’immagine stereotipata di un "lavoratore standard", rappresentato generalmente da un maschio di mezza età, di corporatura media, psico-fisicamente normodotato, madrelingua, che rappresenta però solo un piccolissimo percentile della varietà della popolazione lavorativa. Le persone, infatti, presentano una estrema variabilità psico-fisica, sociale e comportamentale, anche intraindividuale in relazione a processi di invecchiamento. Un approccio che oggi appare difficile da superare, viste anche le difficoltà attuative dovute alla carenza di strumenti e metodologie standardizzate e condivise. Ci sono alcune prassi ma parziali, su una categoria e su un rischio, ma mai una metodologia univoca che indirizzi sulla visione olistica, che metta al centro la persona con la sua unicità. Da qui sono partita per una proposta operativa che a breve sarà pubblicata che ovviamente non potrà essere illustrata oggi ma che illustrerò nella ratio, nel modus pensanti più che operandi, che poi è quello che dobbiamo insegnare alle organizzazioni. La VR è il punto di partenza per i ragionamenti prevenzionistici che vanno calzati sartorialmente sui destinatari. Fondamentalmente nella metodologia oriento verso una sorta di Valutazione dei Rischi diversificata, realizzata partendo dalla classica matrice R=PxD, con la quale il rischio è definito con la semplice correlazione tra la probabilità di accadimento dell’evento negativo e la gravità delle lesioni da esso causate, ed aggiungendo un aggravante di rischio dato dalla diversità data (di genere, età, antropometrica, etc.), rappresentata da un fattore correttivo K, da definirsi in base al rischio, ai destinatari, allo scopo.
L'invecchiamento porta a cambiamenti fisiologici che possono aumentare la vulnerabilità a determinati rischi professionali. È fondamentale che la valutazione dei rischi (prevista dal D.Lgs. 81/2008) tenga conto di questi fattori. Tra i principali rischi si annoverano:
Strategie e interventi di "Age Management"
Per affrontare i rischi legati all'età e valorizzare l'esperienza dei lavoratori maturi, è necessario adottare un approccio sistemico e proattivo, noto come "Age Management".
Per intervenire nelle attività che possono lavorare sul “Age Management” è importante inizare con una Valutazione dei rischi specifica per età. Il Datore di Lavoro deve integrare nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) una sezione dedicata ai rischi specifici per i lavoratori anziani, in conformità con quanto già previsto dal D.Lgs. 81/2008. Lo strumento può essere un positivo strumento di analisi, controllo ed eventuale intervento per la gestione delle attività non solo dirette al lavoratore “anziano”, ma anche alla proattiva integrazione con la popolazione lavorativa di generazione più giovane.
Un secondo strumento operativo e molto importante può essere individuato nella Sorveglianza sanitaria mirata. Il Medico Competente deve monitorare in modo più attento la salute dei lavoratori anziani, con controlli più frequenti e specifici per i rischi a cui sono esposti. Strumenti come il Work Ability Index (WAI) possono essere utilizzati per valutare la capacità lavorativa in relazione alle richieste del compito.
Sicuramente l’avanzamento dell’età lavorativa deve prevedere anche un esame attento della struttura , degli arredi e delle attrezzature lavorative prevedendo un adattamento delle postazioni di lavoro. Migliorare l'ergonomia aziendale può essere studiata, ad esempio, con l'uso di ausili per la movimentazione manuale dei carichi o l'implementazione di DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) più confortevoli ed efficaci.
Riorganizzazione del lavoro
Il Sistema di sicurezza può essere integrato e migliorato grazie ad una organizzazione con uno spirito adattivo nei confronti delle differenze presenti tra i propri membri con integrazione delle generazioni anziane ed esperte con quelle più mature e in forza e le generazioni più giovani.
Si può per esempio intervenire sulla Diversificazione delle mansioni assegnando ruoli che richiedono meno sforzo fisico e che sfruttano l'esperienza del lavoratore, come la supervisione o la formazione di colleghi più giovani; o lavorare sulla Flessibilità oraria con una modulazione degli orari di lavoro, riduzione dei turni notturni e promozione del lavoro agile; con la Formazione continua offrire programmi di aggiornamento e formazione per aiutare i lavoratori anziani ad adattarsi ai cambiamenti tecnologici e a sviluppare nuove competenze, combattendo gli stereotipi e i pregiudizi legati all'età.
Non per ultimo la Promozione della salute incentivando stili di vita sani, offrire check-up periodici e programmi di supporto psicologico per gestire lo stress e favorire un invecchiamento attivo e sano.
Infortuni sul lavoro
I dati mostrano un quadro complesso e non sempre intuitivo riguardo agli infortuni sul lavoro e all'età.
Le Cause degli infortuni più comuni di infortuni per i lavoratori anziani sono:
Dati INAIL: Negli ultimi anni, la percentuale di infortuni che coinvolgono i lavoratori over 50 è cresciuta, arrivando a rappresentare oltre il 36% del totale, con una percentuale di infortuni mortali che supera il 50%.
Malattie professionali
Il quadro delle malattie professionali è ancora più strettamente legato all'età, a causa del lungo periodo di latenza che caratterizza molte patologie.
Questi dati sottolineano l'urgenza di adottare misure di prevenzione specifiche e mirate, che tengano conto sia delle diverse tipologie di rischio (infortuni acuti vs. malattie professionali croniche) sia delle specifiche condizioni di salute dei lavoratori anziani.
Orario di apertura
Dal lunedì al venerdì
9.00 - 12.00 | 14.30 - 17.00
Tel. 030 6595031
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
25123 Brescia, c/o CSMT Università degli Studi di Brescia - Via Branze, 45
Tel 030.6595031 - Fax 030.6595040 | C.F. 97341160154 - P. Iva 03042120984
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